Skip to content Skip to footer

Nutrienti e tecnologia: una sinergia utile nell’alimentazione di precisione della vacca da latte

L’allevamento da latte moderno impone requisiti elevati in termini di produttività, salute animale e sostenibilità economica. In questo contesto, l’alimentazione non è più solo un meccanismo di “apporto energetico”, ma una vera leva di gestione metabolica e riproduttiva. Una leva che trova la sua massima espressione nel periodo di transizione: le tre settimane che precedono e seguono il parto. È in questa finestra fisiologica che si concentra il massimo rischio di dismetabolie, patologie e inefficienze produttive.

La bovina entra in lattazione con fabbisogni energetici in rapida crescita e ingestione ridotta: una combinazione che conduce al bilancio energetico negativo (NEB). Questo squilibrio attiva una complessa risposta adattativa che coinvolge mobilizzazione dei grassi, risposta infiammatoria, variazioni ormonali e forte pressione sul fegato, organo centrale per la ripresa funzionale. In questo quadro, nutrienti funzionali specifici – come colina, metionina e lisina – e tecnologie nutrizionali avanzate possono ridurre in modo significativo il carico metabolico, favorire l’omeostasi e migliorare l’efficienza produttiva e riproduttiva della bovina.

Il metabolismo epatico e il rischio di lipidosi

Durante le prime settimane post-parto, la mobilizzazione dei grassi corporei è un fenomeno fisiologico inevitabile: la bovina, incapace di soddisfare con l’alimentazione le richieste metaboliche della lattazione incipiente, utilizza le riserve adipose. I NEFA (acidi grassi non esterificati) liberati nel torrente ematico giungono al fegato, dove possono seguire due vie principali: essere ossidati nei mitocondri per produrre energia, oppure essere convertiti in trigliceridi.

Il problema nasce quando il carico di NEFA eccede la capacità di ossidazione epatica. I trigliceridi accumulati devono essere esportati sotto forma di lipoproteine a bassissima densità (VLDL), ma il fegato bovino – a differenza di altre specie come il suino o l’uomo – ha una capacità limitata di sintesi e secrezione di VLDL. Questo deficit fisiologico favorisce l’accumulo intracellulare di lipidi, dando origine alla lipidosi epatica, una condizione patologica che compromette la funzionalità epatica, peggiora l’efficienza metabolica e aumenta l’incidenza di patologie secondarie (chetosi, immunosoppressione, infezioni uterine, ridotta fertilità).

Il celebre studio di Bertics et al. (1992) ha evidenziato che una maggiore concentrazione di trigliceridi epatici si associa a una minore produzione, a peggiori parametri immunitari e a un rallentamento della ripresa ciclica post-parto. Per questo motivo, qualsiasi strategia nutrizionale che migliori l’ossidazione lipidica e l’esportazione dei trigliceridi può incidere positivamente sull’intera fisiologia della transizione.

Colina e metionina: due leve metaboliche per la funzionalità epatica

Tra i nutrienti chiave nella prevenzione della lipidosi epatica, colina e metionina svolgono un ruolo sinergico e complementare. La colina è precursore diretto della fosfatidilcolina, molecola essenziale per la formazione delle VLDL: senza fosfolipidi di membrana adeguati, i trigliceridi non possono essere confezionati in lipoproteine ed esportati dal fegato. La metionina, dal canto suo, è fondamentale per la produzione di S-adenosilmetionina (SAMe), il principale donatore di gruppi metilici che consente la metilazione della colina e di numerosi altri substrati cellulari.

La colina naturale contenuta nei mangimi viene però quasi completamente degradata nel rumine. Per renderla efficace, è indispensabile ricorrere alla colina rumino-protetta, formulata per superare la fermentazione ruminale e garantire l’assorbimento intestinale. Studi recenti come quelli di Chandler & White (2017) e Coleman et al. (2019) hanno dimostrato che l’integrazione con colina rumino-protetta riduce significativamente l’accumulo lipidico nel fegato, migliora la risposta antiossidante e immunitaria e incrementa la produzione.

Una metanalisi condotta su 21 studi internazionali ha evidenziato:

  • +1,6 kg/giorno di latte;
  • +1,7 kg/giorno di ECM;
  • incremento del contenuto di grasso e proteina del latte;
  • miglioramento dell’efficienza alimentare (ECM/DMI +0,12).

Questi dati confermano che l’effetto della colina non si limita al fegato, ma si estende a tutto l’assetto produttivo e metabolico della bovina.

Benefici misurati: lo studio di Lima et al. (2024)

Un’importante validazione clinica di questi risultati proviene da uno studio pubblicato da Lima et al. (2024), in cui la somministrazione di colina rumino-protetta seguiva un protocollo articolato su un apporto di un min 9 g/die nel fino a 12 g/die di ione colina nel pre/post-parto, fino al 21° giorno. I risultati hanno mostrato effetti estesi e misurabili:

  • +3 kg/giorno di ECM nei primi 150 giorni di lattazione;
  • significativa riduzione della chetosi subclinica, valutata tramite BHBA;
  • aumento della risposta infiammatoria (aptoglobina più elevata);
  • riduzione delle infezioni uterine, con minore incidenza di metrite;
  • miglioramento della fertilità, con più concepimenti alla prima inseminazione.

Tali benefici non si esaurivano nel breve termine: l’effetto sulla fisiologia della lattazione proseguiva anche dopo la fine della supplementazione. In un sistema produttivo in cui l’intervallo parto-concepimento ha un peso economico diretto, questa strategia nutrizionale mostra un ritorno concreto e misurabile.

Oggi sono state pubblicate nuove evidenze scientifche che attestano un ritorno di investimento più che sostenibile con una somministrazione prolungata fino a 100 giorni dopo il parto ( F. S. Lima et al. ASDA 2025).

Lisina e metionina: aminoacidi chiave per la transizione

La metionina, oltre a partecipare alla metilazione e alla sintesi proteica, è anche precursore della carnitina, la molecola che consente il trasporto dei NEFA all’interno dei mitocondri. Una sua carenza limita la capacità ossidativa epatica, favorendo l’accumulo lipidico. Secondo Zhou (2016), i livelli plasmatici di metionina restano depressi fino al 28° giorno post-parto, proprio quando servono per sostenere la ripresa metabolica.

La lisina, altro aminoacido limitante, agisce in sinergia con la metionina. Il rapporto ottimale tra i due – 3,16 g/Mcal di lisina e 1,17 g/Mcal di metionina – è oggi utilizzato nei software più evoluti di formulazione nutrizionale (NDS, AMTS). La somministrazione in forma rumino-protetta consente di aggirare la degradazione ruminale e garantire l’assorbimento intestinale anche in presenza di ingestione ridotta.

Oltre agli effetti sul metabolismo epatico, la somministrazione combinata di lisina e metionina favorisce:

  • migliore contenuto di grasso e proteina del latte;
  • ripresa più rapida della funzionalità ovarica;
  • sostegno alla competenza immunitaria post-parto;
  • incremento dell’efficienza alimentare complessiva.

Pre-parto e vitello: la nutrizione che inizia prima

La metionina ha anche un impatto importante nella fase pre-parto. Favorisce la gluconeogenesi, riduce il rischio di ipocalcemia e migliora il metabolismo energetico. Inoltre, ha effetti epigenetici documentati: la maggiore disponibilità di gruppi metilici influisce sullo sviluppo fetale e sull’immunocompetenza del vitello, migliorando la qualità del colostro e la prontezza all’assunzione.

Questi effetti indiretti hanno conseguenze misurabili: vitelli più vitali, minore incidenza di infezioni neonatali, migliore efficienza di crescita. In definitiva, una vacca meglio alimentata produce non solo più latte, ma anche vitelli più forti, capaci di esprimere al meglio il proprio potenziale genetico.

Conclusioni

L’alimentazione di precisione nella vacca da latte è entrata in una nuova fase: non basta più bilanciare energia, proteina e fibra. Occorre agire con precisione biochimica, nei punti critici del metabolismo. La supplementazione mirata di colina, metionina e lisina rumino-protette offre uno strumento concreto per prevenire disordini metabolici, sostenere la funzionalità epatica, rafforzare l’immunità e migliorare la fertilità.

Questa strategia non è una sofisticazione teorica: è un approccio preventivo, data-driven, validato da evidenze scientifiche e risultati di campo. In un momento storico in cui si chiede agli allevatori di produrre di più, con meno farmaci, meno risorse e maggiore sostenibilità, questa è una via percorribile, concreta e già disponibile.

Stefano MattuzziKemin Italia