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Che fare con questi costi di produzione?

La particolarissima situazione geopolitica che stiamo vivendo si riflette direttamente sull’equilibrio economico delle aziende zootecniche. Gli imponenti aumenti dei costi alimentari, dell’energia e dei mezzi tecnici necessari alla gestione della campagna impongono rapide e puntuali azioni per mitigarne gli effetti economici.

In azienda non è possibile incidere sugli assetti internazionali dei mercati, ma è imperativo agire per superare questi tempi difficili limitando i danni.

Il primo passo è quello di disporre dei dati descrittivi dell’azienda individuando, i punti di forza e di debolezza. L’analisi deve essere al contempo tecnica ed economica. Il secondo passo, prima di decidere il da farsi, è quello di consultare tutti coloro che, a diverso titolo, hanno un ruolo in azienda e in particolare i collaboratori, i tecnici (veterinari, nutrizionisti, agronomi, dipendenti, ecc.) e i fornitori dei mezzi tecnici. La collaborazione e il contributo costruttivo di tutti sono preziosi per scegliere.

Recuperare efficienza

Ma di cosa parlare? Di ciò che si fa quotidianamente, in maniera critica. Porre in discussione tutte le alternative, nessuna esclusa, valutando i possibili vantaggi e svantaggi delle possibili soluzioni. Infine bisogna agire con rapidità e prudenza, ricordando che le scelte compiute oggi hanno anche conseguenze di lungo termine.

Quando le risorse sono limitate e costose è il momento di recuperare tutte le conoscenze di comprovata efficacia. I punti critici su cui agire riguardano la produzione unitaria di latte (latte/capo/munto) e di alimenti aziendali (quantità di prodotto/ettaro coltivato), l’attenta gestione delle scorte aziendali e degli acquisti di farmaci, dei mangimi e dei mezzi tecnici, l’organizzazione del lavoro.

Il filo conduttore da seguire è quello di recuperare efficienza. Essere più efficienti significa ottenere un determinato risultato col minore impiego possibile di risorse: facile a dirsi, difficile da realizzare, ma non impossibile.

Per farlo serve porsi una prima semplice domanda: quanti animali servono per produrre la quantità di latte prefissata?

Nel sito Anafibj è pubblicata un’interessante classifica dei migliori 50 allevamenti italiani ordinati in funzione della quantità di latte prodotta per capo presente in stalla (tabella 1). La stalla è un’unità produttiva ove vacche in lattazione, in asciutta, manze e vitelle devono essere considerate complessivamente.

Qual è la nostra situazione?

Un numero eccessivo di vacche asciutte e manze può erodere significativamente il reddito annuale. Per modificare gli equilibri aziendali serve tempo ma è determinante cominciare il prima possibile a correggere la rotta. Serve equilibrio. E il discorso va allargato anche alla gestione della campagna che deve assicurare, oltre allo smaltimento (o valorizzazione?) delle deiezioni, a prezzi convenienti, la massima autosufficienza in termini di alimenti utili alla trasformazione in latte e carne.

Poi bisogna agire contemporaneamente su più fronti:

1 – eliminare il più velocemente possibile gli animali meno produttivi, ovvero che non producono reddito giornaliero e magari determinano sovraffollamento in stalla;

2 – individuare i migliori soggetti in allevamento anche attraverso l’analisi genomica;

3 – produrre con seme sessato solo vitelle figlie da questi soggetti;

4 – adottare programmi di svezzamento e accrescimento tesi al veloce inizio della produzione lattea (primo parto a 22-24 mesi) e alla massima longevità produttiva (tassi di rimonta obbligata inferiori al 28-30%);

5 – ricordare, nelle scelte genetiche, che noi produciamo formaggio; tener conto dunque della materia utile alla caseificazione.

Quali alimenti

Quanti e quali alimenti servono per produrre il mio latte? Domanda determinante. Ci impone di programmare le scelte in stalla, nei campi e di acquisto sui mercati. Se correttamente gestiti i dati relativi all’efficienza di conversione degli alimenti da parte delle vacche in lattazione e della mandria totale consentono di agire limitando gli effetti negativi delle emergenze e ottimizzando l’uso delle risorse.

Come si valuta l’efficienza di conversione degli alimenti? Dividendo la quantità di latte consegnato al caseificio per la quantità di sostanza secca complessivamente utilizzata. Il calcolo si può fare considerando le sole vacche in lattazione, ma è meglio se sono inclusi anche gli animali “improduttivi”.

Ma anche l’efficienza nella produzione degli alimenti aziendali, foraggi in particolare, è di fondamentale importanza per essere meno esposti alla volatilità dei mercati.

In particolare, i foraggi di qualità consentono di:

a) aumentare la produzione individuale di latte;

b) ridurre la dipendenza dall’acquisto e uso di alimenti dall’esterno;

c) contenere l’incidenza di molte patologie.

La qualità dei foraggi comprende diversi aspetti sempre meglio conosciuti. La qualità utile alle bovine in lattazione non è la stessa di quella richiesta per le asciutte, per le bovine in transizione, per le manze e le vitelle. Utile quindi programmare la raccolta e lo stoccaggio nei fienili in funzione delle diverse finalità d’uso.

Agronomi e nutrizionisti

La produzione di fieni e alimenti per ettaro può essere migliorata? Cosa è necessario fare? Il supporto degli agronomi è determinante! E anche quella dei nutrizionisti, per riesaminare le scelte di razionamento.

Ad esempio ridurre i titoli proteici delle razioni (entro il 15% sulla sostanza secca) massimizzando l’impiego dei fieni di medica, consente di contenere gli acquisti degli alimenti proteici dal mercato.

L’apporto di energia dipende da quanto e cosa riescono a ingerire le bovine. Il tema è importante in particolare per le fasi di transizione e iniziali della lattazione (primi 120 giorni circa).

Ricordiamo come la trinciatura fine dei foraggi (lunghezza compresa fra 1,5 e 2,5 cm) possa aumentare l’ingestione fino al 10%. Ciò significa, fra l’altro, poter utilizzare più foraggi in razione.

Anche la disponibilità di foraggio “lungo” migliora l’efficienza produttiva. Nel tempo in cui tutti i mangimi costano dal 50 al 100% in più rispetto a pochi mesi fa, è imperativo chiedersi quanto convenga utilizzarli. Le maggiori risposte all’uso dei mangimi si osserva nelle prime fasi della lattazione mentre, indicativamente, dopo il 4-5° mese dal parto la risposta marginale diminuisce ed è influenzata dallo stato di ingrassamento delle bovine.

In tal senso è utile pensare ad una gestione alimentare differenziata per i diversi gruppi.

Anche l’uso degli additivi deve essere attentamente valutato considerando con attenzione il rapporto fra beneficio (atteso) e costo (certo).

Infine, in questi tempi difficili, deve essere ripensato l’uso dei coprodotti industriali ammessi dal regolamento (cruscami e farinaccio di grano, polpe di bietola, semola glutinata, buccette di soia, ecc.) per risparmiare sull’impiego di cereali e soia.

Andrea Formigoni

Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie – Università di Bologna