Continuiamo la chiacchierata con il dr. Michele Campiotti.
Nella prima parte dell’intervista (clicca qui) si è cominciato a parlare di un tema chiave: il miglioramento della gestione aziendale a partire dal dato economico, che è molto di più di un semplice monitoraggio dei costi. Si accennava al fatto che il Parmigiano Reggiano ha vissuto per anni in una sua dimensione peculiare, ma…
…ma dal 2022 però le cose sono cambiate
Quello che è successo nell’ultimo anno lo abbiamo visto tutti: l’impennata dei costi, alimentari ed energetici, ha portato a una brusca crescita del costo di produzione anche nelle aree del Parmigiano Reggiano e questo a fronte di un prezzo del latte che è rimasto sostanzialmente invariato.
A differenza delle realtà di produzione di latte alimentare, dove c’è stato sì un notevole incremento dei costi, ma è stato comunque inferiore all’aumento del prezzo del latte.
Questo ha portato a un netto cambiamento dello scenario: una volatilità molto forte e un innalzamento del costo di produzione importante, che dalle mie prime analisi sui bilanci posso quantificare, seppure in modo non ancora definitivo (ma comunque attendibile) in 8-9 euro in più nel 2022 per produrre 100 litri di latte.
Siamo così passati dai 59 € del 2021 ai 68-69 € del 2022. E questo con un prezzo del latte che sostanzialmente non è cambiato. Pertanto molte aziende anche del comprensorio del Parmigiano Reggiano hanno cominciato a toccare con mano che con l’efficienza della gestione bisogna fare i conti.
Uno scenario che pone quindi nuove sfide…
Come al solito, quando ci sono sfide nuove si nascondono insieme ai rischi anche delle opportunità. In questo caso l’opportunità è che pure le aziende di quest’area prendano in considerazione dei miglioramenti che abbiano un peso sulla gestione.
Quali sono questi miglioramenti?
Dipende: possono essere strutturali, di benessere animale, di livelli produttivi migliori, ma anche di qualità superiore, ad esempio per le cellule somatiche. Per molte aziende è possibile fare passi avanti importanti.
Oltre a questi aspetti tecnici che ho elencato, però, il principale miglioramento è quello della mentalità: serve una mentalità più imprenditoriale e questo passa attraverso la disponibilità a considerare i dati economici nell’azienda in modo fattivo.
Se un’azienda vuole migliorare deve “farsi misurare”.
Dopodiché, sulla base di questi dati, opportunamente analizzati e valutati, si può decidere come fare dei passi avanti. Ad esempio capendo dove l’investimento è più necessario e in grado di generare un ritorno di efficienza maggiore.
A questo riguardo c’è qualche area di miglioramento tecnico-strutturale che accomuna a tuo avviso le stalle da Parmigiano Reggiano? Qualche debolezza intrinseca?
Ovviamente anche nell’area del Parmigiano Reggiano ci sono aziende di punta con risultati eccellenti e tutto questo è legato in genere alla personalità e alle caratteristiche di chi guida l’azienda. Sono casi che spiccano nella media.
E parlando di media direi che c’è ancora da lavorare per migliorare le stalle in termini di benessere animale, di pulizia, di spazi adeguati per le varie fasi e per l’allevamento del giovane bestiame.
Tutte queste parti sono a mio avviso maggiormente migliorabili nel settore del Parmigiano Reggiano rispetto all’area dove si fa latte alimentare, dove su questo si è lavorato in maniera maniera più intensa e da più tempo.
Per questi miglioramenti c’è una grandissima disponibilità di strumentazione e tecnologia per la stalla. Cosa e come scegliere?
Io propongo un modo diverso di ragionare. Prima di parlare di questa o quella strumentazione da mettere nella stalla, chiedo di fare un passo avanti. L’investimento principale è su un metodo che consente di scegliere quali di queste cose ti serve di più.
Un conto è mettere insieme quattro numeri economici dell’azienda: sono servizi che in un modo o nell’altro propongono in tanti. Un altro conto invece è imparare a usare questi dati per prendere delle decisioni. Questo richiede una crescita del direttore aziendale, che ancora secondo me non è così consolidata.
Questa è la prima innovazione, dopodiché quando si ha acquisito il metodo si può entrare nella specificità delle questioni e decidere se c’è da fare questo o quest’altro. Ma ciò solo se prima si è in grado di individuare il collo di bottiglia che richiede l’intervento. Questo richiede un’analisi dal punto di vista tecnico, ma anche economico finanziario. La prima parte è sempre stata molto curata, sulla seconda c’è ancora da investire.
Concludiamo parlando di campagna: c’è efficienza da recuperare?
Questo è un tema molto importante in qualsiasi area, non solo in quella del Parmigiano Reggiano. L’ambito agricolo non è sotto controllo in maniera sufficiente in buona parte delle aziende. La maggior parte di esse spende più di quello che raccoglie.
E questo ancora nel 2022.
Nel comprensorio del Parmigiano Reggiano, dove la produzione agricola ha meno scelte, la sfida è ancora più impegnativa e l’imperativo è generare un prodotto di grande qualità, perché i foraggi sono una grossa componente della razione e più sono di qualità più permettono di ottimizzare i risultati.
La disponibilità dell’essiccatoio in quest’ottica è assai importante.
L’unico punto sul quale bisogna fare un’analisi attenta è il costo di questo tipo di investimento per un’azienda che magari fa relativamente poco foraggio. Si potrebbe pensare a realtà associative o, perché no, anche consorziali, che propongano strutture di questo tipo agli allevatori medio piccoli per i quali un investimento del genere sarebbe troppo elevato.