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Uno sguardo al rischio aflatossine (e a cosa chiede il Consorzio ai mangimisti dell’Albo)

Gli eventi meteo avversi dell’estate hanno accresciuto il pericolo aflatossine nelle produzioni agricole, mais in particolare, e quindi il rischio di una loro maggiore presenza negli alimenti zootecnici. Un rischio da non sottovalutare e per il quale la politica di controlli del Consorzio sui fornitori di mangimi aderenti all’Albo mangimisti è particolarmente severa, a tutela del consumatore, della sanità delle bovine e dell’immagine del prodotto finito. 

L’impiego del mais come pianta intera, trinciato e insilato, e delle diverse parti botaniche è diffuso nell’alimentazione dei bovini da latte e da carne e dei piccoli ruminanti, dove costituisce un alimento di grande interesse nutrizionale per le sue caratteristiche di elevata appetibilità e buona digeribilità, oltre che di basso costo. La granella di mais, in diverse forme fisiche (intera, farina, fioccata, estrusa ecc.) rappresenta invece la fonte energetica per eccellenza delle diete ed è ampiamente diffusa sia nei monogastrici (suini, avicoli ecc.) che nei ruminanti (1).

La granella di mais, come noto, è soggetta all’attacco di funghi tossigeni, in grado cioè di produrre micotossine pericolose per la salute sia dell’uomo sia degli animali. Tra le micotossine in grado di contaminare le cariossidi vi sono le aflatossine, prodotte da funghi appartenenti al genere Aspergillus, la cui soglia di contaminazione della granella per l’alimentazione degli animali da latte è di 5 ppb. 

Le problematiche relative alla presenza delle micotossine nel mais destinato all’alimentazione zootecnica devono essere considerate da due diversi punti di vista:

a) la salute e il benessere degli animali in produzione appartenenti alle differenti specie e categorie;

b) la tutela dei consumatori per quanto riguarda la sicurezza nel consumo di alimenti di origine animale (nonché quella degli operatori addetti alla manipolazione dei mangimi) (1).

Per quanto riguarda il primo aspetto, l’aflatossicosi nei bovini è accompagnata da calo della produzione lattea, diminuzione dell’attività ruminale con conseguenti difficoltà nell’eliminazione dell’aflatossina B1, che si accumula nel rumine e i suoi metaboliti possono essere escreti per diversi giorni dopo l’eliminazione dell’alimento contaminato. 

Aflatossine e intossicazioni nell’uomo

Negli anni, nel mondo sono stati riportati casi di aflatossicosi acuta nell’uomo legata al consumo di mais altamente contaminato. Le manifestazioni cliniche dell’intossicazione acuta sono state vomito, dolore addominale, edema polmonare, necrosi, infiltrazione lipidica del fegato fino alla morte (come accaduto in Kenya nel 2014). In Nord Italia è stato segnalato un caso di intossicazione da aflatossine accompagnata da sintomatologia acuta in una donna di 38 anni, la cui alimentazione era prevalentemente costituita da carne bovina proveniente da animali alimentati con mangimi contaminati a livelli superiori al limite massimo stabilito.  

L’assunzione cronica di aflatossine è altamente correlata allo sviluppo del carcinoma epatocellulare che è una delle maggiori cause di morbilità e mortalità da cancro in molte parti del mondo. (IARC, 2002). 

L’esposizione dell’uomo alle aflatossine può avvenire per via diretta o tramite l’ingestione di cibo contaminato. L’esposizione di tipo diretto avviene tramite l’inalazione di polveri generate durante il maneggiamento e la lavorazione di colture e mangimi contaminati. Agricoltori e operatori del settore agricolo sono quindi le classi lavorative prevalentemente a rischio.

Per l’uomo, l’assunzione di aflatossine con la dieta è la principale fonte di esposizione di tipo non occupazionale. L’uomo può assumere aflatossine direttamente tramite il consumo di prodotti vegetali contaminati o tramite il consumo di prodotti di origine animale derivanti da animali che hanno assunto aflatossine con la dieta (carry over). (2)

Nel caso specifico della aflatossina M1 nel latte, il carry over raggiunge valori variabili dall’1 al 3%. Esiste tuttavia un’elevata variabilità individuale e di razza. Dal punto di vista pratico, per stimare il trasferimento di aflatossina M1 in un’intera mandria si utilizza l’equazione: 

aflatossina M1 (ng/kg di latte) = 1,19 x Aflatossina B1(μg/capo/d) +1,9.

Secondo questa equazione con un’ingestione di aflatossina B1 superiore a 40 μg/capo/d, si possono superare i limiti di legge di M1 nel latte pari a 0,05 μg/kg .

Limiti e controlli: cosa chiede il Consorzio del Parmigiano Reggiano

Ad oggi la Comunità europea ha stabilito dei limiti per il tenore di micotossina B1 nel mais e derivati, pari a 20 ppb e 5 ppb nei mangimi zootecnici e di 50 ppt di M1 nel latte. Per il latte destinato all’infanzia il limite è di 25 ppt.

Alla luce delle conoscenze scientifiche, il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha stabilito nella Convenzione per i mangimifici aderenti all’Albo dei Mangimifici, sin dal XXX dei limiti più restrittivi rispetto a quelli previsti dalla normativa cogente; i mangimifici che pertanto decidono di aderire volontariamente all’Albo, si sono dotati di procedure rigorose volte a garantire tali limiti, che ad oggi sono fissati in 3 ppb sul mangime destinato agli allevamenti.

Il rispetto di tale requisiti ha richiesto e richiede una rigorosa selezione dei fornitori di mangimi; i mangimifici si sono dotati di procedure volte a selezionare fornitori affidabili che garantiscano materie prime con tenori di micotossine ben al di sotto dei limiti di legge e provenienti da areali a basso rischio di contaminazione da micotossine. 

All’arrivo in azienda il mais viene sottoposto a minuziosi controlli analitici: su ogni partita in arrivo sono eseguiti numerosi campionamenti per garantire una “fotografia” quanto più attendibile della merce in arrivo e i campioni prelevati vengono sottoposta ad analisi; solo se l’esito analitico dà risultato conforme, la merce viene scaricata e destinata alla filiera PR. Per il mais destinato ai mangimi per vacche da latte da Parmigiano Reggiano, tutte le aziende prevedono nei loro piani di autocontrollo un tenore massimo di 5 ppb (la maggior parte delle aziende 3 ppb), molto inferiore a quanto prevede la legge e cioè 20 ppb. 

La granella risultata conforme viene poi stoccata in appositi sili che saranno destinati ai mangimi Parmigiano Reggiano. I sili di stoccaggio sono mantenuti puliti e sanificati e sono sottoposti a frequenti svuotamenti; si tratta di una buona pratica per prevenire che la contaminazione e moltiplicazione fungina si verifichi durante la conservazione del prodotto. 

Altri controlli analitici vengono eseguiti sul mangime pronto per essere spedito: si tratta di controlli volti a confermare la bontà del processo a monte e che assicurano ragionevolmente che i mangimi destinati agli allevamenti abbiano un contenuto  in aflatossine inferire ai 3 ppb, un limite, come dicevamo, più rispettivo rispetto alla normativa cogente che ammette una contaminazione da aflatossina B1 sui mangimi fino a 5 ppb.

Le procedure di autocontrollo adottate dalle aziende mangimistiche aderenti all’Albo, sono verificate periodicamente dal Consorzio tramite controlli analitici eseguiti sui mangimi prodotti e consegnati all’allevatore e attraversi audit presso i mangimifici.

L’efficacia delle procedure adottate dagli aderenti all’Albo nel ridurre il contenuto di aflatossine nei mangimi PR si evince anche da uno studio pubblicato dall’Università di Bologna dal quale emerge che nel 2013, su 29 mangimi prodotti dalle aziende aderenti all’Albo, 28 presentavano tenori di aflatossina inferiore a 2 ppb, nel 2014 su 41 campioni analizzati il tenore di aflatossina B1, era inferiore a 2ppb nel 34,1% dei campioni e compreso tra 2-3  ppb nei restanti casi (3); i controlli analitici eseguiti dal 2015 al 2021, hanno evidenziato un ulteriori miglioramento per quanto riguarda il livello di contaminazione da aflatossina nei campioni di mais e  mais e, di conseguenza, nei mangimi.

Barbara Ricci

Biologa – Responsabile controlli ai mangimifici aderenti all’Albo mangimisti.

Bibliografia:

Bibliografia:

1. Lucia Bailoni,2012. :5Micotossine nel mais utilizzato nell’alimentazione zootecnica: trasferimento ai prodotti di origine animale, pag 73-80. Veneto agricoltura.291lume 5:5291

2. G.Marchetti et al., 2013. Rassegna sulla presenza di aflatossine in alimenti e mangimi, pag.481-487, Tecnica Molitoria . Rassegna sulla presenza

3. G. Canestrari et al., 2016. ;Aflatoxin B1 risk managementin Parmigiano Reggiano dairy cow feed. Italian Journal of Food Safety 2016; 5:5291.