I batteri resistenti a più classi di antimicrobici restano una minaccia concreta e diffusa per la salute umana e animale. È quanto emerge da una nota del 4 marzo scorso rilasciata da EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ed ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie), basata sui dati 2022 provenienti da 29 Paesi europei.
Il documento conferma la presenza persistente di ceppi di Salmonella, Campylobacter, E. coli e altri batteri zoonotici che mostrano resistenza a più principi attivi considerati critici sia in medicina umana che veterinaria.
In particolare, la resistenza combinata a fluorochinoloni, cefalosporine di terza generazione, aminopenicilline e colistina è stata riscontrata in numerosi isolati provenienti da animali da produzione alimentare, carni ed esseri umani.
Il fenomeno delle resistenze antibiotiche appare trasversale alle specie e alle filiere: Salmonella enterica resistente alla ciprofloxacina è stata rinvenuta in suini, bovini e pollame, ma anche in campioni clinici umani.
Per quanto riguarda Campylobacter, l’ampia diffusione della resistenza ai fluorochinoloni riduce ulteriormente le opzioni terapeutiche per le forme invasive nell’uomo.
Un dato particolarmente preoccupante sulle resistenze antibiotiche riguarda Escherichia coli produttore di beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL), rilevato in diverse matrici alimentari e ambientali. Questi ceppi possono trasferire i geni di resistenza ad altri batteri intestinali, aumentando il rischio di infezioni complicate e difficili da trattare.
Nonostante alcuni segnali positivi — in particolare un calo graduale della resistenza alla colistina in alcuni Paesi del Nord Europa — il quadro complessivo resta critico. L’uso continuato di antimicrobici nelle filiere zootecniche, seppur in calo secondo i dati ESVAC, continua a selezionare ceppi resistenti che possono circolare tra uomo, animali e ambiente.
Per questo motivo EFSA ed ECDC raccomandano di proseguire con approcci integrati di tipo One Health, promuovendo:
- sorveglianza armonizzata dei patogeni resistenti;
- tracciabilità genetica dei ceppi multiresistenti;
- riduzione sistematica dell’uso di antibiotici critici;
- rafforzamento delle pratiche di biosicurezza e prevenzione.
Il documento evidenzia che la lotta all’antibiotico-resistenza non può prescindere da una forte azione nelle filiere alimentari e nelle aziende zootecniche, soprattutto nelle aree in cui i tassi di resistenza restano superiori alla media UE.
L’integrazione dei dati di laboratorio veterinario e umano è considerata un passaggio chiave per anticipare l’emergere di nuove minacce.
Il report 2022 sottolinea anche la necessità di migliorare la qualità e l’omogeneità della raccolta dati tra i diversi Stati Membri. In particolare, serve un’analisi più precisa per specie, categoria di antibiotico e area geografica, in modo da orientare meglio le misure di contenimento.
👉🏻 Perché riguarda anche gli allevatori. E soprattutto quelli da Parmigiano Reggiano
La resistenza agli antimicrobici non è solo una questione sanitaria pubblica: riguarda direttamente l’efficienza, la sostenibilità e l’etica della produzione zootecnica.
L’impiego di antibiotici in allevamento, anche quando corretto, può favorire l’emergere di ceppi resistenti che si trasferiscono all’ambiente o alla filiera alimentare.
In questo contesto, ogni allevatore è parte attiva della prevenzione. Strategie come il miglioramento della biosicurezza, l’adozione di protocolli vaccinali razionali, la gestione accurata delle fasi critiche e la scelta genetica orientata alla robustezza e alla resistenza delle bovine possono ridurre in modo significativo la necessità di intervento farmacologico. Il settore del Parmigiano Reggiano, così come altre filiere DOP, ha dimostrato che è possibile ridurre l’uso di antibiotici senza compromettere sanità e produttività.