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Acidosi ruminale sub acuta, un nemico insidioso

Dato che la principale causa dell’alterazione dell’omeostasi acido-base nel rumine alla base della acidosi ruminale sub acuta (S.A.R.A.) è rappresentato dalla mancata sincronia fra liberazione e assorbimento degli acidi grassi volatili (AGV), appare logico agire sulla gestione per modulare entrambi questi fattori.

Adattamento del rumine a diete ricche di concentrati

È assodato che la mucosa cheratinizzata del rumine della vacca in asciutta necessita di almeno 3-4 settimane per adattarsi a una dieta ricca in concentrati, grazie all’aumento della superficie assorbente e alla capacità funzionale di far fronte ad un improvviso aumento di AGV; invece, il mutamento del microbiota, con un calo delle popolazioni cellulosolitiche (Fibrobacter e Ruminococcaceae) e un aumento delle popolazioni che fermentano gli amidi (Prevotella), avviene più rapidamente (2-3 settimane). Si veda anche il grafico.

Numero dei pasti e quantità di alimento consumato per pasto

Come detto il pH si abbassa in seguito all’ingestione dei pasti. In condizioni ottimali la bovina assume gli alimenti in 6-8 pasti giornalieri spendendo in media 284 minuti al giorno. Il pasto principale è al momento dello scarico del piatto unico fresco ma se l’alimento è sempre disponibile a volontà la quantità di alimento consumato per pasto è relativamente uniforme.

Diversa la situazione nella quale l’alimento sia fornito in quantità ristretta o non sia sempre a disposizione nelle greppie. In questi casi l’ingestione in un solo pasto può superare il 20% della razione totale e ciò evidentemente espone a fluttuazioni molto più intense del pH e in definitiva ad acidosi.

Nel corso della giornata e della notte sarà utile avvicinare frequentemente le razioni in greppia assicurando alla fine delle 24 ore dalla somministrazione una quota di residui non inferiore al 6-8% di quanto distribuito a riprova che vi è sempre stato alimento disponibile per tutte le bovine; è chiaro che l’automazione di questa operazione ne aiuta molto la gestione.

Dato che il tempo totale di alimentazione e lo schema dei pasti giornalieri dipende principalmente dall’accesso libero e costante all’alimento, dato che le pluripare assumono più rapidamente l’alimento rispetto le primipare, la restrizione nell’accesso alla mangiatoia sortirebbe effetti maggiori in vacche più giovani e generalmente di atteggiamento recessivo; queste modificano il loro comportamento alimentare per consumare una maggiore quantità di alimento nel minor tempo se esiste una maggiore competizione per la risorsa alimentare.

Se accorrono con foga
 forse c’è un problema


È interessare ricordare una nota comportamentale degli animali: quando l’alimento non sia disponibile sempre a volontà in greppia, allo scarico della nuova razione, le bovine accorrono alla greppia numerose e con “foga” aggrediscono il cibo; tale comportamento, che è spesso considerato favorevolmente dall’allevatore, in realtà testimonia di una relativa carenza di cibo.
 Nel caso di una corretta gestione delle greppie, infatti, non più del 50-60% delle bovine “corrono” alla greppia e molte continuano a riposare e ruminare nelle zone di riposo.


Altri fattori di perturbazione della dinamica di assunzione degli alimenti sono rappresentati dalla facilità di accesso alle greppie, dal sovraffollamento, dalla presenza di patologie podali, di fenomeni di competizione e di tempi inadeguati di riposo.
È stato dimostrato che il massimo benessere si ottiene con tempi di riposo superiori alle 12–14 ore al giorno; questi tempi favoriscono il tempo di ruminazione e riducono l’incidenza delle patologie del piede.


Anche nel caso della gestione tradizionale delle razioni è necessario operare per favorire un numero elevato di pasti soprattutto dei mangimi ma anche dei fieni; ciò esalterà oltre alla stabilità del pH ruminale anche l’ingestione a tutto vantaggio dello stato di salute e della produttività.

Evitare la cernita
dei mangimi nell’unifeed

Nonostante il bovino non sia considerato un “selettore”, l’inclinazione naturale della vacca è quella di scegliere fra diversi alimenti. È dimostrato che, se lasciate libere, le vacche tendono a scegliere fra graminacee e leguminose senza però riuscire a spiegarne la motivazione.

Anche con l’alimentazione a piatto unico, le vacche sono in grado di selezionare alcuni alimenti più appetibili, solitamente i concentrati a discapito dei foraggi fibrosi, alterando l’equilibrio della razione e favorendo l’insorgenza di sub acidosi. 
La selezione avviene con movimenti rotatori del capo e di allungamento del collo con successiva dispersione della razione, costringendo l’operatore ad avvicinare continuamente il cibo allontanato.

Anche se non vi è totale unanimità di valutazioni fra i ricercatori, molti sostengono che la selezione sia anche un meccanismo di salvaguardia del rumine dato che è appurato che in presenza di SARA l’animale tende ad assumere bicarbonato di sodio, se disponibile, a scegliere particelle più lunghe all’interno dell’unifeed o fieno lungo se disponibile e perfino paglia in cuccetta per tamponare l’acidità ruminale.

Data la tendenza delle vacche a selezionare le piccole particelle di concentrati della dieta, una non corretta distribuzione della granulometria permette l’ingestione di una maggiore quantità di alimenti facilmente fermentescibili a livello rumina- le rispetto a quella pianificata all’atto del razionamento.

Una cernita dell’unifeed da parte delle bovine riduce i rapporti nutritivi dell’unifeed che rimane in mangiatoia, a favore dei foraggi; questo può avere effetti negativi per gli animali subordinati del gruppo nel caso in cui accedano alla corsa di alimentazione dopo le dominanti, con il rischio di andare incontro a deficit di nutrienti.

Un altro fattore determinante è la disponibilità di uno spazio adeguato in mangiatoia per animale, che diminuisce la competizione tra le bovine evitando così che le vacche “subordinate” si alimentino solo dopo le “dominanti” e trovino un alimento che è già stato selezionato in precedenza.

Invece in condizioni di assenza di competizione e disponibilità ad libitum di alimento, la velocità di assunzione di alimento è alta dopo la nuova distribuzione e scende nel corso della giornata a mano a mano che l’appetito è soddisfatto e la produzione salivare diminuisce; questo si verifica in modo particolare con diete ricche in fibra.

Se il piatto unico non è convenientemente preparato (la miscelata non è uniforme o la granulometria dei foraggi eccede i 2-3 cm di lunghezza) le bovine manifestano una forte capacità di selezionare i mangimi a scapito dei foraggi. Il problema è più evidente se si usano mangimi pellettati.

Aggiungere acqua contro la selezione


Una soluzione può essere quella di aggiungere acqua al carro; è stato dimostrato che l’umidità della miscela deve essere superiore al 45% del totale per limitare significativamente le capacità di cernita; in pratica, per una razione costituita da 13 kg di fieni e 13 kg di mangimi, tale risultato si ottiene utilizzando 16-17 kg di acqua. La strategia descritta è efficace nel prevenire le cernite ma, inevitabilmente, espone l’azienda a rischi di fermentazioni anomale soprattutto durante il periodo estivo.


Sulla scorta di queste considerazioni appaiono logiche le indicazioni del Disciplinare di produzione che richiedono la preparazione e somministrazione del piatto unico bagnato due volte al giorno con accurata pulizia delle greppie.

La frequenza della somministrazione

A proposito di competizione, è importante la frequenza della somministrazione (ottimale tra 2 e 4 volte al giorno), dato che la distribuzione di alimento fresco è lo stimolo primario che attrae le vacche alla mangiatoia. Infatti, la maggiore attività di alimentazione è sempre successiva alla distribuzione del nuovo alimento o all’avvicinamento dello stesso in condizioni di stabulazione libera.

Un’elevata frequenza nella distribuzione e nell’avvicinamento dell’alimento non solo riduce la cernita da parte delle bovine, ma accresce anche la disponibilità di alimento e il tempo totale utilizzato per alimentarsi, portando ad una ingestione più uniforme durante la giornata.

Quindi una frequente distribuzione degli alimenti tende a favorire l’attività di alimentazione con un maggior numero di pasti più equamente distribuiti nella giornata senza che l’ingestione totale necessariamente aumenti.

Andrea Formigoni, Damiano Cavallini

Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie – Alma Mater Studiorum – Università di Bologna