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Parmigiano Reggiano, filiera che parte dalla campagna

La strategia del Consorzio per i prossimi anni è di produrre localmente più alimenti per le nostre bovine grazie ad azioni tecnologiche, agronomiche, zootecniche ed organizzative che coinvolgano e coordinino tutta la filiera.

Una Dop si caratterizza per il legame con il territorio e questo legame è indubbiamente prima di tutto storico-culturale, cioè riferito alla tradizione (il Parmigiano Reggiano si fa più o meno nello stesso modo da 800 anni) che ha generato un “saper fare” molto particolare che risiede nella competenza artigianale dei casari.

Se questo è ben noto, forse meno noto è che anche il latte viene prodotto con modalità che in vari aspetti si discostano molto da quelle diffuse in altre filiere del latte, in particolare per quanto attiene all’alimentazione delle bovine.

Il nostro disciplinare impone infatti che:

  • non vengano utilizzati insilati;
  • 
la razione sia formata per più del 50% da fieno o erba;
  • il fieno provenga prevalentemente dal territorio.


Ciò ha fatto sì che nei nostri allevamenti si sviluppasse un sistema del tutto peculiare di razionamento basato su molto fieno e che perciò anche la campagna venisse coltivata a fieno piuttosto che a mais da insilare (con ciò condizionando anche tutto il paesaggio del nostro territorio).

Le microflore del territorio

Questo arricchisce il concetto di legame con il territorio di una valenza molto concreta, dato che stiamo riuscendo finalmente a dimostrare che il legame “foraggio-formaggio” è concretamente regolato dalla flora lattica mesofila tipica, che attraverso il foraggio “contamina” il latte ed è capace di governare la proteolisi che durante la stagionatura produce i tipici aromi del Parmigiano Reggiano.

Queste peculiarità delle microflore presenti nel nostro territorio non sono ovviamente innate ma plausibilmente l’esito di decenni di utilizzo di solo foraggi locali che ha fatto sì che il ciclo campagna-stalla-deiezioni-campagna selezionasse nel territorio ceppi di batteri lattici mesofili differenti da quelli presenti in altre aree in cui le deiezioni sparse in campagna provenissero da bovine alimentate a insilati.

Il foraggio

Per quanto riguarda il foraggio il nostro comprensorio è autosufficiente o quasi, ma dobbiamo ulteriormente crescere anche per sostituire una parte di mangime e dipendere meno dall’esterno per questa componente della razione. Per farlo va aumentata la produttività con miglioramenti nella genetica vegetale e nelle tecniche di fienagione, puntando decisamente, dove esistono adeguate condizioni organizzative, alla diffusione di essiccatoi (magari integrati con pannelli fotovoltaici ed impianti di biogas per ridurne il fabbisogno energetico) in grado di aumentare significativamente le produzioni da un punto di vista quantitativo oltre che, come ben noto, qualitativo.

Le granaglie

Diverso è il discorso per le granaglie, che costituiscono circa il 40% della razione delle bovine e che invece sono spesso di provenienza extra comprensoriale.
 Anche se la cosa non costituisce un problema in termini di rispetto del disciplinare (che non pone vincoli in merito), stiamo lavorando per ridurre la dipendenza dall’esterno anche per le granaglie e questo:

– per motivi di security, tanto più attuali in questo momento;

– per seguire le indicazioni del Reg 664/2014;

– per mantenere il più possibile sul territorio la ricchezza generata da una filiera ricca come è quella del Parmigiano Reggiano.

Il lavoro che stiamo facendo per perseguire questo obiettivo si articola in quattro ambiti:


– acquisizione di dati satellitari che forniscano informazioni precise sulla destinazione agronomica delle parcelle del comprensorio;

– analisi delle possibilità agronomiche di orientare in modo più diretto tale destinazione alle esigenze della nostra filiera: si può seminare qualcosa di più adatto a noi? Se il valore di un seminativo risiederà nel passare da commodity a specialty, perché non sviluppare varietà ad esempio di orzo o triticale adatte ad essere prodotte nella collina che costituisce circa un quarto del nostro comprensorio?

riesame dei criteri di razionamento funzionali a un maggiore utilizzo dei prodotti ottenibili in comprensorio: è possibile sostituire una parte del mais e della soia (di provenienza esterna) con altri alimenti (sorgo in primis)?

– promozione di accordi di filiera che la organizzino in modo ordinato e razionale così che l’agricoltore non si trovi a seminare e poi vedere a chi vendere, ma seminare per uno specifico cliente che gli dà garanzie di ritiro ad un prezzo ragionevole.

Queste azioni sono articolate in un progetto approvato nell’ambito del Piano di sviluppo rurale Emilia-Romagna.

Sorgo, grano, frumento

Nello scenario che uscirà da tale lavoro il ruolo ad esempio di sorgo, grano, frumento è destinato ad assumere sempre maggiore importanza, dato che sono colture che possono ben essere gestite nel nostro comprensorio ed essere inserite in un razionamento tipico da Parmigiano Reggiano (serve in merito un grosso lavoro di aggiornamento delle convinzioni degli allevatori che sono spesso ancorati ad abitudini ed informazioni non più attuali).

La strategia del Consorzio per i prossimi anni è di produrre localmente più alimenti per le nostre bovine grazie ad azioni tecnologiche, agronomiche, zootecniche ed organizzative che coinvolgano e coordinino tutta la filiera. Si comincia a fare Parmigiano Reggiano quando si sceglie cosa seminare.

Marco Nocetti

Servizio Produzione Primaria Consorzio formaggio Parmigiano Reggiano