Spicca di più quello che non c’è nella nuova pagina promozionale dell’Albo Mangimisti che il Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano sta proponendo da aprile sulle testate zootecniche specializzate.
Non ci sono bovine, non ci sono stalle, non c’è latte. Ma c’è un bellissimo campo di sorgo, illuminato dal sole, tra l’azzurro del cielo e il verde degli alberi in quello che è un tipico scorcio di territorio del comprensorio del Parmigiano Reggiano.
Una scelta che vuole sottolineare – e lo si dice chiaramente nel messaggio contenuto nella pagina pubblicitaria – come il formaggio Parmigiano Reggiano è quello che è, ossia un’eccellenza mondiale, perché la materia prima con cui è prodotto è il latte, certo, ma anche il suo territorio, unico e in grado di dare sfumature di sapore e aroma inconfondibili.
E se si parla di territorio si parla anche di materie prime per l’alimentazione delle bovine, che questo territorio unico devono rappresentare sempre di più.
Da qui la sfida per i prossimi anni che vede unito il Consorzio e i mangimisti iscritti all’Albo: utilizzare sempre di più materie prime prodotte nel comprensorio, riducendo progressivamente quelle di importazione.
Ecco perché non c’è mais, ma sorgo in evidenza: una coltura che – anche in considerazione dei cambiamenti climatici in atto – si presta egregiamente ad un ruolo, se non di sostituzione, almeno di parziale rimpiazzo locale del mais, molto spesso di importazione.
E questo vale anche per gli altri cereali e per le proteaginose: i mangimi delle bovine che fanno latte da Parmigiano Reggiano avranno sempre più produzioni locali, rafforzando anno dopo anno un legame con il territorio che il consumatore si aspetta ed è disposto a pagare. Non solo: aumenterà la sostenibilità della produzione, diminuendo l’impronta carbonica e rendendo ogni forma prodotta ancora più rispettosa dell’ambiente.
Certo è una sfida impegnativa, che prevede investimenti e un approccio diverso alla campagna, a partire dalla fienagione, in grado di aumentare quantità e qualità prodotte. Ma è una possibilità concreta di dare vita a un “campo largo” della filiera, che inglobi pure le produzioni agricole del territorio in un legame sempre più stretto con il Parmigiano Reggiano, per dare tipicità e valore anche alla produzione agricola.
Perché “Per una DOP come la nostra il territorio fa parte del prodotto”. Lo diciamo perché possiamo farlo.