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Lettiera di sabbia: è sempre la soluzione migliore?

Da tempo la sabbia è oggetto di attenzioni nel mondo dell’allevamento per il suo utilizzo come lettiera. Ha caratteristiche che la rendono un materiale interessante e nelle stalle degli Stati Uniti è assai diffusa. Al contrario, nelle stalle italiane è poco presente. 

Ma come si colloca la sabbia al confronto con altri materiali comunemente utilizzati nelle cuccette come lettiera? Se ne è occupata una recente ricerca della Cornell University e, stando ai dati di laboratorio prodotti, la risposta non è così netta come potrebbe sembrare. 

Partiamo da un dato: le mastiti causate da patogeni contagiosi continuano a diminuire nella loro incidenza e per questo il focus della ricerca sul tipo di lettiera si è spostato sui patogeni ambientali e la loro associazione sull’insorgenza delle mastiti come la loro influenza sulla qualità del latte. Tuttavia non mancano ostacoli che rendono problematica una valutazione univoca di questo nesso per i vari materiali, a partire dalla grande variabilità dei campioni con cui ci si deve confrontare. 

Una ricerca su 53 stalle

È tuttavia interessante vedere da vicino una ricerca svolta di recente dalla Cornell University, che ha valutato otto differenti tipologie di lettiera provenienti da 53 stalle differenti. Precisamente: separato (7) lettiera permanente (1); carta (1); segatura (7); paglia (2); fibra di Syracuse (un materiale a base di carta tritata, cartone e cartongesso sbriciolati e addizionati con carbonato di calcio); sabbia (29) e sabbia riciclata (2). Sono stati prelevati da tre a sei campioni di lettiera “ usata”, il giorno in cui veniva messa della lettiera fresca, e da 1 a 3 campioni della lettiera “nuova” prima della sua deposizione in cuccetta, per un totale di 277 campioni, di cui 214 di lettiera “da cuccetta” e 63 di lettiera “nuova”. Tutti i campioni sono risultati negativi alla ricerca dei mastidogeni contagiosi Staphylococcus aureus e Streptococcus agalactiae

Il passo successivo della ricerca è stato quello di seguire le aziende interessate per un anno e da esse prelevare mensilmente ulteriori campioni per valutare la correlazione tra lettiere e mastiti.

Un primo dato ha sorpreso i ricercatori: c’erano molti campioni di materiale di lettiera prelevati dalla cuccetta senza alcuna crescita di patogeni, ad esempio coliformi. Che non ci siano coliformi è un dato improbabile e in ciò entra in campo la variabilità dei campioni arrivati al laboratorio e questa è una delle ragioni per cui è stato importante raccoglierne molti.

Sabbia confrontata con altre matrici 

Anche se la sabbia è considerata il gold standard per i materiali di lettiera grazie al comfort che assicura alla bovina e alla sua caratteristica di essere un materiale inerte che non aiuta la crescita batterica, i dati (vedi Tabella) mostrano che la lettiera di sabbia può avere comunque aspetti inattesi a questo riguardo. 

Valutando le media della conta batterica totale, ad esempio, la sabbia si posiziona abbastanza in basso, ma sorprendentemente non all’ultimo posto. Infatti, sia il separato, sia la sabbia riciclata, hanno fatto ancora meglio. 

Certo, puntualizzano i ricercatori, per quei materiali per i quali ci sono stati meno di 10 campioni, per la variabilità a cui si faceva cenno in precedenza, il dato potrebbe essere modificato da un numero di prelievi superiore e avere così dati di conta batterica più alti. 

Andando poi a visualizzare la media degli Streptococchi, la sabbia era nella metà più bassa, al quart’ultimo posto, e si sono avuti quattro campioni con crescita zero, ma tuttavia i valori massimi rilevati erano comparabili a quelli di lettiere con materiali organici, come carta e separato. 

La maggior parte delle lettiere aveva un basso numero di coliformi (meno di 5 milioni) con la eccezione della segatura (dove il massimo rilevato è stato 366 milioni), a testimoniare, ancora una volta, la grande variabilità presente. Nella segatura, infatti, le media è abbastanza bassa, a significare che molti campioni erano molto più bassi del massimo rilevato e quasi bassi quanto la sabbia. 

Infine, quasi metà dei campioni di sabbia erano negativi per Klebsiella e molti campioni, con l’eccezione del separato solido (sia digestato che non digestato) e segatura erano molto al di sotto di 1 milione di UFC/g.

È importante la dimensione delle particelle di sabbia

Dalla ricerca sono scaturiti alcuni test specifici consigliabili per la sabbia:


1- la percentuale di materiale organico 

2- il calibro delle particelle. 

La nuova sabbia non dovrebbe contenere materiale organico, mentre troppo materiale organico nella sabbia riciclata significa che il sistema di lavaggio non sta funzionando. Un obiettivo ideale è un contenuto inferiore al 2% mentre se superiore al 5% diventa un problema.

La dimensione delle particelle è anche importante perché sabbie troppo grossolane o troppo fini possono causare entrambe problemi. L’obiettivo è di avere almeno l’80% di particelle di sabbia comprese tra 0,1 mm e 1 mm, senza particelle più grandi di 2,5mm.

Altro aspetto importante è l’uniformità delle particelle. Se questa manca, se cioè ci sono particelle disomogenee nella dimensione, le particelle più piccole andranno a riempire i vuoti tra le particelle più grandi, con un effetto sigillante che ridurrà la capacità di drenaggio della lettiera. 

La differenza la fa la gestione della lettiera

Che conclusioni trarre? Nel complesso è importante ricordare che è ancora difficile tirare conclusioni certe tra tipi di materiale di lettiera, conta dei patogeni e qualità del latte. Tuttavia bovine pulite, asciutte, in condizioni confortevoli, indipendentemente dal tipo di lettiera sono portate a produrre latte di migliore qualità. È altrettanto importante notare che la più alta conta cellulare nel materiale inorganico era comparabile con la più alta conta cellulare rilevata in una lettiera con materiale organico. Insomma: il materiale utilizzato non è una garanzia assoluta e quel che gioca il ruolo principale al fine del risultato desiderato è la gestione della lettiera. 

Di Sara Fusar Poli e Paolo Moroni

Dip. Medicina Veterinaria Università di Milano