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Riflessioni sulla sostenibilità della filiera di produzione del Parmigiano Reggiano (III parte): emissioni e alimentazione

Le emissioni di GHG (gas ad effetto serra) e azoto variano considerevolmente tra i diversi sistemi di allevamento e possono essere ridotte agendo sulla nutrizione e l’alimentazione.

Diversi studi hanno mostrato come una diversa formulazione delle diete insieme all’utilizzo di talune sostanze (tannini, alghe, nitrati, acidi grassi insaturi, oli essenziali, acidi organici, ecc.), possa modulare efficacemente la produzione di metano modificando gli equilibri fermentativi del rumine.  Il 3 nitroossipropanolo (3-NOP), additivo di recente approvato anche in Europa, è in grado di ridurre la produzione di metano fino al 36% senza compromettere la capacità di ingestione e la produzione del latte.

Alcune ricerche hanno evidenziato una diversa emissione di GHG in funzione della tipologia e qualità dei foraggi impiegati.

Importante appare la digeribilità delle fibre e il contenuto in composti vegetali interferenti con le fermentazioni ruminali. Fra questi ricordiamo gli zuccheri, gli acidi organici, i composti polifenolici (fra cui i tannini), gli acidi grassi insaturi e gli stessi nitrati, temutissimi ma capaci di ridurre fortemente le emissioni.

L’utilizzo di foraggi giovani, dotati di fibre più rapidamente degradabili nel rumine è ritenuto uno dei mezzi più interessanti per contenere l’intensità delle emissioni di CH4 sia promuovendo la produttività e sia consentono un più veloce svuotamento del rumine.

Sarebbero in particolare efficaci i fieni di medica rispetto alle graminacee, tuttavia ulteriori ricerche sono necessarie per comparare le reali differenze di emissione in funzione della diversa digeribilità delle fibre dei foraggi e della loro tipologia.

Un aumento nelle razioni dei concentrati viene associato ad una riduzione di gas serra.

La fermentazione dell’amido, infatti, rispetto a quella della cellulosa induce una maggiore liberazione di propionato che compete con i batteri metanogeni per l’utilizzo di idrogeno molecolare necessario per la produzione di metano.

Per lo stesso motivo funziona, seppure entro certi limiti, l’integrazione della razione con acidi grassi insaturi presenti nei semi oleosi come ad esempio il lino.

Anche gli zuccheri semplici e gli acidi organici contenuti in buona misura nei foraggi ottenuti da piante giovani e ben affienate, garantiscono una miglior digeribilità della sostanza organica alimentare riducendo allo stesso tempo i rischi di dismetabolismi per l’animale, che invece possono verificarsi laddove la dieta contenga eccessive quantità di mangimi.

L’utilizzo di estratti vegetali come i tannini o le saponine ha effetti anti-metanogeni.

I tannini, in particolare, sono candidati di particolare interesse in quanto oltre a inibire la crescita della popolazione protozoaria e dei batteri responsabili della produzione di metano riducono la degradabilità ruminale delle proteine e l’emissione di azoto urinario.

In letteratura è riportato come l’utilizzo di tannini nella dieta riduca l’emissione di metano fino al 25%. Tali dati sono in parte confermati anche da nostre ricerche in vitro.

Anche per ridurre le emissioni la qualità dei foraggi fa la differenza!

Esistono pochi dubbi sul fatto che al mondo allevatoriale venga richiesta una sempre maggior attenzione ai temi del rilascio in ambiente di metano enterico.

I numerosi studi in corso nel mondo stanno offrendo maggiori conoscenze che saranno utili per affrontare e controllare il problema. Per quanto ad oggi noto, nello sviluppo dei piani di razionamento, appare importante avere un approccio nutrizionale articolato che si basi sia sull’uso di additivi efficaci ma soprattutto sulla considerazione contemporanea di più parametri. Dai dati disponibili in bibliografia, una volta in più, abbiamo un’indicazione chiara: i foraggi di qualità fanno la differenza!

Di Andrea Formigoni (Università di Bologna) e Marco Nocetti (Servizio Produzione Primaria CFPR)

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