Intervista a Richard Echeverri Erk (seconda parte)
“In tanti anni in cui mi occupo di mastiti ho capito una cosa: l’importanza del benessere animale”. Così, in estrema sintesi, diceva nella prima parte di questa intervista Richard Echeverri Erk medico veterinario colombo-tedesco con una lunga attività nel campo del controllo e della prevenzione delle mastiti.
Continuiamo ora la chiacchierata, che riserva ancora più di uno spunto interessante, in materia di metodo di lavoro, di mungitura e di mungitori.
Richard, quale è il tuo metodo di lavoro quando ti chiamano per un problema di mastiti in una stalla?
In queste situazioni la prima cosa che faccio è girare a lungo nell’allevamento, guardare, osservare con attenzione ogni dettaglio. Voglio capire in che ambiente vivono le vacche, quale è lo score dell’igiene, come sono le cuccette. In particolare mi focalizzo sulla zona di asciutta e poi su quella della transizione.
È in questa fase, mediamente tre settimane prima e tre settimane dopo il parto, che si concentrano i rischi maggiori. Fatto il giro della stalla entro in sala di mungitura e osservo come si lavora, i protocolli seguiti, il clima che si respira, l’atteggiamento dei mungitori tra loro, verso le bovine, con il titolare.
A questo punto – e in genere mi sono già fatto un’idea su quello che potrebbe esserci che non va – si entra in ufficio e con allevatore e capostalla si guardano i tabulati, le vacche trattate, le analisi di laboratorio effettuate, gli animali problema. Quindi cominciamo a predisporre uno schema di soluzione che però prevede sempre, innanzitutto, di rimediare ai punti deboli rilevati nelle strutture, nella gestione, nelle prassi di mungitura. E posso dire che molte volte basta questo per ridurre di molto il problema, a volte addirittura risolverlo. Non solo. In genere migliora anche tutto il resto. Solo a questo punto si comincia a parlare di farmaci.
Un approccio che punta molto sulla prevenzione quindi…
Io credo che quando dobbiamo trattare una vacca per una mastite certifichiamo un fallimento, nel senso che siamo arrivati in ritardo. La miglior situazione è quella dove possiamo individuare ed eliminare le potenziali cause di infezioni mammarie, quindi agendo fondamentalmente sulla prevenzione.
Certo, in passato non era così. L’approccio tipico veterinario era prettamente curativo: c’era la mastite, si curava, senza stare troppo a ragionare sulle cause e su come si potesse prevenire il problema, capendo e lavorando sulla catena dell’infezione. È un approccio molto simile a quello delle zoppie: anche per loro ci sono cause multifattoriali su cui si deve lavorare. È come un puzzle, fatto di tanti pezzetti: spesso la soluzione è trovare la tessera debole che fa saltare tutto il resto.
Ora vedo però che una mentalità di prevenzione è molto più presente, anche per la necessità di ridurre l’uso degli antibiotici. Ciò è molto positivo, perché se non si lavora sulla prevenzione è tutto inutile.
Nella prevenzione c’è anche una buona formazione del personale, in particolare dei mungitori?
Sicuramente. Per avere latte di qualità si deve far diventare la mungitura un lavoro di qualità. E questo passa, inevitabilmente, dal lavoro dei mungitori. Le regole sono: comunicare, spiegare, motivare. Non basta dare ordini o dire sommariamente quel che va fatto, specialmente se è un cambiamento del modo di lavorare rispetto al passato che richiede una fatica e un apprendimento.
Non è nemmeno detto che sia loro tutto chiaro. Per questo serve tempo e dedizione. Il proprietario della stalla deve passare del tempo in sala di mungitura con il proprio mungitore o mungitori, mostrare esattamente quel che va fatto, magari per più giorni, fino a che avrà la certezza che il nuovo protocollo sia stato acquisito. Non solo.
È necessario coinvolgere i mungitori, spiegare il perché di certi cambiamenti e tenerli informati sui risultati della stalla che toccano direttamente il loro lavoro. Io propongo sempre di mettere un cartello, magari nello spogliatoio, dove vengano aggiornati costantemente alcuni dati chiave, in maniera facilmente comprensibile, ad esempio con un grafico: produzione di latte, andamento delle cellule, andamento della carica batterica, andamento delle mastiti.
E, di tanto in tanto, l’allevatore dovrebbe confrontarsi su questi numeri con i mungitori, raccogliere i loro pareri, farli sentire coinvolti appieno nell’andamento della stalla, magari dando dei premi per obiettivi raggiunti. Non si pensi che questo sia tempo perso, tutt’altro.
Un mungitore può diventare un buon mungitore e anche un ottimo mungitore, se trova un ambiente di lavoro in cui è seguito, motivato e valorizzato. E con un ottimo mungitore c’è sempre un buon latte, anche con una stalla mediocre. Non vale invece il contrario: un’ottima stalla e un mungitore mediocre non porteranno mai a un buon latte.