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Quale latte per una caseificazione ottimale e redditizia

Il monitoraggio della qualità del latte in entrata e in lavorazione rappresenta uno dei punti di maggiore interesse per l’industria casearia e recentemente molteplici progetti di ricerca hanno approfondito l’importanza di queste analisi nonché l’attualità di inserimento di nuovi indicatori di efficienza tecnologica del latte nei sistemi pagamento latte qualità.

La ricerca scientifica ha mostrato come sia possibile predire in routine anche le caratteristiche di abilità coagulative del latte e di acidità titolabile del latte, semplicemente a partire dal campione già attualmente analizzato per altri para- metri nell’ambito dei circuiti latte qualità e dei controlli funzionali.

Questo tipo di analisi sfrutta la tecnologia nel medio infrarosso e consente in tempo reale la predizione di molteplici altri parametri, oltre a quelli poc’anzi menzionati, quali caseina, BHB, sali minerali, acidi grassi, utilizzando sempre la medesima quantità di latte (circa 35 mL).

Inoltre, negli ultimi anni, anche molti laboratori interni ai caseifici hanno sviluppato nuovi modelli di predizione per queste caratteristiche del latte proprio nell’ottica di una gestione sempre più sostenibile della materia prima latte.

In particolare, le caratteristiche su cui si pone maggiore attenzione, accanto alle classiche caratteristiche quali grasso, proteina, caseina e cellule somatiche, sono l’acidità titolabile, la composizione delle frazioni proteiche e le caratteristiche di coagulazione del latte (milk coagulation properties – Mcp).
Tali proprietà, molto studiate nella zona del Parmigiano Reggiano, sono rappresentate:

  • dal tempo di coagulazione (Rct, o anche r, min), che indica il tempo necessario affinché il latte coaguli;
  • dalla consistenza del coagulo a 30 minuti (a30, mm), che rappresenta l’ampiezza della campana (tromboelastogramma lattodinamografico) 30 minuti dopo l’aggiunta del caglio;
  • e, infine, dal parametro k20 (tempo di rassodamento, min), che esprime il tempo che intercorre tra l’inizio della coagulazione e l’ottenimento di una campana del diametro di 20 mm nel tromboelastogramma lattodinamografico.

Per guidare il casaro

Tradizionalmente queste caratteristiche venivano misurate con il Formagraph, con notevole dispendio di manodopera e bassa produttività (che limita inevitabilmente il numero di campioni analizzabili non rendendolo utilizzabile in un contesto di controlli funzionali) e una esigenza di grande controllo della metodica per garantire ripetibilità e riproducibilità, mentre oggigiorno è possibile la loro predizione anche in routine (Milkoscan) come dimostrato in molte esperienze nazionali ed internazionali; l’accuratezza dei modelli di predizione è complessiva- mente soddisfacente ed adeguata per molti possibili utilizzi del dato.

In Figura 1 si riporta la distribuzione dei dati predetti dall’infrarosso per il tempo di coagulazione (predicted Rct) con i relativi dati misurati per l’Rct (measured Rct) utilizzando un lattodinamografo). Per questo molti progetti sono oggi in atto per implementare questi modelli di predizione nelle strumentazioni da laboratorio latte più moderne, con grandi miglioramenti della produttività e riduzione dei costi.

L’ottenimento di informazioni così interessanti a partire da un semplice campione di latte già prelevato e processato per altri scopi consente una gestione ottimale della matrice latte di partenza e può essere utile per guidare il casaro a compiere scelte ponderate (Pretto et al., 2013).
Proprio da Pretto et al. (2013) è stata chiaramente evidenziata, in condizioni di caseificazione industriale, la relazione fra resa e consistenza del coagulo a parità della composizione del latte in caldaia e della relativa acidità.

Non solo in Italia, dove l’indice di attitudine casearia (IAC) si sta rilevando da alcuni anni in centinaia di allevamenti da latte iscritti ai controlli funzionali, ma anche in altri paesi a forte vocazione lattiero-casearia, come Paesi Bassi e Irlanda, c’è stato un trend crescente negli ultimi anni da parte dell’industria per quanto riguarda la predizione delle caratteristiche qualitative e coagulative del latte con sistemi in line e on line (Visentin et al., 2017).

È stato dimostrato come anche il profilo minerale del latte sia importante per le caratteristiche di coagulazione; nell’articolo di Toffanin et al. (2015) sono stati studiati il contenuto di calcio e fosforo del latte e in generale si sono stimate correlazioni favorevoli con acidità titolabile, RCT, a30 e k20. Queste correlazioni sono supportate da evidenze scientifiche che documentano come la struttura della micella caseinica sia mantenuta aggregata grazie a “ponti” di fosfato di calcio colloidale.

Possibile predire

La conoscenza ad oggi sviluppata dimostra che è possibile predire molteplici caratteristiche tecnologiche del latte, alcune delle quali – come caratteristiche di attitudine alla coagulazione, acidità titolabile, molti sali minerali e le caseine – sono già implementante nella routine di diversi laboratori latte qualità, ma vi è la necessità di adattare i modelli di predizioni a nuove strumentazioni e alle nuove aree del paese che vorranno cogliere questa storica opportunità.

Un latte più caseificabile rappresenta un importante obiettivo da raggiungere per tutte le razze da latte, specialmente in un paese a forte vocazione casearia come l’Italia, per cui è importante orientare in modo sempre più deciso la genetica italiana in questa direzione: monitorando individualmente ogni bovina sotto controllo funzionale per le caratteristiche coagulative del latte (cosa che in alcune regioni già accade ma che deve essere estesa a tutte), sarà possibile indicizzare i tori anche per questi importanti caratteri e dare un importante contributo alla crescita della filiera del formaggio. Strumenti all’infrarosso disponibili nei laboratori latte, dotati di curve di calibrazioni specifiche, consentiranno di selezionare animali più idonei alla produzione di formaggio e perfezionare indici di selezione, come l’ICS-PR (Indice Caseificazione e Sostenibilità – Parmigiano Reggiano), oggi disponibile per gli allevatori di razza Frisona italiana, nel corso del progetto Latteco finanziato dal Piano di sviluppo rurale nazionale.

Obiettivo dell’industria lattiero-casearia ottimizzare i processi produttivi

La caseificazione del latte è un processo che coinvolge molteplici aspetti tra loro correlati: dalle caratteristiche intrinseche della materia prima latte, alla tecnologia utilizzata, alle abilità del personale di caseificio, fino alla stagionatura del formaggio. Una delle fasi più rilevanti è la coagulazione del latte in presenza di caglio, che è influenzata da innumerevoli fattori che, combinati fra loro, determinano l’ottenimento di una cagliata dalla matrice latte, che si realizza passando da una fase definita sol a una fase gel. In Italia, circa l’80% del latte prodotto viene trasformato in formaggi, sia Dop che non Dop.

Per questo motivo, uno degli obiettivi primari dell’industria lattiero-casearia è quello di ottimizzare i processi produttivi e rendere il più efficiente possibile la trasformazione del latte. La resa media per i formaggi stagionati a pasta dura è – con grande variabilità fra i diversi prodotti – pari a circa 10%; questo significa che sono necessari 10 kg di latte per ottenere 1 kg di formaggio.

Considerando questo aspetto e le quantità del latte quotidianamente lavorate negli stabilimenti di produzione, si può dedurre quanto sia importante sfruttare appieno la potenzialità della matrice di partenza e come sia possibile ridurre al minimo variazioni delle performance di resa e di qualità del prodotto finito.

A. Costa(1), M. De Marchi(1), M. Cassandro(1,2), M. Nocetti(3)

1) Dipartimento Dafnae – Università degli studi di Padova. 2) FedAna – Federazione Associazioni nazionali di razza e specie. 3) Consorzio formaggio Parmigiano Reggiano.

Bibliografia

Pretto et al., 2013. https://doi:10.1017/ S0022029912000453


Visentin et al., 2017. https://doi. org/10.3168/jds.2016-12028

Toffanin et al., 2015. http://dx.doi.or- g/10.1016/j.idairyj.2014.10.00