Quando si parla di riduzione delle emissioni, di compatibilità ambientale e di percezione pubblica dell’allevamento, la copertura delle vasche di stoccaggio non è più un’opzione per pochi virtuosi: è una condizione di partenza.
Coprire le fosse significa ridurre le perdite di ammoniaca, limitare le emissioni di metano, contenere gli odori, evitare dilavamenti e diluizioni inutili. Significa contribuire a rendere lo stoccaggio dei liquami una leva tecnica per migliorare l’impronta ambientale dell’azienda.
Ne ha parlato diffusamente Informatore Zootecnico nel numero 9/2025, attraverso vari contributi tecnici. In particolare l’articolo firmato da Stefano Garimberti (Ara Lombardia) e Gabriele Boccasile (già responsabile della PO “Green Economy” in Regione Lombardia) e l’intervista al professor Lorenzo Leso, docente all’Università di Palermo, offrono uno indicazioni interessanti sul tema specifico della copertura delle fosse di stoccaggi. .
Lo stoccaggio dei liquami, si sa, è un momento critico per le emissioni gassose dell’allevamento. È proprio in questa fase che si liberano due composti tra i più problematici per l’ambiente: l’ammoniaca (NH₃), che contribuisce alla formazione di particolato fine, acidifica il suolo ed è responsabile dell’eutrofizzazione delle acque, e il metano (CH₄), potente gas serra con un impatto 28 volte superiore alla CO₂ sul medio periodo.
L’obiettivo di avere vasche coperte è ridurre o interrompere il contatto tra la superficie del liquame e l’atmosfera, bloccando lo scambio gassoso. Questo effetto si può ottenere con tecnologie diverse, ciascuna con costi, efficienze e requisiti differenti.
Soluzioni tecniche a confronto
Da Garimberti e Boccasile vengono illustrate in dettaglio le principali tecnologie oggi disponibili in materia di vasche coperte.
- Crosta naturale: si forma spontaneamente in superficie quando il liquame è statico. Ha un’efficienza molto variabile (10–20%) e oggi è ammessa solo in casi marginali.
- Coperture galleggianti leggere: sfruttano materiali come sfere in HDPE, granuli di argilla espansa o teli in PVC che si adagiano sul liquame. Non richiedono strutture portanti e offrono un’efficienza tra il 40% e il 60%. Sono semplici e poco costose, ma meno efficaci con vento e pioggia.
- Coperture fisse tensionate: sono realizzate con teli rigidi supportati da strutture perimetrali o centrali (tipicamente a tronco di cono). Hanno durata superiore ai 15 anni, garantiscono una protezione completa dalla pioggia e una riduzione delle emissioni fino al 90%. Possono anche essere integrate con impianti di biogas.
- Coperture ermetiche gas-tight: sono la versione più avanzata. Completamente chiuse, permettono il recupero e la valorizzazione del metano generato, che può alimentare impianti a biogas. Offrono un’efficienza superiore al 95% e rappresentano la sintesi più alta di sostenibilità ambientale ed energetica.
Il professor Leso, dal canto suo, ha toccato alcuni dei nodi più critici e meno visibili del tema.
Innanzitutto, la progettazione delle vasche: “In Germania si costruiscono con doppi fondi e standard molto severi, che costano quasi il doppio rispetto all’Italia. Ma garantiscono tenuta e sicurezza nel tempo”, spiega Leso. Le giunzioni tra fondo e pareti sono infatti il punto debole di molte strutture prefabbricate italiane.
Poi c’è il tema, troppo spesso ignorato, della sicurezza degli operatori: pompe, agitatori e sensori sono spesso installati in modo che l’allevatore debba sporgersi, o salire sulle vasche. Leso insiste: “Non basta una recinzione, serve una progettazione che eviti l’esposizione al pericolo”.
Interessante anche il riferimento all’uso dei droni con sensori multipli per monitorare le emissioni in prossimità degli stoccaggi: una tecnologia già sperimentata in progetti europei, che potrebbe diventare uno standard per la certificazione ambientale.
Infine, la riflessione più futuribile ma anche più promettente: la separazione precoce tra urine e feci, attraverso pavimenti drenanti e robot di raccolta. “Se restano separate, le emissioni calano anche del 99%. È una nuova frontiera di cui si parla ancora troppo poco”, conclude Leso.
Una sfida che riguarda tutti
L’adozione di vasche coperte e di coperture efficienti per lo stoccaggio dei liquami non è più una “buona pratica” riservata alle aziende d’avanguardia. È una necessità tecnica, economica e ambientale. Per chi fa Parmigiano Reggiano, e lavora in territori a forte pressione normativa e sociale, il tema diventa addirittura strategico. Una questione di emissioni, di sostenibilità, di immagine della stalla, di rapporto col territorio. Tutto serve per dare valore al formaggio, anche questo.