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Un elevato conteggio delle cellule somatiche nel latte deprime le rese casearie

Da tempo siamo abituati a trovare il conteggio delle cellule somatiche (CCS) tra i parametri delle analisi del latte sia del pagamento a qualità che dell’autocontrollo del caseificio. Sappiamo che il CCS cresce durante il processo di infiammazione della ghiandola mammaria a seguito di un’infezione batterica, ma non tutti hanno chiaro che tale risposta infiammatoria è caratterizzata anche dal trasferimento di alcuni componenti del sangue al latte, da una diminuzione dell’attività secretoria (con conseguente riduzione della produzione di latte) e da alterazioni nella composizione chimica del latte e delle sue proprietà fisicochimiche.

Per questi motivi la letteratura scientifica internazionale è concorde sull’effetto negativo di un elevato CCS anche sulla sua resa in formaggio, dato che diverse motivazioni possono giustificare tali effetti:

  • un elevato CCS nel latte è associato ad un’alterazione della composizione del latte che presenta di solito valori inferiori di caseina (per una diminuzione della sua secrezione) e (talvolta) anche di grasso nel latte. Trattandosi delle due componenti più importanti che determinano la resa in formaggio, già questo può spiegare le rese più basse;
  • nel latte con elevato contenuto di cellule somatiche la caseina risulta presente in peggiori condizioni in quanto parzialmente idrolizzata dall’enzima plasmina e dagli altri enzimi rilasciati dai globuli bianchi (i latti con elevati CCS sono associati ad un significativo aumento dell’attività di tali enzimi) e di conseguenza parte delle caseine si perdono nel siero come proteoso-peptoni (prodotti della degradazione della beta-caseina da parte della plasmina) o come altri peptidi solubili;
  • nella trasformazione del latte a formaggio le micelle di caseina si aggregano per formare un reticolo che intrappola la fase sierosa ed i globuli di grasso: il latte con elevate cellule somatiche presenta un marcato peggioramento delle proprietà di coagulazione, dando luogo ad un reticolo caseinico con scadenti caratteristiche reologiche e ciò può avere una influenza sull’efficienza di incorporazione dei componenti in questo reticolo (anche a motivo dell’alterazione dell’acidità collegata all’aumento dei coluri nel latte con elevato CCS) oltre che sulla fase di retrazione del coagulo, con rischi di ristagni di umidità nella pasta e conseguenti difetti;
  • caseificando un latte con un più elevato contenuto di cellule somatiche i granuli di cagliata risultano di dimensioni molto eterogenee, con quelli più piccoli che manifestano una eccessiva “sensibilità” al “fuoco”, non si asciugano in modo adeguato e perdono pertanto la loro capacità di coesione, restando nel siero e contribuendo a determinare una minore efficienza di resa della trasformazione casearia.

L’entità del calo delle rese

Ora, un recente lavoro svolto dall’Università di Parma ha valutato in modo sperimentale l’entità di tali perdite di resa all’aumentare delle cellule somatiche del latte in condizioni di campo, ovvero in caseificio, nella produzione del Parmigiano Reggiano.

La ricerca ha suggerito che vi è stata una significativa diminuzione nella resa a 24h già quando il valore era superiore a 300mila cellule/mL (quindi prima che il latte raggiunga il limite legale di 400mila cellule/mL) e che la differenza di resa osservata può essere rilevante per il profitto di un caseificio: assumendo le condizioni standard di produzione del formaggio Parmigiano-Reggiano (1.100 kg di latte trasformato, 15% di perdita di peso del formaggio durante una stagionatura di 24 mesi) e un prezzo di 9,76 euro/kg per il formaggio 24 mesi, secondo la resa osservata in questo studio, è possibile stimare una diminuzione dell’utile di 46 euro a caldaia per una caseificazione effettuata con latte con CCS nell’intervallo 300mila-400mila cellule/mL rispetto ad una effettuata con latte con CCS inferiore a 300mila cellule/mL.

Questo non vuol dire che al di sotto di 300mila cellule non si possano avere delle perdite in resa casearia, anche se si è visto che in tali condizioni l’indicazione fornita dal contenuto in cellule somatiche non è sempre così chiara, dato che a questi livelli le cellule somatiche non sembrano più essere un valido ed esaustivo indicatore dello stato di alterazione del latte, motivo per cui la ricerca sta lavorando per trovare nuovi indicatori della attitudine del latte ad essere trasformato in formaggio Parmigiano Reggiano.

In conclusione, l’aumento del contenuto di cellule somatiche del latte è da mettere in relazione con una diminuzione della resa in formaggio e della qualità di questo: la prima è la conseguenza sia di una riduzione della caseina del latte che del minore recupero del grasso nel formaggio mentre la seconda deriva da un peggioramento della coagulazione della caseina. Per questo il contenimento delle cellule somatiche nel latte non è solo un’imprescindibile esigenza di tipo sanitario ma anche un importante obiettivo economico, specialmente per il produttore di latte da Parmigiano Reggiano.

Andrea Summer

Università degli Studi di Parma, Dipartimento di Scienze Medico-Veterinarie