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I fattori che determinano la consistenza della mandria

Concludiamo con questo articolo la mini-serie dedicata alla demografia della mandria.

In passato il tema della demografia aziendale, e cioè la numerosità della mandria e la sua evoluzione nel tempo, era un tema principalmente dettato dalla riproduzione, con poche possibilità di scelta.

Oggi, con il miglioramento globale delle prestazioni riproduttive delle mandrie da latte, l’uso del seme sessato, una minore mortalità in vitellaia, la gamma decisioni strategiche è notevolmente aumentata. E questo è un aspetto della gestione aziendale strategico, perché ha un impatto diretto sulla sua sostenibilità, economica e ambientale.

Vediamo, schematizzati nei punti seguenti, i principali fattori che determinano la consistenza della mandria.

  1. Il tasso di riforma: questo indice viene calcolato dividendo le bovine adulte vendute e morte in un anno o negli ultimi 12 mesi per le bovine mediamente presenti (latte+ asciutte) durante il medesimo periodo di tempo (Fetrow et al., 2006). Non esiste un vero e proprio obiettivo per questo parametro, tuttavia, se troppo elevato per un periodo prolungato di tempo, può essere indice o di un flusso di manze in entrata troppo e elevato o di una eliminazione degli animali troppo consistente per una serie di problematiche di tipo sanitario, riproduttivo o produttivo. Ovviamente, per essere analizzato, il tasso di riforma deve essere indagato a seconda le tempistiche di eliminazione; non ha il medesimo significato l’eliminazione di soggetti dopo il parto per malattia, o l’eliminazione delle bovine più anziane, a fine carriera, per scarsa produzione. Ad ogni modo, è bene ricordare che l’eliminazione di un animale ormai improduttivo è sempre un fatto positivo, ciò che è veramente da prevenire è la prematura perdita di valore di quel soggetto; una volta che una bovina ha perso di valore, è economicamente svantaggioso mantenerla in mandria. Ugualmente anche un valore troppo basso del tasso di riforma può essere negativo, poiché costruisce un’opportunità persa di eliminare gli animali meno produttivi o più problematici dalla mandria, limitandone in qualche modo il processo selettivo che porta al miglioramento della mandria in produzione. Allo scopo di mantenere la mandria, sarà necessario un numero di manze nullipare al parto uguale a quello delle bovine riformate.
  2. Performance riproduttiva: ovviamente il miglioramento della fertilità è un forte motore della demografia. L’aumento del tasso di gravidanza porta ad una maggiore e più frequente produzione di vitelli che incrementeranno l’inventario aziendale.
  3. Utilizzo di diverse tipologie di seme: per l’inseminazione artificiale è oggi possibile scegliere fra seme convenzionale, seme sessato, che darà luogo alla nascita, con altissima probabilità, di una femmina e seme di razze da carne (Bianca Blu Belga, Angus, INRA, etc.). La percentuale di impiego delle diverse tipologie è un altro fattore che condiziona il numero di vitelle da rimonta disponibili. Un uso intenso del seme sessato, ad esempio, consentirà un incremento notevole del numero di vitelle prodotte, mentre il seme di razza da carne sarà un fattore frenante, poiché sia vitelli che vitelle non faranno parte della rimonta.
  4. Età al primo parto: questo parametro ha una notevole importanza dal punto di vista economico, poiché le bovine nullipare rappresentano un costo che deve essere sostenuto dalla mandria in produzione (Ettema e Santos, 2004). Diminuire l’età al primo parto consente in primo luogo di dover mantenere gli animali per meno tempo durante la fase improduttiva e, in secondo luogo, di avere una necessità inferiore di manze. Entrando in produzione più velocemente, infatti, sarà necessario un numero minore di soggetti, a parità di tasso di riforma. Ovviamente, l’abbassamento dell’età al primo parto non deve essere a discapito della crescita. Esistono oggi molte realtà in Italia e all’estero ove l’età media al primo parto è attorno ai 24 mesi, a fronte di una produzione di latte molto buona in prima lattazione.
  5. “Completion rate” o tasso di sopravvivenza delle manze: la percentuale di manze che nasce ed arriva al primo parto (Heinrichs et al., 2019). Più questo è elevato minore sarà il numero di manze che dovranno essere allevate. Anche in questo caso l’andamento non è lineare, poiché, pur essendo ovvio che un tasso basso implica la morte o vendita di molte manze, non è auspicabile ambire al 100%. Infatti, con ogni probabilità alcuni animali, anche in una piccola percentuale, vanno incontro a perdita di valore (per traumi importanti, malattie croniche, etc.). Dal punto di vista economico non è vantaggioso mantenere in mandria questi animali e portarli al primo parto ad ogni costo, poiché ciò comporterà un costo elevato (tempo) e difficilmente questi soggetti saranno redditizi una volta entrati in produzione.
  6. Vendita degli animali da vita: la vendita degli animali da vita è spesso un’opportunità inaspettata dettata da un surplus di manze in età fertile, già gravide o primipare dopo il parto, le quali andrebbero oltre le capacità della struttura per le bovine in lattazione. Tuttavia, è difficile, salvo rari casi, considerare questa pratica abituale e una leva del bilancio aziendale, a causa della volatilità della domanda e dei prezzi. Inoltre, per poter considerare un vero profitto la vendita di animali da vita (manze o vacche) è necessario disporre di calcoli precisi dei costi di produzione. Progettare un surplus di manze per la futura vendita da vita può rappresentare un rischio e uno scarso beneficio economico. Nella maggior parte dei casi è consigliabile produrre un numero di manze il più vicino possibile alle necessità aziendali.

Marcello Guadagnini

Medico veterinario buiatra