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Per chi fa latte da Parmigiano Reggiano non basta “una vita da mediano”

Dire Parmigiano Reggiano non significa dire solo formaggio. Quando il brand è così famoso – e quello del Parmigiano Reggiano lo è, in Italia e nel mondo – oltre al prodotto in sé c’è anche un mondo di sensazioni che al formaggio sono legate, ma che spaziano verso orizzonti più ampi e sofisticati.

Quegli orizzonti che rendono una marca non più una semplice marca, ma un brand. O, nel nostro caso, un top brand.

Se questo è un fatto estremamente positivo per tutta la filiera, perché assicura un posizionamento nell’alta classifica del valore, è fondamentale capire che una vita da top brand, anche a livello di produzione primaria, non può essere una vita come tutti gli altri produttori di latte da formaggio. Per prodotti “normali” può forse bastare fare “una vita da mediano”, per citare Ligabue: fare cioè quanto prescritto, stare nella media, pedalare nel gruppo.

Chi produce latte per Parmigiano Reggiano però, proprio perché è il primo anello di una catena che produce eccellenza e valore proprio in virtù dell’essere parte di un top brand, deve sapere che qualunque sua azione avrà un peso speciale, amplificato proprio dalla lente del brand. Lo avrà nel positivo e, soprattutto, nel negativo. Con le mille amplificazioni che il sistema dei social permette.

Per questo produrre latte da Parmigiano Reggiano richiede un’eccellenza di approccio fin dalla stalla, che va oltre la normativa e le sue indicazioni. Riguarda la gestione degli animali, le strutture, il benessere animale, il minimo consumo di antibiotici, le modalità di produzione foraggera e di alimentazione della mandria, il modo di gestire il rapporto madre-vitello, la possibilità di avere aree di pascolo funzionale, financo la stessa immagine dell’allevatore e della sua azienda, quella reale e quella social. Si può fare “una vita da mediano” se si fa un latte generico, per un formaggio generico, ma se si fa latte da top brand non basta più: si deve essere prime punte.

La differenza – anzi, l’eccellenza – deve esserci, si deve vedere, misurare e comunicare già dalla stalla, perché ogni azione fatta in stalla ha e avrà un ruolo sempre più importante nel dare sostanza e valore al brand.

Facciamo il classico esempio della Formula Uno, per usare l’immagine di un’altra eccellenza.

Se alla sosta ai box per il cambio gomme della Ferrari ci fosse una pattuglia di onesti avvitatori e non un team di fuoriclasse, le gomme si cambierebbero sicuramente, ma alla ripartenza del pilota tutti i suoi colleghi avrebbero già fatto la doccia di fine Gran Premio.