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Benessere animale: quali informazioni si possono avere dal latte?

Negli ultimi anni si è consolidata una nuova sensibilità alimentare, che vale anche per il latte e i suoi derivati: i consumatori non si accontentano più del gusto o della provenienza dichiarata in etichetta, ma vogliono conoscere nel dettaglio l’origine, le modalità produttive, la razza delle vacche e, soprattutto, se gli animali sono stati allevati in condizioni di benessere. Il Parmigiano Reggiano, simbolo di eccellenza agroalimentare italiana, si trova oggi a rispondere anche a questa nuova domanda di trasparenza e autenticità.

La tecnologia in supporto della filiera

Proprio in questo contesto si colloca lo studio coordinato dal Dipartimento DAFNAE dell’Università di Padova, in collaborazione con il Consorzio del Parmigiano Reggiano, il sistema nazionale di registrazione del latte e l’ARA Emilia-Romagna. L’obiettivo era valutare se la spettroscopia nel medio infrarosso (MIR), una tecnica già impiegata nella routine delle analisi lattiero-casearie, potesse diventare uno strumento di autenticazione anche delle condizioni di allevamento e del benessere animale.

Il MIR analizza la composizione chimica del latte misurando l’interazione tra radiazioni infrarosse e i legami molecolari. È una tecnica rapida, economica, non distruttiva e già utilizzata per stimare parametri produttivi, qualità del latte e condizioni fisiologiche delle vacche. In questo contesto, la possibilità di disporre di uno strumento capace di verificare in modo rapido ed efficace le pratiche aziendali e il benessere degli animali, a partire dal latte di massa, è apparsa strategica.

Questo studio si è posto quindi l’obiettivo di valutare se il MIR fosse una tecnica utilizzabile anche per l’autenticazione del benessere animale, delle pratiche di allevamento e dei sistemi di caseificazione del Parmigiano Reggiano.

Questa tecnica è già stata impiegata per indagare l’autenticazione delle restrizioni alimentari dei prodotti DOP, dei sistemi di alimentazione e dei sistemi di allevamento. Tuttavia, la possibilità che il MIR possa essere utilizzato sul latte di massa per indagare non solo le tecniche di allevamento, ma anche i parametri di benessere animale non è ancora stata esplorata ed è ciò che si è proposto questo studio.

Disegno sperimentale e classificazione degli allevamenti

Lo studio ha raccolto oltre 12.000 spettri di latte da 949 stalle della filiera Parmigiano Reggiano. Le aziende sono state classificate in cinque gruppi, distinti per collocazione geografica (Appennino vs Pianura Padana), razza (specializzata vs locale), tipo di stabulazione (fissa vs libera) e adozione della tecnica unifeed. Inoltre, per ciascuna azienda sono stati ottenuti i punteggi Classyfarm relativi a tre aree: management aziendale (A), strutture e attrezzature (B) e parametri legati agli animali (C), come pulizia, stato di nutrizione e prevalenza delle patologie.

Cosa è emerso: discriminazione efficace per genetica e stabulazione

I risultati più chiari si sono ottenuti su aspetti che influiscono direttamente sulla composizione del latte, come:

  • la razza dell’animale (Frisona, Bruna, Reggiana, ecc.): ogni razza produce un latte leggermente diverso, con variazioni nelle percentuali di grasso, proteine e altri componenti;
  • il tipo di stabulazione (libera o fissa): questa scelta incide sulla libertà di movimento, sulla salute della mammella e sull’organizzazione della mandria;
  • l’uso della tecnica unifeed: le vacche alimentate con razione mista completa (unifeed) assumono ogni giorno una dieta ben bilanciata, e questo si riflette nella composizione del latte.

In tutti questi casi, il MIR ha funzionato bene, riuscendo a distinguere le aziende che usano un tipo di gestione da quelle che ne usano un’altra.

I risultati sono invece meno netti per quanto riguarda:

  • l’area geografica (Appennini vs Pianura Padana): probabilmente perché non sempre questo aspetto influisce in modo evidente sulla dieta e quindi sulla composizione del latte;
  • la quantità di concentrati nella razione: anche qui, le differenze rilevate dal latte non sono state abbastanza marcate.

Infine, il benessere animale, valutato con i punteggi Classyfarm, non è risultato facilmente rilevabile attraverso il MIR. Le performance del modello in questo caso sono state deboli, simili a una classificazione casuale.

Una possibile spiegazione è che Classyfarm valuta l’intero allevamento, comprese le bovine non in lattazione, mentre il latte analizzato viene solo dalle vacche in mungitura. Inoltre, molti aspetti legati al benessere – come la socialità – non modificano direttamente la composizione chimica del latte, e quindi non possono essere “intercettati” dal MIR.

Un segnale indiretto: il legame tra strutture, investimenti e latte

Tra i diversi aspetti indagati, quello legato alle strutture e attrezzature aziendali (area B del sistema Classyfarm) ha mostrato una certa correlazione con la composizione del latte, osservabile attraverso il MIR. In particolare, le aziende definite “moderne” – più grandi, con maggiori risorse tecniche e produttive – hanno ottenuto punteggi strutturali più elevati e sono state anche quelle il cui latte ha mostrato caratteristiche più distintive nel modello.

Non si tratta di un effetto diretto (come avviene ad esempio con la razza o l’alimentazione), ma di un segnale indiretto, che riflette la presenza di migliori condizioni di stalla, di organizzazione e di benessere gestionale.

Strutture migliori, infatti, possono significare una migliore gestione del clima interno, una migliore igiene e una più efficace alimentazione, tutti fattori che influenzano – anche se in modo non sempre immediato – la qualità finale del latte.

Infine, lo studio ha evidenziato che la variabilità stagionale nella composizione del latte non compromette la capacità discriminante del metodo: un elemento importante per pensare a un utilizzo su larga scala del MIR, indipendentemente dal periodo dell’anno.

Conclusioni: utile per l’autenticazione, non ancora per il benessere

Alla luce dei risultati ottenuti, è possibile avere informazioni sulle pratiche aziendali utilizzando il MIR applicato al latte di massa. Si tratta di uno strumento di facile utilizzo e già ampiamente utilizzata sul latte. Le performance della metodica sono migliori quando si hanno delle variazioni importante nella composizione del latte, generalmente derivanti dalle diverse modalità di gestione dell’allevamento. Tuttavia, quando si tratta di analizzare i parametri relativi al benessere utilizzati per il protocollo CReNBA, il MIR non sembra essere la metodica migliore perché essi si riflettono in modo debole sulla composizione del latte.

(*) ROC: Receiver Operating Characteristic, è un parametro associato alla capacità di un modello di distinguere correttamente tra due classi. La curva ROC mostra come cambia la capacità del modello di distinguere le due classi al variare della soglia; l’AUC (Area Under the Curve cioè l’area sotto la curva) è un numero tra 0 e 1 che indica quanto il modello è in grado di discriminare tra le classi. È un valore che va da 0 a 1: se corrisponde a 1, allora la separazione avviene in maniera corretta; viceversa, se corrisponde a 0,5 vuol dire che il modello separa in modo casuale.