Il miglioramento della produzione primaria comincia prima della stalla, prima della mungitura delle bovine e prima della consegna del latte al caseificio. Oggi più che mai il focus – tecnico, principalmente, ma anche di immagine dell’allevamento e di attenzione del consumatore – si sta spostando anche a ciò che avviene prima, alla gestione agronomica dei terreni.
Servono foraggi migliori e in quantità maggiore, innanzitutto. E serve una più calibrata attenzione a tutte le sfaccettature legate alla sostenibilità e al bilancio di carbonio della produzione di latte (primo tassello della produzione di quel kg di Parmigiano Reggiano che arriva sullo scaffale del supermercato e nel carrello del consumatore) che sono una questione di efficienza della stalla ma anche di un occhio nuovo, più attento e formato, alla campagna.
Ecco perché la figura dell’agronomo per la consulenza e il miglioramento della produzione primaria sta acquisendo una centralità nuova, affiancando quella del veterinario su temi condivisi, in primis il benessere animale, ma aggiungendo valore laddove considera il miglioramento complessivo della parte agronomica dell’azienda, la razionalizzazione delle strutture (per l’efficienza e per il benessere), l’implementazione dei pascoli, arrivando fino al caseificio e a ciò che attiene al suo miglioramento tecnologico e all’ottimizzazione della sua filiera di fornitura del latte.
Agronomi per la filiera
Tra coloro che svolgono esattamente questa attività nel Comprensorio del Parmigiano Reggiano c’è Simone Bertani, agronomo libero professionista di Reggio Emilia, consulente non soltanto, per gli aspetti visti sopra, di varie stalle, ma anche del Caseificio di Cavola, sull’Appennino Reggiano. Già questo è un primo punto che merita un approfondimento, perché non è così comune la presenza di un agronomo all’interno di un caseificio sociale. Con quali mansioni? “Una parte importante del mio lavoro – spiega Simone – ha a che fare con le varie certificazioni, sia a livello di singole stalle conferenti che di caseificio, inerenti alla produzione di Parmigiano Reggiano, relative alla tracciabilità delle produzioni di latte e di foraggio delle singole aziende agricole, il razionamento, il rispetto di ogni vincolo previsto dal disciplinare di produzione. Al nostro interno abbiamo anche una stalla con latte di sola razza Bruna che ha una sua certificazione aggiuntiva di qualità, il cui prodotto viene separato dal resto e caseificato a parte. Sicuramente la mole maggiore di lavoro è stata negli ultimi anni legata alle certificazioni sul benessere animale. Ancor prima dell’applicazione del sistema SQNBA avevamo, come caseificio, creato un nostro disciplinare privato interno per valutare il grado di benessere animale nelle stalle conferenti, fornire una serie di indicazioni per il miglioramento e quindi dare una certificazione alla singola stalla proprio in materia di benessere animale. Certo, questo ha richiesto e ancora richiede tempo e anche inevitabile burocrazia, ma fin dall’inizio l’obiettivo era di spingere sul benessere animale nelle stalle per accrescere il valore del Parmigiano Reggiano prodotto dal nostro caseificio”.
Fare e certificare
Quello delle certificazioni è un aspetto che non si ferma al benessere animale e che, osservato dalla prospettiva di aggiungere valore alla produzione, acquista un significato strategico evidente per una produzione come quella del Parmigiano Reggiano. “E soprattutto per una produzione di montagna – sottolinea il dr. Bertani – come quella di cui maggiormente mi occupo e che, inevitabilmente, sconta difficoltà e costi superiori a quella di pianura e quindi deve poter sfruttare al miglio ogni possibilità. Penso ad esempio alla certificazione per la produzione biologica. Per le aziende di montagna è una possibilità che richiede un percorso di adattamento relativamente facile, considerando che la parte agronomica già lo è di fatto nella maggior parte dei casi. Si tratterebbe di certificare anche la stalla ed il caseificio ma di sicuro si avrebbe uno strumento in più per accrescere il valore del latte prodotto”.
Lo sguardo sulla campagna
Naturalmente un agronomo che si occupa di stalle da Parmigiano Reggiano non può che avere uno sguardo privilegiato sulla campagna, e proprio a livello di campagna rispetto alla stalla, è parere ormai sempre più condiviso, che ci sia di più da fare per migliorare. “Sono d’accordo, e al primo posto metto la produzione foraggera, sia in termini di qualità che di quantità. Si può fare meglio in entrambe le direzioni, anche e soprattutto in montagna dove la questione è ancora più critica, perché i terreni a disposizione sono minori, frammentati, meno produttivi. Non è la stessa cosa fare 50 quintali di sostanza secca per ettaro o farne 80 o 100, questo è evidente!”
Consigli pratici (per fare più foraggio e farlo meglio)
Cosa consiglia l’agronomo Bertani alle aziende che segue? “Innanzitutto una valutazione dei protocolli colturali adottati, per capire se sia possibile cambiare qualcosa e fare più fieno. Ad esempio, nelle rotazioni con erba medica può essere interessante sostituire i cereali da granella con altri erbai monospecifici o polispecifici, per avere una produzione migliore per quantità e qualità. Altro aspetto importante è la qualità dei medicai, per avere produttività più elevate e medicai che possano resistere per 4-5 anni con buone produzioni, anche in base alla scelta di varietà vocate per la zona di impianto. C’è poi il capitolo delle concimazioni e dell’utilizzo ottimale dei reflui, che vanno usati nei tempi e nelle quantità ottimali, in modo da fare produrre al meglio prati ed erbai, evitando scarse produzioni oppure accumulo di nitrati. Anche tutto il processo di fienagione dell’azienda va analizzato e studiato, perché anche qui si possono recuperare quantità e qualità”.
Per l’azienda e per la filiera
Quanto spiegato da Simone Bertani ha un impatto sulla singola azienda, ma lo ha anche in tutta la filiera di produzione del formaggio, perché non solo è legato alla redditività di chi conferisce latte, ma anche alla grande questione della sostenibilità della produzione e del suo impatto in termini di emissioni. È un capitolo sempre più centrale e ingombrante, perché affianca il benessere animale nelle attenzioni e preoccupazioni del consumatore. Anche su questo la consulenza agronomica è importante, perché tante delle azioni di miglioramento viste e suggerite per le aziende hanno anche un impatto diretto sull’ammontare dell’impronta carbonica finale del formaggio che esce dal caseificio. Caseificio che – e parliamo del Caseificio di Cavola – ha già fatto passi importanti: “Abbiamo ultimato un impianto fotovoltaico che consente di essere autosufficienti per il fabbisogno energetico legato ai magazzini di stagionatura porzionatura e confezionamento”, spiega Simone Bertani, che aggiunge come questo aspetto sia spesso visto principalmente per i suoi innegabili vantaggi in termini economici, per aziende e per il caseificio. “Tuttavia, non va trascurato il grande potenziale di immagine, di marketing e di aumento di valore del formaggio che riveste la sostenibilità complessiva del sistema ‘stalle conferenti-caseificio’.
Un po’ come per il benessere animale, che per primo è in grado di fare passi avanti e di certificarli si posiziona meglio a livello commerciale, tanto più per un formaggio come il Parmigiano Reggiano che ha uno sbocco sempre più importante sui mercati esteri più ricchi e attenti a queste tematiche”.
Formazione continua, indispensabile per tutti
La crescita in queste direzioni dell’azienda passa inevitabilmente per una crescita di ogni addetto e da qui il discorso sulla formazione è quasi automatico. “La formazione continua è fondamentale – conclude Simone Bertani – e vanno colte tutte le possibilità di crescita legate alla consulenza e all’assistenza tecnica, alcune peraltro previste anche in vari Piani di Sviluppo Rurale, legate al benessere animale, alla sostenibilità, al miglioramento agronomico, alle emissioni. Ci sono tante occasioni di formazione, tra cui quelle promosse proprio dal Consorzio del Parmigiano Reggiano. Chi guarda un po’ più avanti non può restare fermo al palo!”