Nel giro di poche settimane, la dermatite nodulare contagiosa bovina (Lumpy Skin Disease – LSD) è passata da minaccia remota a fattore di rischio concreto per l’intera filiera bovina italiana, non solo sotto il profilo sanitario, ma anche su quello commerciale e politico.
L’epidemia, partita da un primo focolaio confermato il 21 giugno 2025 in provincia di Nuoro, ha rapidamente interessato altre aree della Sardegna, arrivando poi alla penisola con un caso secondario a Porto Mantovano (Mantova), in un bovino introdotto dall’isola.
Secondo l’ultimo bollettino epidemiologico veterinario, i focolai attivi sono oggi 13 in Sardegna (12 a Nuoro, 1 a Sassari), per un totale di 1.403 animali coinvolti, 104 malati confermati e 382 capi abbattuti a scopo contenitivo.
Il focolaio lombardo è stato invece dichiarato estinto il 28 giugno.
L’impatto del virus, che colpisce esclusivamente i ruminanti e non ha rilevanza per la salute umana, si è fatto sentire anche sul fronte delle esportazioni. Il 25 giugno, il Regno Unito ha adottato una misura precauzionale sospendendo l’importazione di latte crudo, bovini vivi e prodotti non termizzati dall’Italia, includendo inizialmente anche i formaggi a lunga stagionatura come Parmigiano Reggiano e Grana Padano.
Il provvedimento ha suscitato allarme nel settore, nonostante riguardasse prodotti ottenuti prima della comparsa del focolaio e sottoposti a stagionature ben oltre i limiti di sopravvivenza del virus.
Fortunatamente, già il giorno successivo – il 26 giugno – le autorità britanniche hanno parzialmente corretto la misura, autorizzando nuovamente l’export dei formaggi italiani a condizione che sia rispettata la certificazione sanitaria GBHC416 e che i prodotti abbiano avviato la stagionatura prima del 23 maggio 2025, data considerata esente da rischio. Il Regno Unito rappresenta il quinto mercato estero per il lattiero-caseario italiano, con un valore annuo stimato in 363 milioni di euro, di cui una quota rilevante (quasi un terzo) riconducibile proprio a Parmigiano Reggiano e Grana Padano.
L’episodio si è risolto senza conseguenze strutturali, ma ha offerto un monito chiaro sulla vulnerabilità delle filiere agroalimentari rispetto a eventi sanitari anche localizzati. È bastato un focolaio in Sardegna e un singolo caso di ricaduta sulla penisola per generare barriere commerciali immediate, capaci di compromettere temporaneamente uno sbocco fondamentale per il settore.
Sul piano interno, le autorità sanitarie hanno reagito attivando zone di restrizione, screening intensivi e blocchi alle movimentazioni in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.
A queste misure si affiancano ora le prime risposte di tipo politico: tra fine giugno e inizio luglio, sono state presentate cinque interrogazioni parlamentari che chiedono al Governo interventi rapidi su vaccini, ristori e strumenti assicurativi.
La campagna vaccinale dovrebbe partire entro la terza settimana di luglio nei comuni sardi più colpiti, mentre è atteso per fine mese il decreto di riparto del Fondo emergenze zootecniche, rifinanziato con l’ultimo assestamento di bilancio.