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Qualità dell’aria in stalla e benessere animale: il valore del monitoraggio in continuo

La qualità dell’ambiente in stalla è un parametro chiave per la produttività e il benessere delle bovine da latte. Temperature elevate, concentrazioni di gas nocivi, scarsa ventilazione o illuminazione inadeguata possono determinare un peggioramento dello stato sanitario degli animali, con ricadute misurabili su latte, fertilità e benessere. Il monitoraggio ambientale in continuo — tramite sensori multispecifici non invasivi — è una delle soluzioni tecnologiche più recenti che permetta di misurare e governare questi aspetti con rigore, trasformando dati in decisioni e prevenzione clinica.

Perché monitorare l’aria in stalla

L’aria della stalla non è un semplice “più o meno fresca”: è un miscuglio di gas, polveri e luce che cambia con ora del giorno, stagione, densità animale e routine di lavoro. L’ammoniaca (NH₃) nasce dall’idrolisi dell’urea nelle deiezioni; è irritante per le mucose, appiattisce le cilia nasali e abbassa le difese delle vie respiratorie. L’anidride carbonica (CO₂) è il segnale più diretto della qualità della ventilazione: quando accumula, indica ricambio d’aria insufficiente e alta “presenza metabolica” nella corsia. Metano (CH₄) e acido solfidrico (H₂S) si liberano soprattutto da fermentazioni anaerobiche dei liquami; l’H₂S, in particolare, può produrre picchi brevi, ma critici durante agitazioni o svuotamenti. Le polveri sottili (PM₁₀ e PM₂.₅) veicolano batteri ed endotossine e sostengono uno stato infiammatorio cronico che penalizza respiro, ingestione e resa. I composti organici volatili (VOC) provengono da deiezioni, fronti di insilato, detergenti e materiali; contribuiscono a odori pungenti e a discomfort per animali e operatori. Infine, la luminosità: non è un dettaglio scenico, ma un regolatore di fotoperiodo e melatonina, con ricadute su appetito, attività immunitaria e ritmo produttivo.

Questi fattori interagiscono tra loro e con le condizioni strutturali della stalla, rendendo necessaria una visione integrata del benessere ambientale.

Monitoraggio in continuo: dai numeri all’azione

Il monitoraggio ambientale in continuo trasforma la stalla in un ambiente “misurato” ventiquattr’ore su ventiquattro. Sensori non invasivi, installati ad altezza animale, rilevano in modo automatico gas, particolato, temperatura, umidità, luce e composti organici volatili (VOC), aggregando i dati in una lettura dinamica dell’ambiente interno. Rispetto alle misure occasionali, questo approccio fotografa davvero ciò che accade: non un’istantanea, ma un film completo della giornata.

La registrazione continua permette innanzitutto di intercettare picchi brevi — ad esempio aumenti di ammoniaca durante la pulizia o cali di ventilazione nelle ore centrali — che sfuggono all’osservazione a vista. Consente poi di verificare l’efficacia di ventilatori e cicli di raffrescamento, correlando l’accensione degli impianti con la risposta dei parametri ambientali. Un altro vantaggio è la possibilità di confrontare zone e orari: mangiatoia contro area di riposo, mattino contro pomeriggio, corsie esterne contro interne, così da indirizzare interventi dove servono davvero.

Infine, la traccia storica crea una documentazione oggettiva utile per audit, certificazioni di benessere e pianificazione aziendale: si può dimostrare quando e come sono state mantenute le condizioni microclimatiche desiderate e correggere con precisione ciò che ancora non funziona. In sintesi, il monitoraggio in continuo non accumula solo numeri: li rende decisionali.

Il ruolo chiave degli indici ambientali

Uno dei risultati più utili del monitoraggio in continuo è la traduzione dei dati grezzi in indici semplici da leggere e subito operativi. Il THI (indice temperatura–umidità) è il riferimento per lo stress da caldo: quando supera 72 segnala un livello di disagio che richiede ventilazione e raffrescamento. Un indice di rischio respiratorio integra polveri e gas irritanti per avvisare di condizioni favorevoli a bronchiti e polmoniti; l’indice di benessere animale restituisce in un solo valore il comfort percepito dalla mandria, combinando microclima e gestione. Accanto a questi, un indice previsionale di stress termico anticipa le ondate di calore sulla base dei trend interni ed esterni, mentre l’AQI per gli operatori valuta la qualità dell’aria in ottica di sicurezza sul lavoro. Questi indici non sostituiscono l’esperienza dell’allevatore, ma la potenziano con dati oggettivi, facilitando interventi mirati e misurabili.

Impatti su benessere, latte e salute

Le ricerche scientifiche confermano che la qualità dell’ambiente di stalla condiziona in modo diretto produttività e sanità. Con stress da caldo la produzione può ridursi fino al 20%, mentre grasso e proteine del latte tendono a calare durante le ondate di calore. La fertilità risente degli stessi fattori, con tassi di concepimento che possono dimezzarsi nei periodi più caldi. Sul fronte sanitario aumentano cellule somatiche e mastiti, e peggiorano le patologie respiratorie e le zoppie, complice l’azione irritante di ammoniaca, polveri sottili e il maggior tempo passato in fase di stazionamento. Gli effetti non riguardano solo gli animali: ambienti con NH₃ e PM elevati si associano in chi lavora a irritazioni e malattie croniche, con ricadute operative evidenti (più turnover, minore efficienza dei turni). Un microclima controllato diventa quindi una leva concreta per tenere insieme benessere, qualità del latte e sostenibilità del lavoro.

Secondo il Sistema di Qualità Nazionale per il Benessere Animale (SQNBA) e il manuale ClassyFarm le soglie raccomandate sono: NH3<20ppm; CO2 < 3000 ppm. Questi valori sono considerati condizioni accettabili per adulti in lattazione. L’EFSA raccomanda soglie ancora più basse per proteggere da effetti irritativi e cali immunitari.  Non si tratta di limiti legali, ma di linee guida tecniche riconosciute dalle ASL, dalle certificazioni di benessere e dai sistemi di qualità di filiera.

Il parametro luce: spesso dimenticato, ma essenziale

La luce è un “nutriente gestionale” a tutti gli effetti: modula melatonina e ormoni metabolici, orienta il ritmo sonno–veglia e, di conseguenza, appetito e attività. Nelle vacche in lattazione il fotoperiodo lungo (circa 14–16 ore di luce al giorno) abbinato a un’intensità di almeno 300–400 lux nelle aree di alimentazione e mungitura sostiene ingestione e resa; nella fase di asciutta è invece utile un periodo buio prolungato (fotoperiodo corto) per favorire il ripristino fisiologico. Monitorare i livelli di illuminazione con sensori e cronoprogrammare l’impianto permette di mantenere valori stabili e uniformi, evitare zone d’ombra o abbagliamenti e programmare la manutenzione (pulizia corpi illuminanti, verifica delle altezze). Il risultato è un ritmo circadiano regolare, con più appetito e movimento nelle ore utili e una migliore efficienza metabolica che si riflette su benessere e produzione.

Scelta etica e scelta economica

Investire nella qualità dell’aria e nella gestione microclimatica è una scelta etica e, soprattutto, economica: vacche più confortevoli sono più regolari, longeve e produttive, con minori costi sanitari e migliori standard di qualità. Le soluzioni di monitoraggio in continuo sono ormai accessibili anche ad aziende medie e piccole, grazie a sensori affidabili, interfacce semplici e supporto tecnico diffuso. In sintesi: misurare significa poter migliorare; migliorare significa proteggere e accrescere il valore del Parmigiano Reggiano lungo tutta la filiera.

Un’opportunità concreta per la filiera Parmigiano Reggiano

Per chi fa latte destinato al Parmigiano Reggiano, il monitoraggio ambientale in continuo è una leva gestionale che incide su risultati tecnici, sanità e riconoscibilità del prodotto. Tenere sotto controllo gas, polveri, umidità, temperatura e luce consente di stabilizzare ingestione e benessere, ridurre l’insorgenza di patologie respiratorie e mastiti, contenere l’uso di antibiotici e recuperare efficienza in mangiatoia e in sala mungitura. Oltre all’efficienza produttiva, è possibile quantificare l’impatto ambientale reale (es. metano ambientale, non solo metabolico), utile per percorsi ESG (programmi strutturati con cui un’azienda misura, migliora e rendiconta le proprie performance ambientali, sociali e di governo) e rendicontazioni volontarie.

Di Fabiana Surace – CMO Cynomys