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Nasce il Presidio Slow Food dei prati stabili e dei pascoli

Finalmente si parte! Nasce il Presidio Slow Food dei prati stabili e dei pascoli, un progetto importante per la rinascita delle terre alte, la rigenerazione della pianura, la conservazione della biodiversità e la promozione di un allevamento amico del clima, della terra, degli animali e della nostra salute.

I formaggi prodotti dai primi 30 allevatori e casari che aderiscono al progetto, custodendo i pascoli e alimentando i propri animali con erba e fieni di prato stabile, avranno in etichetta il logo del Presidio Slow Food. 

Questo Presidio parte dopo tre anni di lavoro, grazie alla collaborazione di un importante partenariato tecnico e scientifico e al sostegno di Eataly e del Consorzio del formaggio Parmigiano Reggiano. 

Da oggi una selezione di formaggi del Presidio è disponibile da Eataly mentre a Terra Madre Salone del Gusto (Torino, Parco Dora, dal 26 al 30 settembre) i formaggi del Presidio saranno disponibili nell’area del mercato. (Clicca qui per vedere le iniziative del Consorzio in questo evento)

«Potrebbe sembrare strano, ma un prato ricco di biodiversità ha molto a che fare con il nostro cibo, con la sua bontà e la sua salubrità. Non solo: ha a che fare con la cura dell’ambiente e con la nostra sicurezza, perché i pascoli sono un argine per frane, slavine e incendi estivi» sottolinea Serena Milano, direttrice di Slow Food Italia.

«Il prato è un’oasi di biodiversità vegetale e animale, un elemento di bellezza per il paesaggio. Proteggere questo ecosistema vuole anche dire fare qualcosa di giusto, perché consente agli erbivori di mangiare fieno ed erba fresca, nel rispetto del loro benessere».  «I prati stabili sono anche una risposta alla crisi climatica – ci ricorda Francesco Sottile, docente dell’Università di Palermo e membro del board di Slow Food Internazionale – perché rappresentano uno straordinario serbatoio di carbonio, proprio come i boschi e le foreste».

«A seconda del luogo, dell’esposizione e dell’altitudine i prati stabili sono diversi gli uni dagli altri – spiega Giampiero Lombardidocente dell’Università di Torino Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari -. Solo nelle Alpi, se ne contano oltre un centinaio di tipi diversi. Da ciascuno deriva un foraggio differente, sotto il profilo degli acidi grassi e dei polifenoli, e questa varietà si riflette nelle produzioni alimentari». 

«Praterie e pascoli sono luoghi incredibili – aggiunge l’ecologo Andrea Catorciresponsabile del corso di laurea in Ambiente e gestione sostenibile delle risorse naturali all’Università di Camerino – in grado di competere con le foreste tropicali per ricchezza di biodiversità. Ma, a differenza delle foreste, senza l’attività della pastorizia, perderebbero biodiversità. Abbandonati, tenderebbero a diventare prima un arbusteto e poi, col tempo, un bosco. Per conservare questi ambienti non c’è alternativa alla zootecnia semi estensiva: quando scegliamo una fetta di formaggio, ricordiamoci che dietro c’è un ecosistema molto complesso». 

«Se si perde la gestione agronomica e pastorale – conclude Lombardi – perdiamo anche i prati stabili, e ripristinarli non sarà facile, perché la riconversione richiede molto tempo e denaro. In pianura serve un decennio di lavoro, in montagna ancora di più. Ecco perché vanno salvati, prima che sia troppo tardi».

Parmigiano Reggiano e prati stabili, un binomio di valore

Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, conferma l’interesse e la collaborazione del Consorzio a questo progetto: «Il nostro impegno è di sviluppare iniziative, progetti, ricerche, campagne, per salvare i prati stabili e i pascoli montani dall’abbandono, per ripristinarli dove sono andati perduti, per favorire l’adozione di politiche e normative che sostengano chi li custodisce.

Con oltre 70 varietà diverse di piante erbacee di tipo stagionale che crescono in gran parte del territorio di origine del Parmigiano Reggiano (ad esempio, quello del fiume Enza e nelle zone appenniniche), il prato stabile rappresenta un ecosistema unico di biodiversità. Il suo foraggio viene impiegato da 1000 anni come una delle fonti di alimentazione delle bovine da latte. L’80% delle piante sono graminacee e leguminose, ma sono numerose anche le essenze prative di altre famiglie.

Per il Parmigiano Reggiano è fondamentale la qualità del foraggio, in quanto trasferisce gli odori e i sapori delle erbe al latte e, di conseguenza, al prodotto finito, distinguibili al palato a livello sensoriale al momento dell’assaggio. La nostra Dop è infatti un prodotto naturale e artigianale strettamente legato al suo territorio di origine. Il Consorzio del Parmigiano Reggiano insieme a Slow Food, si impegna a proseguire l’attività di formazione dei produttori per migliorare la gestione dei prati, in un percorso di appuntamenti che nei prossimi mesi attraverserà le province di produzione della Dop».


Il progetto è sostenuto da Eataly e Consorzio del Parmigiano Reggiano.

I partner scientifici sono: Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (DISAFA) e Dipartimento di Scienze Veterinarie (DSV) dell’Università di Torino, Università di Palermo, Università di Camerino, Institut Agricole Régional della Valle d’Aosta, Fondazione Mach, Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.

I partner tecnici sono: CREA, Laboratorio Chimico della Camera di Commercio di Torino, Agricoltura Simbiotica.