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Streptococcus uberis, il batterio frustrante

I nuovi obiettivi comunitari di riduzione e utilizzo razionale degli antibiotici, il ruolo centrale del benessere animale e la sempre maggiore attenzione del consumatore verso tutte le fasi produttive della filiera impongono nuove strategie che, da un lato, stiano al passo con le richieste attuali e future e, dall’altro, consentano un miglioramento della redditività aziendale attraverso il contenimento e la riduzione delle problematiche sanitarie.

Con il mercato del latte in costante evoluzione e crescita, il controllo delle mastiti rappresenta una sfida importante per l’allevatore e per il medico veterinario, dato che la mastite è un problema spesso rilevante e può rappresentare, secondo Kossaibati, oltre il 38% dei costi annuali legati alle patologie in allevamento, incidendo per circa il 9-10% del bilancio aziendale.

L’implementazione di piani di controllo ha portato, nel corso degli anni, un’interessante riduzione dell’incidenza dei patogeni contagiosi. Permane ed aumenta invece il problema degli ambientali, considerato l’incremento della prevalenza di mastiti causate da questi agenti patogeni.

L’epidemiologia sta cambiando negli ultimi anni, infatti nelle grandi realtà statunitensi ed europee l’incidenza delle mastiti da streptococchi, soprattutto uberis, da stafilococchi coagulasi-negativi (Scn) e da coliformi E. coli e Klebsiella è in continuo aumento (Fig. 1).

Sempre più diffuso

Tra questi patogeni, Streptococcus uberis, causa sia di mastiti cliniche che subcliniche, è chiaramente identificato come un agente patogeno sempre più diffuso, come evidenziano anche gli studi inglesi e tedeschi. Infatti, nel Regno Unito, la percentuale di mastiti cliniche causate da Strept. uberis è cresciuta dal 17% nel 1969 al 32% nel 2005 (Bradley et al., 2007) e in Germania, analogamente, dal 10% nel 1983 al 25% nel 2013 (Kromker, 2017).
Lo Strept. uberis è un microrganismo ubiquitario in grado di colonizzare non solo gli animali, ma anche il loro ambiente essendo presente soprattutto nel letame e in materie organiche, compresi i materiali della lettiera, associando quindi le infezioni all’igiene ed al management aziendale. Il batterio è stato isolato nell’apparato digerente (labbra, tonsille, rumine, retto e feci), nell’apparato respiratorio, nel tratto urogenitale, nelle ferite e negli ascessi, nel pelo, nello sfintere, nel canale e nella cute del capezzolo e nelle ghiandole mammarie infette dei bovini.

Biggs afferma che gli animali vengono solitamente infettati tramite fonti ambientali nel periodo di asciutta, con il 60% delle mastiti cliniche in lattazione che hanno avuto origine proprio in questo periodo. L’infezione può insorgere, in misura minore, anche nelle vacche in lattazione, soprattutto durante i primi 75 giorni. I tassi di infezione più elevati si riscontrano comunque subito dopo la messa in asciutta e nel periparto.

La facilità con la quale colonizza animali ed ambiente e la possibilità di eludere i meccanismi difensivi dell’ospite grazie alla formazione di un biofilm protettivo, hanno permesso a questo microrganismo di diventare causa estremamente importante di mastite in allevamento. Inoltre la presenza di molti sottotipi, spesso presenti in gran numero in stalla, rende spesso poco efficaci i protocolli terapeutici ed i risultati sono vacche che cronicizzano o che presentano mastiti ricorrenti.

Così la riduzione produttiva, la spesa per i medicinali ed il latte scartato portano il costo di ogni singolo caso di mastite da Strept. uberis dai 230 ai 288 euro, a seconda della durata del trattamento (Steeneveld W. et al., 2020).
È quindi evidente, alla luce dei risultati e dei costi per le terapie antibiotiche, come la prevenzione rivesta un ruolo fondamentale per ridurre la gravità delle problematiche sanitarie aziendali, portando di conseguenza al miglioramento delle produzioni e quindi della redditività.

Il vaccino c’è

Se una gestione ottimale della stabulazione degli animali è il fondamentale intervento profilattico, altri se ne possono ovviamente utilizzare e tra questi vi è la vaccinazione, che punta a stimolare le difese immunitarie specifiche dell’animale; tale pratica è da tempo diffusa ad esempio per molte patologie virali che interessano l’apparato respiratorio, ma in Italia fino ad ora è stata poco diffusa la pratica della vaccinazione per il controllo della mastite.

Come per E. coli, coliformi, Staph. aureus e Cns, anche per Streptococcus uberis da qualche mese è in commercio, anche in Italia, un vaccino. Questo, utilizzato durante il periodo preparto e dopo 15 giorni dal parto, garantisce protezione nei confronti dei diversi sottotipi di Strept. uberis nel corso della successiva lattazione.

Un caso concreto

Se ogni azienda fa storia a sé e l’opportunità della vaccinazione va attentamente valutata caso per caso con il veterinario aziendale, ecco -a partire da un caso concreto- cosa si è ottenuto dalla vaccinazione nell’azienda agricola della famiglia Van den Wijngaard, 150 bovine in lattazione con media produttiva annua di 10.160 kg, da alcuni anni colpita da un alto numero di mastiti, con oltre il 40% delle vacche coinvolte, conta delle cellule somatiche/ml nel tank compresa tra le 190.000 e le 260.000, con il 23% degli animali sopra il valore soglia (SCC) ed il tasso di nuove infezioni, su base annuale, del 13%. Queste percentuali indicano che il numero di nuove infezioni è sopra la soglia accettabile (10%), ma soprattutto che la percentuale di animali con conta cellulare alta è lontana dall’obiettivo del 15%.
A fronte di questi dati, e di frequenti esiti di presenza di Strept. uberis dopo esame colturale del latte, si decide di iniziare a vaccinare la mandria adottando un protocollo a tre interventi: i primi due nei 2 mesi precedenti il parto rispettivamente a 60 e a 21 giorni, il terzo 15 giorni dopo il parto.

Dopo 1 anno di vaccinazione, i primi risultati ottenuti sono: 50% in meno di casi di mastiti causate da Strept. uberis, riduzione del 40% di cellule somatiche nel tank, oltre il 40% in meno di trattamenti antibiotici utilizzati per curare mastiti cliniche.

Questi dati dimostrano che l’utilizzo del vaccino non solo riduce il numero di casi clinici, ma anche la severità delle mastiti causate da Strept. uberis, con conseguente maggiore e più rapido tasso di guarigione ed una riduzione dell’utilizzo di antibiotici.

Conclusioni

Le politiche europee mirate alla sostenibilità ambientale ed all’utilizzo razionale del farmaco, il ruolo centrale del benessere animale nelle produzioni zootecniche, le richieste dei consumatori e di conseguenza dei mercati, richiedono un cambio di passo sempre più diretto verso la prevenzione.

Manuel Belotti

DVM Servizio Tecnico Hipra Italia

(La bibliografia citata è disponibile a: spp@parmigianoreggiano.it )