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Grassi, razionamento e Disciplinare del Parmigiano Reggiano

I grassi sono un componente chiave nella dieta della bovina da latte, ma rimangono una delle aree meno definite della nutrizione zootecnica.

Non solo per la resa del latte, ma per la qualità complessiva del formaggio.

Come ricorda Alessandro Fantini in un nuovo articolo su Ruminantia, in collaborazione con il Consorzio del Parmigiano Reggiano (clicca qui, qui e qui per i precedenti articoli), nemmeno i più autorevoli riferimenti internazionali – dal NRC 2001 fino al più recente NASEM 2021 – definiscono fabbisogni lipidici precisi per le bovine in lattazione. L’unico riferimento concreto rimane il limite massimo del 7% di lipidi sulla sostanza secca.

In questo scenario di incertezza, le pratiche nutrizionali devono appoggiarsi all’esperienza, al senso critico e alla conoscenza della fisiologia ruminale. Un eccesso o una scelta sbilanciata può compromettere la sintesi del grasso del latte, influenzare negativamente la riproduzione e alterare le caratteristiche del formaggio.

Nel latte si possono contare fino a 400 tipi di acidi grassi, ma solo una piccola parte è realmente significativa. Alcuni derivano direttamente dalla dieta, altri dai processi di sintesi della mammella o dalle fermentazioni ruminali. È essenziale distinguere tra acidi grassi a catena corta (C4:0 – C14:0), derivanti principalmente dal rumine e sintetizzati de novo dalla mammella; acidi grassi “mixed”, come il palmitico (C16:0), che può avere sia origine endogena che alimentare; acidi grassi a catena lunga (≥C18), provenienti dalla dieta o dai depositi corporei, inclusi quelli essenziali come linoleico e linolenico.

In mancanza di fabbisogni ufficiali, si seguono orientamenti empirici condivisi da molti tecnici: la somma di grassi “naturali” (foraggi), semi integrali e grassi inerti non dovrebbe superare il 6% sulla sostanza secca; i RUFAL (acidi grassi insaturi a lunga catena) non dovrebbero eccedere il 2,5–3%.

La supplementazione con palmitico e stearico, in forma rumino-protetta, è praticata per aumentare l’energia della razione e stimolare la sintesi lipidica del latte. Tuttavia, anche la fermentazione ruminale efficiente – garantita da una buona fibra digeribile e da un corretto equilibrio proteico – svolge un ruolo chiave nella sintesi de novo degli acidi grassi.

L’influenza dei grassi sulla fertilità è meno definita. Alcuni acidi grassi insaturi, in particolare gli omega-3 (C18:3), sembrano influenzare positivamente la funzione ovarica, ma non esiste una correlazione lineare tra tenore lipidico della razione e tasso di concepimento. Troppo amido può compromettere la fertilità per effetto dell’acidosi e dell’infiammazione sistemica. Per questo, l’integrazione con grassi viene considerata una strategia alternativa per migliorare l’apporto energetico, a patto che si rispettino gli equilibri digestivi e metabolici.

Nel disciplinare del Parmigiano Reggiano sono ammessi solo alcuni semi oleosi (soia, lino, girasole), fino a un massimo di 300 g di grasso/capo/giorno. Sono espressamente vietati alimenti apportatori di grassi come il seme di cotone e panelli e farine d’estrazione di arachidi, colza, ravizzone, cotone, vinaccioli etc., perché per le caratteristiche dei loro acidi grassi e altri composti che contengono potrebbero alterare le caratteristiche organolettiche del formaggio e la sua tipicità.Sono invece vietati semi come cotone e arachidi, e ogni aggiunta di grassi animali o vegetali.

Malgrado queste restrizioni, Fantini sottolinea come non si osservino penalizzazioni significative sulle performance riproduttive, a patto che la razione sia costruita con equilibrio. L’utilizzo di semi integrali come soia (ricca in C18:1 e C18:2) o lino (C18:3) garantisce un apporto di grassi utili per la salute e la fertilità senza compromettere la composizione del latte o la tipicità del prodotto.

Clicca qui per visualizzare l’articolo completo su Ruminantia.