In Italia la pratica del pascolo negli allevamenti di vacche da latte è stata in gran parte abbandonata. Negli ultimi anni, però, scienziati e consumatori hanno espresso una crescente preoccupazione per il fatto che la mancanza di accesso al pascolo possa avere un impatto negativo sul benessere animale ed ostacoli il comportamento naturale delle bovine.
D’altro canto, gli allevatori sono generalmente riluttanti ad introdurre il pascolo perché lo ritengono una pratica limitante per la produttività del terreno e degli animali.
Questo studio ha avuto l’obiettivo di valutare, nel contesto della Pianura Padana, gli effetti della pratica di far accedere al pascolo le vacche da latte durante il periodo di asciutta.
L’attività di ricerca è stata svolta dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari Ambientali e Forestali dell’Università di Firenze nell’ambito del progetto “Smart Dairy Farming” (Prin Bando 2017) e ha visto la collaborazione del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano.
Materiali e metodi
Le prove sono state svolte da maggio a dicembre 2020 in un allevamento del mantovano (nella foto, gli animali). Il gruppo di vacche in asciutta è stato diviso in modo randomizzato in due sottogruppi sperimentali: uno di controllo, in cui le vacche sono rimaste sempre all’interno della stalla, ed uno di trattamento, in cui le vacche erano stabulate all’interno della stessa stalla, ma con la possibilità di accedere liberamente al pascolo. Durante l’esperimento entrambi i gruppi hanno ricevuto la stessa alimentazione (a base di fieno polifita) distribuita ad libitum all’interno della stalla.
Dopo il parto, le vacche di entrambi i gruppi sono state gestite “normalmente” in un’unica stalla destinata alla lattazione, dove hanno ricevuto la stessa razione, senza possibilità di accedere al pascolo. In buona sostanza, l’unica differenza tra il gruppo di controllo e quello di trattamento è stata la possibilità di accedere o meno al pascolo durante il periodo di asciutta.
Il pascolo a disposizione del gruppo di trattamento aveva una superficie totale di 7.000 mq ed è stato suddiviso in due paddock che sono stati allocati alternativamente per garantire al cotico un adeguato periodo di riposo dopo il pascolamento. Durante il periodo sperimentale, il carico medio animale per l’area a pascolo è stato di 360 m2/capo. La superficie destinata a pascolo è stata lavorata e seminata con una miscela di trifoglio bianco, loglio perenne, loglio italico e festuca arundinacea nel settembre del 2019. Il pascolo si trovava a circa 10 m di distanza dalla stalla in cui erano stabulate le vacche di entrambi i gruppi sperimentali.
Nel corso dell’esperimento, le vacche del gruppo di trattamento hanno avuto la possibilità di accedere liberamente al pascolo continuativamente (sia giorno che notte), con esclusione dei giorni in cui il prato è stato irrigato (a scorrimento).
In totale, l’esperimento ha coinvolto 78 vacche di razza Holstein di cui 20 primipare. Tutti gli animali sono stati monitorati per un periodo compreso tra la messa in asciutta ed i 100 giorni in lattazione. Mensilmente, le vacche coinvolte sono state esaminate da un operatore esperto per valutare i normali parametri clinici legati al benessere animale, tra cui locomozione, livello di pulizia, lesioni cutanee, riempimento ruminale e Bcs. Durante le prove tutti gli animali erano dotati di un collare per il monitoraggio del tempo di alimentazione e del tempo di ruminazione.
Nella fase di lattazione (0-100 DIM), la produzione di latte di ogni capo è stata misurata tramite lattometri installati in sala di mungitura.
Durante i controlli funzionali mensili Aia, è stato prelevato ed analizzato un campione di latte per animale. I dati raccolti sono stati analizzati con un modello lineare misto per misure ripetute, utilizzando il software R.
Risultati e discussione
I risultati delle valutazioni cliniche han- no evidenziato che, durante l’asciutta, le vacche che hanno avuto accesso libero al pascolo erano significativamente più pulite di quelle mantenute in stalla in tutte le aree del corpo esaminate (arti posteriore, quarto posteriore e mammella). Come atteso, l’accesso libero al pasco- lo ha inoltre avuto un effetto positivo sull’incidenza di zoppie che sono risultate significativamente inferiori rispetto al gruppo di controllo, durante tutto il periodo sperimentale.
Le valutazioni cliniche hanno però evidenziato, seppure solo nei mesi di settembre ed ottobre, un livello di riempimento ruminale ed un Bcs inferiori nel gruppo con accesso al pascolo. Probabilmente, questo può essere connesso alla variazione delle caratteristiche nutrizionali dell’erba pascolata. Nei primi mesi autunnali, il pascolo era composto principalmente di trifoglio bianco mentre negli altri periodi si è osservata una vasta dominanza di graminacee (ed un contenuto di fibra superiore).
Per quanto riguarda i dati comportamentali, il gruppo di animali con accesso al pascolo ha trascorso più tempo ad alimentarsi rispetto al gruppo di controllo. Questo risultato trova conferma in letteratura dove è ampiamente documentato che le vacche al pascolo dedicano un tempo maggiore all’alimentazione rispetto a quelle stabulate in continuo. È però di particolare interesse notare che la differenza osservata nel tempo di alimentazione tra i due gruppi durante l’asciutta si è mantenuta anche durante la fase di lattazione, quando tutti gli animali coinvolti erano stabulati insieme senza accesso al pascolo. Non sono invece state rilevate differenze significative nel tempo di ruminazione tra i due gruppi.
La produzione di latte
Il risultato probabilmente più interessante ed inatteso di questo studio riguarda la produzione di latte. Come per il tempo di alimentazione, una gestione differente durante la fase di asciutta ha prodotto effetti sulla successiva lattazione. In questo caso, le vacche che hanno avuto accesso libero al pascolo in asciutta hanno prodotto una quantità di latte significativamente maggiore rispetto al gruppo di animali del gruppo di controllo.
Dall’analisi dell’interazione tra trattamento in asciutta ed epoca di lattazione, si può inoltre notare che i due gruppi han- no avuto una produzione simile durante la primissima fase mentre la differenza produttiva inizia a consolidarsi dopo il primo mese, fino a raggiungere una significatività statistica attorno ai 60 DIM.
In termini numerici, la differenza media tra i due gruppi durante i primi 100 DIM è risultata di 1,5 kg di latte/capo*gg. In proiezione, questa differenza media rilevata nei primi 100 DIM equivale a circa 670 kg/capo sull’intera lattazione. Ovviamente, l’effetto rilevato sulla produzione di latte può avere importanti implicazioni economiche, oltre che prettamente zootecniche.
I meccanismi che portano a questo incremento produttivo non sono ancora del tutto chiari e meritano di essere investigati in modo specifico con ulteriori ricerche. Sulla base dei risultati raccolti in questo studio si può dire che consentire alle vacche di accedere liberamente ad un pascolo d’esercizio durante il periodo di asciutta consente di migliorare il livello di benessere animale con effetti positivi anche sulla successiva fase di lattazione, che si traducono in una migliore performance produttiva.
Sebbene la pratica del pascolamento sia percepita da molti allevatori come una limitazione alla produttività sia dei terreni che degli animali, dedicare un’area tutto sommato limitata alle vacche in asciutta può rivelarsi uno strumento efficace per incrementare la redditività dell’allevamento e, non per ultimo, migliorare la percezione della filiera zootecnica da parte dei consumatori.
Lorenzo Leso
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari Ambientali e Forestali (Dagri) – Università di Firenze