Continuiamo a parlare di pascolo di esercizio, aggiungendo nuovi contenuti a quanto trattato nell’articolo precedente.
Il pascolo d’esercizio può avere effetti positivi sulla salute e sul comportamento delle vacche da latte durante tutte le fasi produttive, inclusa la lattazione. Tuttavia, il periodo di asciutta è certamente il più adatto perché consente di ottenere numerosi benefici (che si estendono anche sulla lattazione successiva) a fronte di costi molto contenuti, sia in termini di investimento iniziale che di gestione.
Indipendentemente dalla categoria di animali, i benefici del pascolo d’esercizio) aumentano con l’aumentare del tempo trascorso dalle bovine all’esterno. Secondo alcune ricerche sarebbero necessarie almeno 9 ore al giorno di permanenza al pascolo per ottenere effetti significativi sul benessere delle bovine.
Siccome il pascolo d’esercizio è abbinato alla stabulazione in stalla, il tempo trascorso dalle bovine all’esterno può essere variabile in funzione di numerosi fattori che includono sia le preferenze dell’allevatore che quelle degli animali stessi.
Dove possibile, consentire agli animali di accedere liberamente sia alla stalla che al pascolo (sia di giorno che di notte) è la pratica consigliata mentre forzare gli animali all’interno o all’esterno (nell’intera giornata o in periodi specifici) può causare alcune problematiche.
Nei sistemi con accesso libero, la frequentazione volontaria del pascolo da parte delle bovine risponde a dinamiche particolarmente complesse e non ancora del tutto conosciute.
Oltre alla disponibilità di alimenti al pascolo e in stalla, sembra che le condizioni meteorologiche (in particolare temperatura e irraggiamento solare) siano le variabili più importanti nel determinare il tempo trascorso all’esterno.
Nelle stagioni fresche, o fino ad una temperatura dell’aria di 20-24°C, le vacche tendono a preferire il pascolo durante il giorno. In estate, invece, la frequentazione del pascolo avviene quasi esclusivamente durante la notte e, rispetto ai sistemi con stabulazione solo in stalla, può contribuire a ridurre gli effetti negativi dello stress da caldo.
In genere, se le vacche sono alimentate in stalla, il pascolo viene utilizzato principalmente per riposare (migliorando sensibilmente l’igiene ed il comfort) ma, in funzione della disponibilità di erba, ci possono essere dei periodi in cui gli animali sono particolarmente attivi nel pascolamento (tipicamente all’alba e al tramonto).
La pioggia, specie se di modesta intensità, non sembra influire sulla frequentazione del pascolo ma può rappresentare un problema per il cotico erboso. In periodi molto piovosi, o dopo rovesci consistenti, è utile mantenere gli animali in stalla, anche per alcuni giorni, per evi- tare danni (vedi foto) alla superficie del pascolo.
Questo aspetto è particolarmente rilevante sui terreni argillosi e poco drenati. Inoltre, per preservare l’inerbimento del pascolo, è necessario sospendere il pascolamento durante tutto il periodo invernale.
Nel contesto climatico del nord Italia, comunque, risulta possibile utilizzare il pascolo d’esercizio per 210- 240 giorni all’anno. Dal punto di vista del benessere animale, per ottenere risultati apprezzabili, gli animali devono poter accedere al pascolo per un minimo di 180 giorni all’anno.
Nella letteratura scientifica sono numerosi gli studi che mettono in risalto gli effetti positivi del pascolo sulla salute degli animali. Tra i più comunemente citati si trovano la riduzione del rischio mastite e della frequenza di zoppie che, come noto, rappresentano le più importanti patologie per la vacca da latte.
Il pascolo consente inoltre alle bovine di manifestare comportamenti tipici della specie (tra i quali l’atto di stesso di pascolare) migliorando quindi il livello di benessere animale.
Oltre agli effetti prettamente zootecnici, inserire il pascolo nei sistemi di allevamento della vacca da latte può migliorare sensibilmente la percezione dei consumatori e contribuire ad incrementare la sostenibilità sociale (ed economica) dell’intera filiera.
Infatti, insieme alla separazione precoce del vitello, la mancanza di accesso al pascolo per le vacche da latte è uno degli aspetti tipici dei sistemi di allevamento intensivi più criticati dai consumatori.
L’uso del pascolo, tuttavia, può presentare alcune criticità legate soprattutto al ridotto controllo degli apporti nutrizionali e all’esposizione degli animali a condizioni meteorologiche avverse.
Per questi motivi, ma anche per la ridotta disponibilità di superfici, gli allevatori sono generalmente riluttanti ad introdurre la pratica del pascolamento per le vacche da latte.
In questo contesto, garantire agli animali l’accesso ad un pascolo d’esercizio si può considerare un compromesso accettabile. Soprattutto se si considerano le sole vacche in asciutta, l’investimento inziale (così come le superfici necessarie) è molto modesto.
Per fare un esempio, un allevamento con 100 vacche in lattazione che intenda realizzare un pascolo d’esercizio per i capi in asciutta dovrebbe convertire a pascolo un’area di 4000-5000 mq (200-250 mq/capo per i 18-20 capi mediamente presenti in asciutta).
Nella maggior parte dei casi, la realizzazione in un pascolo d’esercizio (per vacche in asciutta) si rivela un investimento sostenibile perché a fronte di una spesa molto ridotta si possono ottenere vantaggi sensibili, anche in termini produttivi.
Un recente studio svolto in Italia ha evidenziato che, rispetto ad un sistema con stabulazione continua in stalla (sistema convenzionale), consentire alle vacche di accedere liberamente ad un pascolo d’esercizio durante il periodo di asciutta può risultare in un aumento di produzione di addirittura circa 700 kg di latte nella lattazione successiva (Leso et al., 2021, figura 1).
Lorenzo Leso
(Università di Firenze, Dipartimento di Scienze e tecnologie agrarie, alimentari ambientali e forestali)