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Erba medica: un tesoro per la terra, la bovina e il consumatore

Intervista a Luigi Forte, titolare di Agricola Forte.

Non si può pensare di rimanere nello stretto ambito agricolo parlando con Luigi Forte e, soprattutto, parlando con lui di erba medica. Perché la sua visione del fare agricoltura abbraccia terra, animali e uomo in un unico grande abbraccio ed emerge con forza ad ogni curva della conversazione, ad ogni piega del discorso. Del resto il suo lavoro è produrre erba medica che andrà nei tanti allevamenti alla base delle più prestigiose filiere agroalimentari italiane, ma questa attività è da anni anche legata al suo continuo, appassionato ed effervescente impegno per comunicare il prodotto, i suoi valori, le sue ricchezze.

Luigi Forte con il fratello Leonardo è il titolare di Agricola Forte, azienda agricola veneta che è sinonimo di erba medica di altissima qualità. Ci sono particolarità dietro questa produzione che ne fanno un prodotto veramente di élite, destinato a dare valore ad ogni razione in cui entra a far parte. Razioni da Parmigiano Reggiano comprese, perché – pur con i vincoli su quantità e provenienze dettati dal Disciplinare – in una razione alcuni kg di erba medica “Forte” possono starci, eccome.

Luigi, partiamo proprio dall’erba medica, magari spiegando la declinazione che date voi a questa produzione e i plus che la caratterizzano. Perché dire erba medica è facile, ma non tutte sono la stessa cosa alla bocca della bovina…

Partirei dalla terra in questa chiacchierata. La terra è il vero brand della nostra produzione, il valore aggiunto al quale noi cerchiamo di affiancare la nostra passione e il meglio della gestione e delle attrezzature, per avere un prodotto finale che mantenga tutto il suo valore nutritivo, organolettico, nutraceutico, proprio di questa pianta fantastica, nota fin dall’antichità per le sue proprietà. Coltiviamo 3500 ettari nel Delta del Po, in un’area che è patrimonio dell’Unesco per la biodiversità. Tutto ciò è motivo di orgoglio e ci ha sempre spronato a fare di tutto perché la ricchezza di questo territorio sia preservata. Il nostro modo di fare agricoltura è per questo finalizzato al massimo rispetto per la terra e l’ambiente. La nostra zona gode di un microclima eccezionale, grazie alla vicinanza con il mare, una elevata umidità, una ventilazione che arricchisce di minerali preziosi le coltivazioni. I nostri terreni sono alluvionali, profondi, tre metri sotto il livello del Po. Tutto ciò significa per le piante di erba medica la possibilità di arrivare con le radici molto in profondità, a parti di suolo sempre umide con maggiore durata della fase vegetativa rispetto ad altre aree, produzioni elevate e di qualità. Questo equilibrio tra terra, aria e colture non è solo valore organolettico, ma anche un plus di sostenibilità e biodiversità che viene messo in razione.

La terra è generosa, ma senza la tecnica – intesa come protocolli di lavoro, scelte colturali, attrezzature – non si potrebbe avere un prodotto eccellente, per qualità e sostenibilità. In cosa consiste il “metodo Forte” di produzione dell’erba medica?

Sono ormai 60 anni che la nostra azienda produce erba medica e in questo tempo abbiamo sempre lavorato per migliorarci e migliorare il prodotto finale che diamo agli allevatori. Seguiamo la produzione in maniera maniacale dalla semina fino alla vendita del prodotto essiccato e non c’è passaggio che non abbiamo analizzato e studiato per perfezionarlo.

Partiamo dalle sementi: usiamo solo varietà locali, le più adatte al territorio e anche quelle che storicamente ne fanno parte e che costituiscono parte della sua grande biodiversità. La semina avviane a fine febbraio- inizio marzo, sempre in rotazione per migliorare la struttura del terreno.

La fase di raccolta è fondamentale. Il prodotto è tagliato ancora verde, nella primissima fase di fioritura. Lo lasciamo in campo molto poco, per evitare fermentazioni che ne peggiorerebbero la composizione. Il taglio avviene sempre di notte o nelle primissime ore del mattino. Utilizziamo per la messa in andana dei particolari ranghinatori a testata pick up di nove metri che ci permettono di trattare l’erba medica sfalciata con la massima gentilezza, non maltrattando la foglia e riducendo al minimo la raccolta di terra. Poi passiamo con la trincia e portiamo il carico alla disidratazione, per portare il prodotto da livelli di umidità del 30-40% al 10-12%. Abbiamo tre linee di lavorazione: una per la produzione di erba medica macinata e pellettata, mentre con le altre due linee facciamo erba medica a fibra lunga – da 8 a 10 cm – mantenendo di fatto la misura del taglio fatto dalla trincia. Poi il tutto viene confezionato in balloni ad alta densità.

C’è tanta tecnologia in questa filiera di lavoro, nelle sue varie parti, per avere la massima sicurezza sul prodotto finale. Puoi indicarci qualche passaggio chiave?

Tutti i nostri appezzamenti sono mappati e a controllo satellitare, così come ogni movimento dei mezzi per le operazioni di raccolta e i camion che portano il prodotto in azienda. Tutto è tracciato, e per ogni ballone che esce verso il cliente sappiamo esattamente l’appezzamento, il giorno e l’ora della sua raccolta. Per ogni linea di prodotto, sia pellet che balloni, abbiamo installato un rilevatore NIR che fa in automatico la misurazione di umidità, proteine e fibra. A questo aggiungiamo un controllo “umano”, con un operatore che e verifica che nei balloni in uscita non ci siano lacerazioni, buchi, aperture che potrebbero poi portare a danneggiamento del prodotto. Abbiamo poi lavorato anche sui materiali di imballaggio, riducendone continuamente l’impatto.

Anche la fase di essiccazione è stata oggetto di attenzione e miglioramento. Prima utilizzavamo dei bruciatori alimentati a gasolio a basso tenore di zolfo. Portavano però a temperature eccessive, con fiamma che lambiva il prodotto, danneggiandolo e lasciando tracce di odore di gasolio. Niente di “illegale”, sia chiaro. Ma per noi l’erba medica essiccata deve essere verde e profumata, come fosse appena raccolta. Così ora abbiamo tre bruciatori alimentati a metano, con fiamma regolabile e temperature più rispettose. E, soprattutto, il prodotto finito mantiene inalterato il suo profumo e la sua fragranza, oltre alle sue caratteristiche.

La siccità e l’impennata dei costi energetici quale impatto hanno avuto sulla vostra produzione?

Decisamente pesante. La siccità ha causato una riduzione della produzione del 40% quest’anno e i costi di essiccazione sono di fatto quadruplicati con questi prezzi del gas. È una situazione che interessa tutta la filiera e una fonte di preoccupazione di non poco conto.

Voi siete gli unici produttori di foraggi presenti nell’Albo Mangimisti del Consorzio del Parmigiano Reggiano. Cosa significa questo per voi e quale cambiamento ha indotto questa partecipazione nel vostro modo di lavorare?

È vero, siamo gli unici. Essere presenti nella filiera agroalimentare italiana più famosa al mondo è per noi un grande motivo di orgoglio, tanto più che i punti chiave che caratterizzano la produzione di Parmigiano Reggiano sono da sempre anche i nostri. Sostenibilità, dialogo con il consumatore, benessere in un’accezione cha va dalla terra all’uomo, sono anche tutto ciò che mi sforzo continuamente di comunicare, perché su questo il mondo agricolo ha molto da dare e da dire. Ovviamente essere iscritti all’Albo è anche una sfida impegnativa per gli standard di qualità del prodotto da garantire. Per noi lo sforzo maggiore non è stato quello dell’avere, ma quello del “non” avere. Mi riferisco alle ceneri, naturalmente. Per questo abbiamo rivisto passaggi e attrezzature per ottenere livelli veramente minimi. E per maggiore sicurezza abbiamo infine installato all’uscita di ogni linea di prodotto dei vagli pneumatici, che funzionano in automatico, per togliere una quota ulteriore di possibili ceneri al prodotto finale.

Tutto questo è impegnativo, ma non potremmo fare altrimenti. Vogliamo che la nostra sia “erba medica Forte”, non semplice erba medica.

Luigi Forte.