Il periodo di transizione è classicamente definito come l’arco temporale che va da 3 settimane prima a 3 settimane dopo il parto.
Tuttavia si è da tempo compreso che per far fronte alle problematiche che si manifestano durante la prima fase di lattazione è necessario focalizzare l’attenzione su un periodo più ampio, che va dalla messa in asciutta fino ai primi 30-60 giorni dopo il parto.
Se prendiamo in esame uno dei grafici più emblematici riguardanti l’epidemiologia delle infezioni intramammarie (vedi Figura 1 qui sotto), possiamo chiaramente identificare due momenti molto delicati o a maggior rischio: la messa in asciutta e il periparto.
Alla luce di questo grafico possiamo definire tre diverse fasi durante il periodo di asciutta: un periodo di involuzione della mammella; un periodo stabile centrale e un periodo di preparazione alla lattazione successiva o di colostrogenesi.
Nella prima fase, ovvero quella che segue il momento di messa in asciutta, la suscettibilità alle infezioni intramammarie è elevata a causa della cessazione della fuoriuscita di latte dalla mammella e dell’azione di rimozione dei batteri che essa comporta, insieme alla cessazione di una costante disinfezione del capezzolo post-mungitura.
Inoltre, la presenza di grasso e caseina riduce l’azione delle cellule del sistema immunitario che sono impegnate nel rimodellamento della ghiandola mammaria. In questa fase, poi, inizia la formazione di un tappo di cheratina che chiude il canale del capezzolo per buona parte dell’asciutta.
La fase centrale dell’asciutta è caratterizzata da una relativa tranquillità nella quale l’assenza di latte e un sistema immunitario pienamente efficiente riducono il rischio di infezione.
Nella fase più vicina al parto, infine, la mammella si prepara alla produzione di colostro, le concentrazioni dei fattori di protezione della mammella calano, il tappo di cheratina spesso viene perso 7-10 giorni prima del parto e il sistema immunitario risulta essere alterato a partire da due settimane prima del parto (Bradley A. et al., 2004).
La messa in asciutta
Innanzitutto, quando parliamo di messa in asciutta, dobbiamo stabilire quanto durerà il periodo di asciutta. Questo periodo, ancorché improduttivo, è fondamentale per gettare le basi della successiva lattazione.
Nel tempo, numerosi studi e prove di campo hanno provato a sopprimere o ridurre al minimo questo periodo con conseguenze assai negative, soprattutto a livello produttivo. Oggigiorno, grazie al miglioramento e alla maggior persistenza delle curve di lattazione, troviamo sempre più bovine con una produzione elevata al momento della messa in asciutta.
Secondo uno studio condotto su 14.169 lattazioni appartenenti a 15 aziende italiane ad alta produzione, il 42% delle bovine aveva una produzione superiore ai 25 Kg nei tre giorni precedenti la messa in asciutta (Guadagnini M., Moroni P., 2020).
Pertanto, la tentazione di mungere la bovine per qualche giorno in più è forte.
Tuttavia, dati italiani dimostrano come periodi di asciutta inferiori a 40 giorni possano portare a una perdita produttiva di rispettivamente 420 kg e 630 Kg di latte a 305 giorni rispetto a un periodo di asciutta di 40-49 giorni o 50-60 giorni (Guadagnini et al., 2022).
Dunque, è fondamentale stabilire, per ogni azienda, un protocollo preciso per la messa in asciutta, basato sui giorni di gestazione della bovine, in relazione alla durata totale della gestazione.
Alcuni studi (Rajala-Schultz P. Et al., 2005; Vilar M. et al., 2020), hanno dimostrato come una maggiore produzione di latte alla messa in asciutta sia correlata a un maggior rischio di infezioni intramammarie.
D’altro canto, la forte pressione nella mammella genera un accorciamento del capezzolo e una maggiore difficoltà nella formazione del tappo di cheratina, con conseguente perdita di latte nei primi giorni dopo la messa in asciutta.
Non è chiaro, però, se la messa in asciutta drastica, ovvero con la cessazione repentina della mungitura, sia davvero controindicata e se sia realmente più opportuno prevedere un fase di calo della produzione lattea prima della messa in asciutta.
La terapia antibiotica endomammaria alla messa in asciutta è da tempo identificata come uno degli strumenti più validi per combattere le infezioni, soprattutto nel caso dei patogeni contagiosi.
La scelta di quali bovine trattare, che sta alla base del concetto di asciutta selettiva, è un argomento molto ampio che non verrà affrontato in questo articolo. Sicuramente, però, alla luce delle alte produzioni e dell’assenza, in taluni casi, del trattamento antibiotico, diviene quanto mai fondamentale l’utilizzo di un sigillante interno che, se applicato correttamente, impedisce l’ingresso di batteri all’interno della mammella per tutto il periodo di asciutta.
È ovvio che tutte queste procedure, che includono l’inserimento di cannule all’interno del capezzolo, devono essere effettuate con la massima igiene e precisione, altrimenti risulteranno un fattore predisponente per le infezioni endomammarie.
Il periparto
Con l’approssimarsi del parto, più che soppresso, il sistema immunitario è disregolato, ovvero risponde in maniera poco efficace e talvolta esagerata. Tale condizione prosegue fino a 3-4 settimane dopo il parto.
Se pensiamo poi a tutti i cambiamenti ai quali una bovina è sottoposta durante questo periodo, non possiamo non focalizzare l’attenzione sulle sfide metaboliche della vacca nel periparto. Il sempre più rapido aumento della produzione di latte nei primi giorni e settimane dopo il parto è una vera e propria sfida per la bovina.
È stato dimostrato che bovine con chetosi subclinica hanno un rischio del 70% maggiore di avere mastite subclinica (SCC>200 000) al primo controllo funzionale (Guadagnini et al., 2022).
Il periparto è caratterizzato da un forte bilancio energetico negativo nel quale si assiste a una forte competizione per il glucosio, ovvero l’energia, tra la mammella (per la produzione di latte), il sistema immunitario (per difendere la bovina) e l’apparato riproduttivo (per riprendere la ciclicità ovarica).
Migliorare la gestione delle bovine
In conclusione, dato che durante l’asciutta e il periparto le bovine sono più vulnerabili e che sempre meno si potrà contare sulla “protezione” dell’antibiotico endomammario per prevenire le nuove infezioni, ma soltanto per curare quelle presenti alla messa in asciutta, è indispensabile migliorare la gestione delle bovine allo scopo di ridurre il rischio di infezioni intramammarie e migliorare la sanità della mammella.
Marcello Guadagnini
International Technical Manager, Axiota Animal Health