Il Disciplinare di produzione Dop del Parmigiano Reggiano prevede che nell’alimentazione delle bovine da latte almeno il 50% della sostanza secca dei foraggi (gli insilati sono vietati) utilizzati deve essere prodotta sui terreni aziendali ubicati all’interno del territorio di produzione ed almeno il 75% della sostanza secca dei foraggi deve essere prodotta all’interno del territorio di produzione del formaggio Parmigiano Reggiano. Tra i foraggi ammessi, possono essere somministrati alle bovine da latte, i foraggi freschi ottenuti da prati naturali, da prati stabili polifiti e da prati di erba medica e di trifoglio.
L’uso di foraggi freschi è di grande interesse ma, purtroppo, il pascolamento nelle aree comprensoriali è di fatto stato abbandonato e le mutate caratteristiche strutturali e di organizzazione del lavoro delle aziende rendono estremamente difficoltosa la raccolta e la distribuzione quotidiana di foraggi verdi. Tuttavia molte realtà, soprattutto nelle aree comprensoriali di collina e di montagna, continuano con il tradizionale impiego di foraggi freschi, pochi altri con il pascolo, soprattutto appannaggio di categorie di animali non produttivi (manze e asciutte).
Ma siamo davvero certi che l’uso del verde rappresenti solo una perseverante affezione al passato?
I sistemi foraggeri tradizionali gestiti con il cantiere di fienagione sono oggi messi in crisi dai cambiamenti climatici, che condizionano negativamente la produttività e la qualità del fieno ottenuto con tecniche tradizionali. Lo stadio fenologico ottimale per lo sfalcio dei prati in ambiente appenninico tende temporalmente ad essere anticipato a dispetto delle incerte condizioni climatiche, che ostacolano le operazioni di campo; negli ultimi anni si osservano infatti inverni particolarmente miti, le primavere piovose inoltre virano rapidamente in estati calde e siccitose, tutte condizioni che deprimono la produzione dei fieni e le loro caratteristiche nutrizionali.
L’utilizzo dell’erba in stalla e l’impiego del pascolo sono modelli gestionali che correttamente applicati possono incrementare la finestra temporale di utilizzazione dei foraggi e rappresentano strategie in linea con lo sviluppo sostenibile dell’intera filiera; l’impiego di foraggi freschi nell’alimentazione delle vacche va inoltre incontro alle esigenze di innovazione, sostenibilità dei processi, compresa una maggiore cura degli aspetti legati al benessere animale.
I prati permanenti e i pascoli appenninici non di rado annoverano fino 100 diverse specie vegetali, in gran parte dicotiledoni, di cui molte appartenenti a famiglie botaniche ad elevato contenuto di sostanze aromatiche e nutraceutiche, come asteraceae, labiatae, leguminosae, plantaginaceae, polygonaceae, rosaceae e umbrelliferae.
Le caratteristiche dell’erba variano in funzione delle specie botaniche da cui è costituita la biomassa e la sua composizione si riflette su quelle chimiche e nutraceutiche del latte e di conseguenza del formaggio. Le bovine alimentate con erba fresca assumono pertanto sostanze nutraceutiche in concentrazioni più elevate rispetto a quelle che vengono fornite loro tramite le diete convenzionali. I terpeni per esempio influenzano la composizione degli acidi grassi, modificandone altresì il colore anche condizionato dalla presenza di carotenoidi presenti in quantità significativa in talune famiglie botaniche.
Per le loro caratteristiche nutrizionali, i prodotti lattiero-caseari sono di grande importanza nella nostra alimentazione. Una notazione particolare va riservata alla frazione lipidica del latte, in quanto principale fonte di CLA, un acido grasso essenziale della famiglia degli omega 6 contenuto naturalmente nei latte e nei suoi derivati. La scoperta del CLA o acido linoleico coniugato (dall’inglese Conjugated Linoleic Acid) risale agli anni ‘80 e ha evidenziato effetti benefici su diversi aspetti della salute umana, dalla riduzione della massa grassa al rafforzamento del sistema immunitario, dal contrasto della cancerogenesi chimicamente indotta alla lotta al diabete e all’aterogenesi. Il contenuto in acido linoleico coniugato può variare notevolmente in base a diversi fattori, tra i quali la dieta dell’animale. Infatti la concentrazione di CLA è più elevata nel latte di vacche con erba fresca inclusa nelle loro diete.
Un’altra componente importante della frazione lipidica del latte è l’acido alfa linolenico (C18:3n3), capostipite della serie omega 3, acido grasso molto diffuso nel mondo vegetale, viene depositato all’interno delle foglie e in generale nelle parti verdi. Normalmente si riscontra un suo calo durante la fienagione, mentre ne sono ricche le frazioni lipidiche dei vegetali freschi, tra cui l’erba. Ci si aspetta che le vacche che mangiano erba verde in greppia o al pascolo ne ingeriscano quantità maggiori.
Il passaggio nel rumine lega il destino dell’acido alfa linolenico a quello dei CLA, all’aumentare del primo nella razione aumentano anche i secondi nel latte e nelle carni, perché legati dalle attività saturanti dei microrganismi ruminali.
I pascoli e i prati poliennali e permanenti dell’appennino emiliano, oltre a garantire le esternalità positive che oggi vengono comunemente identificate con “il paesaggio del Parmigiano Reggiano”, contribuiscono allo stoccaggio di carbonio organico al suolo e correttamente gestiti assicurano produzioni quali-quantitative di indubbio interesse, garantendo l’auto- sufficienza, almeno per la componente foraggera, degli allevamenti delle aree interne emiliane.
In particolare, come dimostrano le analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment – Lca) sulla produzione di latte e di Parmigiano Reggiano, l’autosufficienza foraggera e il ridotto numero di operazioni agricole rappresentano i principali fattori di riduzione delle emissioni di gas serra dalla fase coltivazione. Inoltre se si considera il fenomeno di assorbimento e successivo stoccaggio della CO2 atmosferica, questi suoli possono essere ritenuti degli efficienti sistemi di mitigazione dell’impatto ambientale.
Si può concludere che il mantenimento del pascolo e l’impiego di erba verde in alimentazione, seppur ad oggi circoscritti a realtà limitate, rappresentano una gestione dell’allevamento in linea con i dettami dello sviluppo sostenibile; la promozione, la conoscenza e la valorizzazione dei prodotti derivati una opportunità di resilienza dei territori della collina e della montagna emiliana.
Un progetto Psr
Finanziato dal Psr della Regione Emilia-Romagna, operazione 16.1.01 – Gruppi operativi del partenariato europeo per la produttività e la sostenibilità dell’agricoltura, Focus area 3A, è stato recentemente approvato il progetto “L’impiego del pascolo e dell’erba a supporto di un modello di sviluppo sostenibile per le aree di montagna del Parmigiano Reggiano – Parmigiano Reggiano Green Deal”.
Il Centro ricerche produzioni animali – Crpa spa, la Fondazione Crpa studi ricerche, il Crea, Dinamica scarl con la collaborazione di 3 caseifici e 5 aziende di produzione primaria tutte legate alla produzione di latte destinato alla trasformazione di Parmigiano Reggiano, collaboreranno alla realizzazione del progetto.
Il Goi si pone l’obiettivo di valutare con approccio comparativo la gestione del cantiere di fienagione utilizzata nelle aziende di produzione primaria con 2 alternative legate all’impiego di erba fresca in alimentazione: il pascolo e lo sfalcio fresco con impiego nella corsia di alimentazione. I sistemi comparativi serviranno a fornire spunti relativi alla qualità delle produzioni, alla quantità di foraggio prodotta, al computo economico dei modelli gestionali nonché alle impronte ambientali derivate dall’utilizzo delle differenti tipologie gestionali di alimentazione delle bovine.
Aldo Dal Prà, Arianna Pignagnoli
(Centro ricerche produzioni animali – Crpa spa)
Marco Nocetti (Servizio Produzione Primaria Consorzio Formaggio Parmigiano Reggiano)