Molto affollato, a conferma di un argomento la cui importanza è assai sentita in stalla, il seminario sulla mungitura di precisione del 14 marzo scorso, organizzato dal CFPR in collaborazione con Drop e svoltosi nella sede di Reggio Emilia.
Obiettivo: fare il punto sulla corretta funzionalità dell’impianto di mungitura per ridurre il rischio di mastiti in stalla e il conseguente consumo di farmaci.
Quando si parla di utilizzo degli antibiotici in un allevamento di vacche da latte, infatti, il collegamento con le patologie mammarie, e con le mastiti in particolare, è immediato. Le patologie mammarie – come ricordava Marco Nocetti, responsabile del Servizio Produzione Primaria del CFPR, nel saluto ai partecipanti e nella sintesi delle motivazioni che hanno portato il Consorzio alla organizzazione di questo seminario – sono la prima causa di utilizzo di antibiotici nell’allevamento da latte, e quindi il modo più intelligente per ridurne le quantità è fare il possibile perché ci sia il numero minore di animali che si ammalano, andando a lavorare sulla riduzione delle cause.
E un sicuro fattore predisponente le patologie mammarie è certamente il non corretto funzionamento dell’impianto di mungitura. La selezione per mammelle più resistenti e soggetti più adatti alla mungitura è una possibilità, ma la centralità del controllo dell’impianto di mungitura resta indiscussa. Ed è ciò di cui si è parlato nel seminario.
L’efficienza dell’impianto di mungitura è un pilastro per la prevenzione della mastite
La prima relazione è stata svolta da Mariano Gambina, tecnico formatosi nel Corfilac di Ragusa, a lungo negli Stati Uniti, e che ora lavora in Italia come consulente per la verifica e il controllo degli impianti di mungitura.
Sono stati davvero tanti gli spunti offerti dalla sua relazione e la complessità dell’argomento unita alla tecnicità di vari passaggi suggeriscono un riascolto della relazione, al fine di non perdere alcuna delle molte indicazioni offerte (cosa che potete fare agevolmente andando, a fondo pagina, ai video integrali di tutte le relazioni).
Una cosa, tuttavia, è chiara: l’efficienza dell’impianto di mungitura è un pilastro per la prevenzione della mastite. Mariano Gambina ha parlato di rapporto di pulsazione, di livelli di vuoto, di guaine, di forma e dimensioni del capezzolo, di risposta degli sfinteri all’azione della macchina, di corretta impostazione dello stacco automatico. Una quantità di variabili che entra in gioco ad ogni mungitura e definiscono gli effetti dell’interazione bovina-macchina.
Interazione il cui risultato è reso più problematico, in termini di salute della mammella, dalla variabilità della mandria, dall’usura dei componenti, dal venir meno per tanti motivi delle condizioni ideali di vuoto e di corretta alternanza tra fasi di vuoto e di massaggio del capezzolo. Tutti aspetti che hanno un peso diretto sull’insorgere di una mastite.
Come ha ricordato Mariano Gambina un rapporto di mungitura inadeguato può aumentare da 5 a 20 volte il rischio mastite. Una fase di massaggio troppo corta lo raddoppia. La questione è complicata poi dalla oggettiva difficoltà ad avere a livello di gruppo di mungitura, e quindi di capezzoli, i parametri ottimali di vuoto di cui la bovina necessiterebbe per una mungitura senza problemi. A volte – e non di rado – si munge in situazioni critiche senza rendersene conto, per la differenza tra i valori di vuoto supposti e quelli reali.
Ma quale è il livello di vuoto ottimale? La domanda è comune e frequente, ha ricordato Mariano Gambina, ma non c’è risposta unica. I valori di vuoto ottimali per ogni mandria sono determinabili, infatti, in base a test sugli animali, cercando il giusto compromesso tra velocità di estrazione del latte e salute della mammella, valutando le caratteristiche del gruppo (ad esempio il peso dei porta-guaina o il volume del collettore), quelle delle guaine utilizzate, la dimensione dei capezzoli, la quantità di latte prodotto durante la mungitura.
È quindi un valore che va cercato, trovato (e mantenuto) per ogni azienda, posto comunque che la macchina deve poter garantire un livello di vuoto sotto il capezzolo compreso tra 40,0 kPa e 42,0 kPa.
Questo significa che il settaggio di un impianto di mungitura è un lavoro sartoriale, su misura per ogni allevamento, e va continuamente verificato e controllato.
Cosa si può fare con la selezione
Con la seconda relazione Maurizio Marusi, coordinatore tecnico di ANAFIBJ, ha offerto un quadro dettagliato degli strumenti selettivi a disposizione per l’allevatore per migliorare sanità e attitudine alla mungitura della bovina.
Un primo indice da considerare è sicuramente l’Indice Mungibilità, correlato alla velocità di emissione del latte. È un dato importante per l’efficienza della mungitura e può essere un primo elemento da valutare, ma senza eccedere nella ricerca di tori particolarmente estremi a mungibilità, essendo questo fattore correlato con il contenuto in cellule somatiche, per cui all’aumentare della prima aumentano anche le seconde. La mungibilità quindi non può essere l’unico criterio di selezione da considerare, ma va associato a indici composti che tengono in considerazione più aspetti legati a mammella e mungitura. L’ICM (Indice Composto Mammella) è lo storico indice che ha questo obiettivo, e gli aggiustamenti apportati recentemente sono volti alla correzione di alcuni aspetti negativi emersi negli ultimi anni che sono di ostacolo alla corretta mungitura, come i capezzoli troppo corti o i capezzoli posteriori troppo incrociati a livello del quarto.
Accanto all’ICM – ha continuato Maurizio Marusi – sono stati sviluppati successivamente da ANAFIBJ altri indici composti. Il crescere di importanza dei robot (ma l’esigenza è sentita anche per impianti di mungitura meccanizzata di grandi dimensioni) ha portato allo sviluppo dell’IMA (Indice Mungitura Automatizzata) che valuta l’attitudine alla mungitura automatizzata.
Un indice da utilizzare in seconda battuta, per valutare alla luce di esso il gruppo di tori che meglio soddisfano l’indice di selezione generale adottato, come potrebbe essere l’ICS-PR per mandrie da Parmigiano Reggiano, e preferendo quei tori che meglio si posizionano per IMA.
Centrando così l’obiettivo di avere vacche non solo più vocate alla produzione di materia utile per fare formaggio (grazie all’ICS-PR) ma anche bovine che meglio si comporteranno alla mungitura automatizzata.
Allargando il discorso oltre gli indici specificamente rivolti alla mungitura, Maurizio Marusi ha poi parlato di quelli legati alla salute della mammella. Ad esempio l’Indice Cellule Somatiche, sviluppato ormai da molti anni e che ha permesso un indubbio miglioramento nelle stalle dove è stato applicato.
Accanto a questo indice, da un paio d’anni, e il lavoro di sviluppo è ancora in corso, ne è stato sviluppato un altro più focalizzato sulla mastite e sulla possibilità di individuare quei tori la cui progenie è meno soggetta a questa infezione.
È l’MST (Indice Salute Mammella) per la cui messa a punto sono stati adottati indicatori correlati alla probabilità di insorgenza di mastite clinica come la media delle cellule somatiche nella prima fase di lattazione (tra 5 e 150 giorni); la deviazione standard delle cellule somatiche nella lattazione; il numero di controlli funzionali con contenuto di cellule somatiche superiore a 400mila all’interno della stessa lattazione; il numero di picchi di cellule nella lattazione.
In conclusione
La genetica offre quindi strumenti di miglioramento importanti. Certo non si può pensare che la selezione possa ovviare al danno che provoca nella mandria un impianto di mungitura non correttamente tarato o malfunzionante, come le spiegazioni di Mariano Gambina in precedenza hanno efficacemente chiarito.
Ciò non riduce tuttavia l’importanza di sfruttare appieno la ricchezza di questi indici di selezione che effettivamente, laddove applicati, hanno dimostrato di migliorare la salute della mammella e anche le sue caratteristiche di mungibilità.
Il che ci riporta alle considerazioni iniziali: bovine con mammelle sane e resistenti, munte con routine corrette in impianti di mungitura adeguatamente configurati, sono quelle che resteranno di più in stalla, richiederanno meno farmaci e saranno più sostenibili, rispondendo al meglio a ciò che chiede il consumatore.
Lo sforzo di mantenere alto il valore di un formaggio come il Parmigiano Reggiano passa da tanti aspetti, ma tra questi sicuramente anche dal corretto funzionamento della mungitrice.
Di seguito tutte le relazioni e in dibattito finale👇🏻