Il caldo rappresenta una delle minacce più insidiose al reddito degli allevatori di bovine da latte in Italia. In condizioni di stress da caldo infatti, le bovine (in parti-colare le più produttive) riducono i tempi di riposo e di ruminazione, l’ingestione di alimento e la produzione quanti-qualitativa del latte; al contempo aumenta la sensibilità alle comuni patologie di stalla e peggiorano gli indici riproduttivi.
I danni dello stress da caldo si prolungano nel tempo incidendo negativamente sulle performance di stalla per molti mesi oltre il periodo estivo.
Lo stress da caldo agisce negativamente anche nelle bovine in asciutta con conseguenze di breve e lungo termine; si riduce infatti la durata della gravidanza e il peso alla nascita delle vitelle che, adulte, produrranno meno latte.
Date le pesanti conseguenze dello stress da caldo è importante definire con accuratezza il problema e agire per mitigare il fenomeno.
Stress da caldo: quando?
Tradizionalmente si ritiene che la zona di confort termico delle bovine da latte sia compreso fra -5 e + 23.9 °C; il range indicato è molto ampio e risente di diverse
condizioni; quando si vogliano individuare le condizioni ambientali che provocano “stress termico” bisogna tener conto del- la temperatura ma anche, e soprattutto, dei valori di umidità relativa e di velocità dell’aria negli ambienti dove vivono le vacche.
La combinazione dei dati inerenti temperatura e umidità genera l’indice THI (Temperature and Humidity Index) (Thom, 1958). Il valore di THI si calcola usando la formula:
(1.8*AT+32) – ((0.55-0.55*RH)*(1.8*AT-26))
dove AT è la temperatura ambientale espressa in °C e RH è l’umidità relativa. Quando la velocità dell’aria aumenta la temperatura percepita dagli animali di- minuisce; per esempio con una velocità di 2.5 m/s la temperatura percepita è inferiore di circa 3 °C.
I primi studi condotti sugli effetti dello stress da caldo nei bovini (Berry et al., 1964) hanno indicato il valore soglia di THI di 72 oltre il quale gli animali mani- festano evidenti segni di stress. Quelle ricerche tuttavia sono state condotte utilizzando bovine con livelli produttivi modesti (produzione media di latte di 15.5 kg al giorno) di certo non comparabili con le attuali realtà produttive.Secondo le più recenti ricerche di Collier e collaboratori, (2012) il valore soglia di THI oltre il quale si registrano danni produttivi in stalla è di 64. Considerando che durante la notte i valori di THI sono generalmente più contenuti rispetto al giorno, Collier indica di considerare come stressanti quelle giornate in cui il THI permane a valori uguali o superiori a 68 per almeno 17 ore.La perdita di latte è già evidente dopo 17 ore di esposizione a stress termico e mediamente è superiore ai 2 kg di latte giornalieri. La sensibilità al caldo è inoltre diversa in funzione della produzione di latte; per ogni 5 litri di latte in più rispetto ai 35 kg/giorno diminuisce di 5°C la soglia di stress termico; ciò significa che le bovine più produttive sono decisamente più sensibili e manifestano perdite produttive più accentuate. Tutte queste conoscenze nell’insieme, ci rappresentano la necessità di affrontare il problema con criteri diversi e nuovi rispetto al passato; in particolare, i valori di THI oltre i quali è necessario condizionare gli ambienti sono decisamente più bassi rispetto a quelli ritenuti finora validi.
Come agire in pratica
Misurare il THI dove vivono le vacche: il primo passo da fare è quello di monito- rare i valori di THI dove vivono gli animali; questo significa disporre di sistemi che consentano di misurare in continuo i va- lori di temperatura e umidità all’interno delle stalle ad un’altezza non superiore ai 150-200 cm dal suolo per cogliere con maggiore precisione il THI percepito dalle vacche.
Oggi per fortuna, sono disponibili attrezzature di questo tipo in grado di rilevare in continuo umidità e temperatura integrandoli automaticamente per il calcolo del THI. Automatizzare il funzionamento degli impianti di ventilazione e raffrescamento: l’individuazione delle condizioni di stress da caldo debbono essere affidate a strumentazioni calibrate al fine di evitare erronee stime basate sulle sensazioni degli operatori che, ovviamente, non possono percepire il caldo al pari di una bovina che produce latte e vive in quel particolare box della stalla.
La classica affermazione “non c’è caldo” perché “ancora non sento caldo” è probabilmente una delle principali cause di ritardo degli interventi di contenimento dello stress da caldo e di errata gestione degli impianti raffrescamento. Ragionando con attenzione sui valori di umidità relativa e temperatura oltre i quali si realizzano condizioni di stress per gli animali, ci si può facilmente rendere con- to che già con temperature di 18-20 °C e umidità relative del 55-60%, le bovine più produttive sono nelle condizioni di soffrire e perdere latte.
Già da alcuni anni presso la stalla didattica dell’Università di Bologna si utilizzano i seguenti parametri con soddisfazione:
ventilazione: a partire da un THI di 60, velocità di rotazione delle pale destratificanti al 50% della potenza massima (velocità attesa dell’aria di 1.25 m/s); a partire da THI di 65, velocità di rotazione delle pale destratificanti al 100% della potenza massima (velocità attesa dell’a- ria di 2.5 m/s);
aspersione di acqua alla greppia: a partire da THI di 65, in automatico ed in continuo per le 24 ore del giorno, 2 minuti di acqua (pari a 1.3 lt/minuto per postazione in greppia) seguiti da 5 minuti di asciugatura. L’utilizzazione di queste impostazioni ha fornito risultati molto interessanti riassumibili in una sostanziale tenuta dell’ingestione di sostanza secca e della produzione di latte, un calo moderato dei titoli di grasso e un aumento dei tempi spesi dagli animali alla greppia.
Presso la stalla didattica dell’Università di Bologna
I risultati ottenuti presso la stalla didattica dell’Università di Bologna hanno confermato nella pratica quanto emerso dalle ricerche pubblicate da Chen et al., proprio nel 2016. Questi autori hanno comparato gli effetti derivanti dal raffrescamento effettuato in continuo nella giornata con l’uso di acqua
in ragione di 1.4 o 4.9 lt/minuto per capo (Tabella 1). L’acqua era aspersa con ugelli che funzionavano per 3 minuti seguiti da nove minuti di ventilazione.
Nessuna differenza è stata osservata usando più o meno acqua; il raffresca- mento ha determinato una minore temperatura corporea nelle ore più calde della giornata (-0.7 °C) e una produzione di latte di oltre 3 kg superiore; inoltre le bovine raffrescate hanno speso il 25% in più di tempo speso alla greppia.
Gli autori con questo studio hanno evidenziato come sia possibile attuare un sensibile risparmio di acqua per il raffrescamento senza penalizzare le risposte degli animali; infine è stata osservata la riluttanza delle bovine a farsi bagnare la testa il che suggerisce di evitare che l’aspersione di acqua avvenga in prossimità dei passaggi che portano dalle aree di riposo alle greppie.
Sistemi automatici di raffrescamento
La mitigazione dello stress da caldo è fondamentale per preservare i redditi degli allevatori. Le vacche più produttive sono più sensibili ma anche le asciutte soffrono. Fra le strategie da attuare la più importante è rappresentata dall’utilizzo di sistemi di raffrescamento che, in automatico, ottimizzino la movimentazione dell’aria nelle zone di alimentazione e di riposo e che, al contempo, permettano di bagnare e asciugare la groppa delle bovi- ne durante tutta la giornata.Il livello critico di THI oltre il quale è necessario attivare i sistemi di raffrescamento è di 64 e non 72 come tradizionalmente ritenuto; il THI di 64 si raggiunge molto di sovente già con temperature prossime ai 20 °C.Misurare in continuo i valori di THI dove vivono le vacche e far funzionare automaticamente ventilazione e raffresca- mento con acqua è una strategia efficace per preservare il benessere delle vacche e i redditi degli allevatori.
Andrea Formigoni
Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie – Alma Mater Studiorum – Università di Bologna.