Il periodo di transizione nella bovina da latte viene classicamente definito come il periodo che va da 3 settimane prima a 3 settimane dopo il parto. Da diverso tempo è nota la sua importanza, tuttavia, ancora oggi è possibile riscontrare situazioni nelle quali ci si inizia a preoccupare della sorte delle bovine in lattazione solamente all’inizio della stessa. In questi casi ci si dimentica di come gran parte di ciò che avviene nella prima fase di lattazione sia determinato ancor prima che la lattazione cominci.
Il termine transizione indica, di fatto, un passaggio, segnato dall’evento del parto, dalla fase di asciutta a quella di lattazione. È un momento sicuramente cruciale, ma è l’unica transizione alle quali le bovine vanno incontro? Se ci pensiamo bene, già la messa in asciutta è un cambia- mento radicale e una prima “transizione”: le bovine, infatti, cambiano box, alimentazione, gerarchia, smettono di essere munte quotidianamente, le loro necessità metaboliche cambiano drasticamente, ecc. Oltre a questo primo spostamento, anche il passaggio dall’asciutta al pre-parto o close-up può essere considerato una transizione, così come quello fra il post-parto e quello della piena lattazione. Detto ciò appare evidente come, seppur rimanendo nella terminologia comune, il termine “transizione”, volto ad intendere un unico passaggio, possa essere considerato superato, poiché sarebbe più corretto parlare di “molteplici transizioni”. L’invito è, dunque, ad avere una visione più ampia e a focalizzarsi maggiormente sulle fasi “non produttive” della bovina poiché, come vedremo in dettaglio, queste sono fondamentali per la salute, la produzione, la riproduzione e, dunque, la redditività della mandria. Elencando poi questi passaggi nel dettaglio, si potrebbe essere portati a pensare che le problematiche connesse ai diversi cambiamenti di box siano appannaggio solamente di stalle di grandi dimensioni, ove sono spesso presenti gruppi di close-up e di post-parto. Al contrario, anche le stalle più piccole, dove i gruppi sono solamente asciutta e lattazione, devono prestare grande attenzione a queste fasi, poiché strutturalmente vincolate nella possibilità di elaborare strategie dedicate a queste fasi cruciali del ciclo della bovina da latte.
Sfide metaboliche
Cosa rende tanto speciale una bovina durante le fasi di asciutta, pre-parto e post-parto? Dal punto di vista metabolico (Grummer, 1995) e immunitario (Hoeben et al., 2000), il periodo di transizione è sicuramente un momento molto sfidante. Il bilancio energetico e la corretta mobilitazione del calcio sono sicuramente i due aspetti metabolici più rilevanti in questo periodo. Nella prima fase di lattazione, infatti, è richiesto un rapido apporto di energia e calcio per far fronte alla produzione di latte.
In generale, si considera quasi una costante per la bovina da latte che il bilancio energetico sia negativo a partire dal parto, o poco prima, fino a diverse settimane dopo il parto: la richiesta energetica per la produzione di latte è tale da non poter essere compensata dall’energia assunta con la dieta. Da qui emerge l’importanza di massimizzare l’ingestione durante queste fasi. In pre- e post parto, è fondamentale garantire un’adeguata ingestione di sostanza secca e un corretto bilanciamento della razione, secondo le necessità della bovina. Contrariamente a quanto si possa pensare, molto di ciò che ha a che vedere con l’alimentazione della bovina in transizione non dipende solamente dalla composizione della razione, ma esistono tutta una serie di fattori non-nutrizionali che condizionano l’esito della transizione: accesso alla mangiatoia, accesso all’acqua, accesso e comfort della zona di riposo, frequenza di avvicinamento della foraggiata, strategie di mitigazione dello stress da caldo, strategie di spostamento degli animali e loro raggruppamento, ecc. Inoltre, è fondamentale ricordare come all’interno della mandria esista una serie di animali al di fuori dell’ordinario, i quali possono essere a maggior rischio di sviluppare patologie metaboliche: animali con asciutta lunga (superiore ai 70 giorni) o lattazione precedente lunga, animali con 3 o più lattazioni, primipare con un’età al primo parto maggiore di 27 mesi, animali altamente produttivi, animali grassi (BCS superiore a 3,75 alla messa in asciutta), animali con gravidanza gemellare ed animali con una storia di patologie metaboliche. Questa tipologia di soggetti più problematici di altri, presente in diversa quantità in tutte le aziende, difficilmente potrà rientrare in una gestione pensata per la bovina media, dalla quale differisce ampiamente. Pertanto, queste bovine dovranno essere oggetto di maggiori attenzioni da parte dell’allevatore, onde evitare un esordio di lattazione caratterizzato da problematiche quali chetosi, dislocazione dell’abomaso, mastite, riforma precoce, problematiche riproduttive, zoppie, ecc.
Dal punto di vista della mobilitazione del calcio esistono sempre maggiori evidenze del fatto che l’ipocalcemia subclinica sia molto più diffusa di quanto si pensi (25-54% delle bovine: Reinhardt et al., 2011) e di come il calcio svolga un ruolo fondamentale in molti processi biologici quali la contrattilità muscolare e il funzionamento del sistema immunitario. Dagli studi più recenti sembra, inoltre, che il problema più rilevante sia non tanto la caduta dei livelli di calcio in prima o seconda giornata post-parto, ma la velocità di recupero dei normali livelli di calcio nel sangue (McArt et al., 2020). Diverse strategie nutrizionali e gestionali permettono di ridurre al minimo il rischio di ipocalcemia subclinica.
Immunosoppressione
Infine, già a partire da 3-4 settimane prima del parto, il sistema immunitario inizia a non funzionare come dovrebbe, avendo massima evidenza nella prima settimana dopo il parto. Diversi autori dibattono sul concetto di “immunosoppressione” o di “disregolazione” del sistema immunitario, tuttavia, ciò che risulta chiaro è che il sistema immunitario non è efficace come in altri periodi nel rilevare e distruggere i microorganismi che aggrediscono la bovina e spegnersi quando necessario. Questa alterazione è fortemente correlata con una maggiore incidenza di mastiti, metriti e ritenzioni di placenta. Al fine di migliorare la risposta immunitaria nel periparto è fondamentale limitare lo stress e la quantità di microrganismi che attaccano la bovina, ovvero prestare particolare attenzione a igiene, comfort e gestione degli spostamenti degli animali nelle fasi di asciutta, pre-parto e post-parto. Non di minore importanza è il corretto apporto energetico, vitaminico e minerale della dieta per un ottimale funzionamento del sistema immunitario.
Da quanto finora elencato possiamo vedere come non sia possibile scindere le problematiche metaboliche da quelle immunitarie, poiché sono fortemente interconnesse fra loro; basti pensare a quante bovine sviluppano metrite puerperale e chetosi contemporaneamente. Stabilire quale delle due sia la causa dell’altra è paragonabile a rispondere alla domanda “è venuto prima l’uovo o la gallina?”. Fortunatamente, se ben congeniati, molti degli interventi nutrizionali, gestionali e farmacologici di questa fase possono avere un impatto positivo sia sul metabolismo, che sul buon funzionamento del sistema immunitario nel periparto.
Piano di monitoraggio
Una gestione virtuosa di asciutta, pre-parto e post-parto è assolutamente la chiave per una lattazione di successo. Partendo dall’aspetto sanitario possiamo identificare come il 75% delle patologie che una bovina da latte può sviluppare si verifichi nel primo mese di lattazione, e come l’origine di queste patologie sia da attribuire a problematiche della transizione. Spesso, a causa dello scarso monitoraggio o di una cattiva registrazione delle patologie del post-parto, siamo portati a sottostimare la reale incidenza di queste problematiche.
Tuttavia, in alcuni studi pubblicati frutto di una meticolosa osservazione e registrazione, è emerso come il 30-50% delle bovine dopo il parto vada incontro a patologie di natura infettiva, metabolica o entrambe (Leblanc, 2010). Risulta, dunque, evidente quanto possa essere fondamentale implementare un piano di monitoraggio delle principali patologie del periparto allo scopo, da un lato, di minimizzare le perdite con un trattamento precoce e, dall’altro, di modificare la gestione, la nutrizione e la prevenzione farmacologica allo scopo di migliorare il processo produttivo. È noto, ormai, quanto queste patologie possano avere un impatto negativo su produzione, fertilità e rischio di elimi- nazione precoce, tanto che molti esperti ritengono l’unica chiave per minimizzare davvero le perdite, spesso invisibili, sia la prevenzione, ovvero evitare che queste patologie si manifestino. In un’ottica di razionalizzazione dell’utilizzo degli antimicrobici, poi, il periodo di transizione è sicuramente un momento cruciale.
Dal punto produttivo sappiamo che la gestione della transizione ha una forte influenza sul picco di lattazione e che ogni litro in più al picco possa comportare una produzione aumentata di 200-230 litri su tutta la lattazione (Nordlund e Cook, 2004). Inoltre, le perdite produttive accumulate nella prima parte di lattazione saranno difficilmente compensabili durante il prosieguo della lattazione.
Sotto l’aspetto riproduttivo, è ormai assodato che quanto osserviamo a 50- 70-100 giorni dopo il parto sia riconducibile a quanto avvenuto molto tempo prima. Di fronte a problematiche di scarsa fertilità, è talvolta, complicato per l’allevatore risalire a quanto successo molto tempo prima. Tuttavia, il materiale sul quale andiamo a lavorare per generare una nuova gestazione (follicoli ovarici ed ambiente uterino) subisce un forte influenza di ciò che avviene in transizione, con conseguenze sul ritorno alla ciclicità ovarica, sul concepimento e sul mantenimento della gravidanza stessa (vedi anche tabella 1). Se vogliamo veramente gestire la riproduzione è necessario iniziare a lavorare su di essa ancora prima del parto. Infine, non dobbiamo dimenticare che molte delle patologie elencate in tabella hanno pesanti ripercussioni sulla precoce perdita di valore delle bovine e sulla loro conseguente riforma.
Valutare e misurare
Per determinare il successo o l’insuccesso di qualsiasi processo produttivo è necessario stabilire dei parametri oggettivi di valutazione che possono variare a seconda del sottogruppo di animali in esame. Riguardo ai parametri prescelti dovrebbe innescarsi a livello aziendale un circolo virtuoso con una continua valutazione dei progressi fatti, fissando eventualmente obiettivi più ambiziosi una volta che questi siano stati raggiunti, o rivedendo il processo in caso di insuccesso. Spesso si cade nell’errore di fare benchmarking, ovvero di comparare una stalla con l’altra. Tuttavia, sapere che altri hanno performance migliori o peggiori delle proprie non aiuta a migliorare se stessi, anche perché le condizioni che hanno generato quei risultati possono essere profondamente diverse. Dunque è compito dell’allevatore e dei professionisti che lo affiancano fissare per ogni azienda pochi obiettivi raggiungibili in un ciclo di miglioramento continuo. In zootecnia, la mancanza di oggettività e l’utilizzo della percezione rappresentano spesso un problema; fortunatamente nell’allevamento della bovina da latte, grazie all’identificazione individuale degli animali e all’avvento della tecnologia, esiste una grande moltitudine di parametri a disposizione per valutare l’esito della transizione.
Partendo dalla produzione di latte, possono essere utilizzati come indicatori principali la produzione di latte alla quarta e all’ottava settimana di lattazione (media settimanale). Questi parametri permettono di valutare tutte le bovine nel medesimo punto della lattazione. La prima misura (grafico 1) può essere un indicatore precoce di problematiche connesse con la transizione, mentre il secondo parametro di come le bovine (soprattutto le pluripare) si avvicinano al picco di lattazione. Nel caso delle primipare un indicatore più fedele del picco di lattazione può essere il latte alla dodicesima settimana. Ciò che ci interessa non è tanto la media, ma la percentuale o il numero di soggetti che ha un valore al di sotto delle aspettative, indice di qualche problematica. Nel caso dei parametri riguardanti la produzione, è necessario utilizzare con molta cautela parametri che sono misurati a giorni di lattazione diversi fra loro: produzione di latte al primo controllo funzionale o al picco di lattazione. Più ci allontaniamo dal parto, più i valori del latte saranno rappresentativi della produzione a 305 giorni; tuttavia questi non saranno indicatori precoci e quindi saranno meno utili per un possibile intervento correttivo rapido. Sicuramente l’incidenza delle patologie è un elemento fondamentale per valutare l’andamento della transizione.
Per quanto riguarda la riproduzione, pur tenendo presente che la sua valutazione dovrà avvenire con un forte ritardo dal parto (90-120 giorni), possiamo focalizzare la nostra attenzione sul tasso di concepimento al primo ciclo di fecondazione, al termine del periodo di attesa volontario, e la percentuale di bovine gravide nei primi 150 giorni. In una valutazione completa la percentuale di bovine eliminate nei primi 30 e 60 giorni di lattazione è un dato sicuramente interessante, ma fortemente influenzato dalla propensione dell’allevatore a tenere in mandria le bovine improduttive e dall’abbondanza di manze da rimonta.
In conclusione, se si vuole ottenere una mandria sana, produttiva e, dunque redditizia, è necessario focalizzare molti dei propri sforzi sulla gestione di asciutta, pre-parto e post-parto, implementando un processo produttivo dinamico basato sul monitoraggio e sul continuo miglioramento.
Marcello Guadagnini
Medico Veterinario, Elanco Italia
Tratto da Allevatori Top 7/2020