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Il marketing del Parmigiano Reggiano nasce nelle stalle

Intervista a Carlo Mangini, Direttore Marketing, Trade Marketing e Sviluppo Commerciale del Consorzio Parmigiano Reggiano.

Ciò che avviene nelle stalle è fondamentale per la generazione di quel valore che rende il Parmigiano Reggiano un caso unico al mondo. A dirlo questa volta non è un nutrizionista, o un buiatra, o un agronomo. Lo dice un uomo di marketing, perché il benessere animale, il ridotto consumo di antibiotici, il legame con i foraggi e con il territorio, stanno alla base della forza narrativa di chi propone il Parmigiano Reggiano al consumatore. Che compra non solo facendo considerazioni economiche, ma, sempre di più, considerando anche il processo produttivo di un dato bene e preferendo quello di cui ne condivide i valori. Ne parliamo – e oggi giochiamo in casa – con Carlo Mangini, Direttore Marketing, Trade Marketing e Sviluppo Commerciale del Consorzio Parmigiano Reggiano.

Dr. Mangini, quanto “pesa” nel determinare il valore di un formaggio come il Parmigiano Reggiano (e per la possibilità di tenere elevati prezzi e volumi) quello che succede nelle stalle in cui viene prodotto il latte?

La nostra filiera deve poter garantire a tutti i suoi protagonisti, dagli allevatori ai caseifici, dagli stagionatori ai confezionatori, dai distributori finali alle famiglie consumatrici, il corretto valore aggiunto. Tutto, naturalmente, origina dall’agricoltura. Dalla terra di produzione dei foraggi destinati, nel rispetto del disciplinare, alla alimentazione delle vacche che producono il latte destinato ai nostri caseifici. Ciò che avviene nelle stalle, quindi, è fondamentale per la generazione di quel valore. I prezzi devono remunerare i sacrifici di tutti e garantire la crescita delle imprese, e gli investimenti necessari perché siano sempre più efficienti e sostenibili secondo quanto condiviso nel Brand Manifesto del Parmigiano Reggiano: un patto con il consumatore che deve essere mantenuto in ogni azione finalizzata alla produzione del Parmigiano Reggiano.

Per il consumatore il sistema di allevamento è qualcosa di accessorio che si somma all’eccellenza organolettica e nutrizionale del formaggio o è percepito esso stesso come una parte integrante di quel valore organolettico e nutrizionale?

È parte integrante. Oggi ogni decisione di acquisto, ed ancor di più nel prossimo futuro, è una decisione non solo economica, ma politica. Si devono condividere i valori che quel produttore, quella filiera, quella “marca” ha assunto come pilastri irrinunciabili del suo impegno e adeguata risposta alla assunzione della responsabilità sociale dell’impresa. Oggi includiamo, non persuadiamo, e questo tema è centrale nella nostra comunicazione.

A proposito di sensibilità del consumatore: ci sono sicuramente caratteristiche dell’allevamento (e anche nel panorama delle stalle da Parmigiano Reggiano) meglio spendibili in termini di marketing e altre più penalizzanti. Come ci si comporta?

Non dobbiamo avere timore di affrontare temi “delicati” ed esposti più di altri alla pubblica opinione e su ogni caratteristica dobbiamo stabilire la nostra “impronta” e impegnarci per migliorarla. Per questa ragione nel nostro Brand Manifesto abbiamo elaborato nei 5 pilastri i confini sui quali ci saremmo impegnati, in aree così ampie come la Comunità, l’Ambiente, il Territorio, il Benessere Animale e il Benessere Umano.

Ricordo bene i timori che affrontammo quando avviammo, assegnandone la priorità temporale su altri progetti, il tema del Benessere Animale. Ma fu un percorso lineare, avviato con un preciso censimento della situazione da cui partivamo per dotarci di un “cruscotto di misurazione” che avrebbe tracciato il miglioramento a cui tendere. E così è stato.

C’è differenza tra il mercato nazionale ed estero nella sensibilità a queste tematiche?

I valori sono sostanzialmente comuni, la rilevanza invece è diversa.

Le ricerche commissionate hanno fornito questo quadro, occorre quindi, anche nelle relazioni pubbliche internazionali, far riferimento a “mappe” distinte da Paese a Paese. Ma questo non deve condizionare il palinsesto progettuale, occorrerà solo comunicare sui vari Paesi in maniera adeguata rispetto alle diverse sensibilità. E comunicare il vero. Contrastando luoghi comuni e percezioni sbagliate della verità.

Il sistema Parmigiano Reggiano è anche un formidabile fattore di crescita economica e di opportunità di lavoro per un territorio che, specialmente nella sua parte montana, avrebbe poche alternative. Questo ruolo sociale ha un suo proprio valore di marketing?

È centrale. Comunità, Territorio, Ambiente trovano, nell’esemplificazione della produzione montana, una sede perfetta per poter comunicare l’eccellenza di questa offerta.

Il consumatore attribuisce a questo segmento un valore aggiunto, ma vuole avere garanzie che quel valore vada in una direzione condivisa e comunicata. Questo spetta a noi farlo, senza alcun indugio e con chiarezza.

L’allevamento animale inteso come modalità di produzione di alimenti è sotto attacco crescente da parte di centrali di pensiero che ritengono non etico l’allevamento. Come si contrasta questa narrazione? Migliorando il racconto o migliorando l’allevamento?

Entrambe le leve devono essere utilizzate. Promuovendo la verità (in contrasto con i luoghi comuni o le verità parallele, come nel caso delle emissioni), e tracciando i miglioramenti nei processi (centrale il Benessere Animale, ma anche l’efficientamento delle capacità produttive).

Tracciare significa poter misurare e quindi comunicare il rispetto degli impegni assunti con il consumatore. La comunicazione (non la pubblicità…) deve essere dotata di quei contenuti per poter efficacemente orientare la sua narrazione della verità.

Se a migliorare il racconto ci pensa il marketing, migliorare l’allevamento è compito di veterinari, agronomi, zootecnici. Ed è un settore in cui il Consorzio è sempre più impegnato con numerose iniziative, bandi, personale tecnico dedicato, comunicazione mirata ai produttori. Questo impegno, oltre a portare a una crescita tecnica e di consapevolezza tra i produttori di latte, ha una suo valore anche di marketing? Come dire: caro consumatore, vogliamo essere eccellenti anche nelle stalle, abbiamo individuato un percorso e lo stiamo percorrendo seriamente…

Questo percorso di miglioramento è un punto di partenza da non nascondere, per porsi obiettivi di miglioramento dentro quel patto con il consumatore.

Non ci sono alternative alla verità nelle filiere nobili come la nostra. Non dobbiamo temere nulla se ci basiamo sulla realtà dei fatti e sulla capacità di esprimere in maniera trasparente quali risultati si intendano raggiungere.

Il “bando Benessere” è servito per dimostrare che su un tema così delicato avevamo le capacità (risorse umane e finanziarie) per avviare un percorso che avrebbe creato un precedente importante non solo su altre progettualità (ad esempio la mappatura dell’impronta ambientale, ma non solo), ma anche per altre filiere e altri Consorzi.

Sempre più le scelte di consumo saranno “responsabili e consapevoli”, abbiamo affermato in precedenza che possono definirsi “politiche”, e dotarci di strumenti per rendere noto e trasparente l’impegno della filiera per valorizzare la nostra marca è non solo necessario, ma obbligatorio per difendere un vantaggio competitivo che potrà garantire la remunerazione di tutti gli attori della filiera.

Carlo Mangini.