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Quale il ruolo degli allevamenti da latte nelle emissioni in atmosfera dei gas serra

La riduzione delle emissioni gassose dagli allevamenti, con particolare riferimento all’ammoniaca (NH3) e ai cosiddetti gas serra (GHG), rappresenta una delle più importanti sfide della zootecnia moderna.

Le emissioni di ammoniaca del settore agricolo costituiscono più del 95% delle emissioni nazionali e di queste circa l’80% viene dal settore zootecnico; esse sono responsabili di fenomeni di acidificazione del suolo e delle acque e sono co-responsabili nella formazione del particolato fine e ultrafine (PM10 e PM2,5).

La necessità di ridurre le emissioni di ammoniaca in atmosfera, oltre che derivare da impegni specifici presi dall’Italia nell’ambito di protocolli internazionali (Göteborg) e da direttive europee (NEC), è particolarmente importante per le regioni padane, in quanto è noto che quest’area d’Italia è un nodo di controllo per il superamento dei limiti di concentrazione delle polveri sottili.

Le regioni padane hanno siglato un Accordo di programma per l’adozione coordinata e congiunta di misure per il miglioramento della qualità dell’aria nel Bacino Padano (marzo 2016), a seguito del quale il Mipaaf ha elaborato le Linee guida per la riduzione delle emissioni in atmosfera provenienti dalle attività agricole e zootecniche, che devono essere recepite a livello regionale.

La maggiore responsabilità

Secondo le stime di Arpae contenute nel rapporto Inemar-ER 2017 dell’anno 2020, le emissioni di GHG del settore agricoltura nella Regione Emilia-Romagna ammontano a circa 3.544.000 t di CO2-eq/anno, di cui l’80,3% di origine zootecnica, e quelle di ammoniaca a 45.880 t di NH3/anno, di cui il 75,4% di origine zootecnica.

Il settore bovino ha un’emissione annua di GHG pari al 48% della CO2-eq dell’intero comparto zootecnico, mentre le emissioni ammoniacali incidono per una quota del 59% sul totale della zootecnica regionale. Quindi, è proprio il settore bovino quello che ha la maggiore responsabilità sulle emissioni.

Inoltre, bisogna considerare che, mentre per le attività di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento l’impiego di buone tecniche in grado di ridurre i rilasci di sostanze azotate nell’ambiente è stato incentivato o imposto dai Pro grammi di azione della Direttiva Nitrati (Regolamento regionale 15 dicembre 2017, n.3 della Regione Emilia-Romagna), le tecniche di mitigazione delle emissioni dalla fase di stabulazione dei bovini sono state oggetto di studi solo negli ultimi anni.

In generale, è bene ricordare che le azioni volte a limitare le emissioni dagli allevamenti permettono un miglioramento complessivo dell’impatto ambientale (riduzione degli odori) e del benessere degli animali, perché da un lato i gas sono potenzialmente nocivi e tossici per gli stessi bovini, se superano determinate soglie, e dall’altro la gestione attenta dell’igiene di stalla può limitare il pericolo di diffusione di eventuali batteri patogeni.

A livello internazionale le soluzioni strutturali e impiantistiche per le stalle di bovine da latte che possono avere effetti sul livello delle emissioni non sono ancora molte e sicuramente sono in numero modesto rispetto a quanto viene proposto, ad esempio, per il comparto suinicolo. L’importante lavoro di sintesi svolto in ambito Unece per la redazione di una Linea Guida sulla riduzione delle emissioni di ammoniaca dal settore agricolo (Bittman et al., 2014) elenca solo due tecniche che vengono considerate di provata efficacia per le stalle bovine: le pavimentazioni scanalate su cui agiscono raschiatori dentellati (groovedfloor) e il controllo ambientale finalizzato alla riduzione della temperatura dei locali d’allevamento (isolamento del tetto e tecniche attive per il raffrescamento degli ambienti).

Inoltre, importanti azioni di mitigazione possono essere attuate a livello di stoccaggio degli effluenti zootecnici, ad esempio provvedendo alla copertura, e nella fase di spandimento sui terreni, prevedendo un rapido interramento dell’effluente distribuito.

Il Crpa, in un lavoro svolto per conto di Confagricoltura e in un successivo progetto sul Psr Regione Emilia-Romagna

(Go Milkgas), ha valutato altre tecniche interessanti, come la maggiore frequenza di passaggio dei raschiatori meccanici sulle corsie e l’impiego della ventilazione forzata normalmente utilizzata nelle stalle per la limitazione dello stress termico estivo.

Il progetto Empare

Ma molto ancora bisogna studiare e sperimentare ed è per questo che il Crpa spa di Reggio Emilia è il capofila del progetto “Possibilità operative per la limitazione delle emissioni di gas negli allevamenti bovini di latte del comprensorio del Parmigiano Reggiano” (Empare), finanziato sul Psr Regione Emilia-Romagna, e che vede coinvolti come partner Dinamica società consortile di Bologna, Società agricola Delsante di Parma, Società agricola F.lli Prandi di Roncadella (Re), Stalla sociale San Martino di Parma e Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano.

L’obiettivo principale del progetto Empare è quello di valutare la situazione emissiva attuale e di stimare il potenziale di riduzione del comparto da latte più importante della regione, quello del comprensorio del Parmigiano Reggiano. Per fare ciò verrà utilizzato un innovativo strumento di supporto decisionale sviluppato nel piano del Go Milkgas (Milkgas-Tool), che permette appunto la stima delle emissioni dello stato di fatto della singola azienda e la valutazione tecnico-economica dei possibili interventi di riduzione delle emissioni.

Inoltre, il progetto prevede di integrare, in un’area pilota, la valutazione anzidetta con un’indagine sulla percezione degli allevatori rispetto alle tematiche ambientali, nonché ai vincoli e agli ostacoli percepiti nell’adozione di soluzioni di riduzione delle emissioni nel contesto territoriale dell’agricoltura periurbana. Dallo svolgimento delle attività del piano d’innovazione ci si attende un’azione di stimolo, rivolta alle aziende del Parmigiano Reggiano, per il miglioramento dell’impatto ambientale dell’attività d’allevamento.

In particolare, l’analisi del potenziale di riduzione emissiva a livello di comprensorio potrà fornire indicazioni pratiche sulle scelte da operare per ridurre il li- vello delle emissioni aziendali.

infine, proprio perché il riferimento è un’area di produzione tipica, si potranno avere indicazioni più attendibili sull’effettiva situazione della sostenibilità ambientale di un prodotto Dop così importante per l’economia regionale, con informazioni utili per lo stesso Consorzio del Parmigiano Reggiano, che, in base ai risultati, potrà fare scelte strategiche.

I numeri ispra la direttiva IED

Le emissioni di GHG dal settore agricolo sono il 7,1% del totale nazionale (Ispra, 2020). Dal 1990 al 2018 tali emissioni si sono ridotte del 13%; la riduzione è da attribuirsi in larga misura alla riduzione del patrimonio bovino, che è la categoria zootecnica che dà il maggiore contributo alle emissioni di GHG.

Le emissioni in atmosfera dalle aziende zootecniche sono state regolate dalla direttiva 2010/75/UE sulle emissioni industriali (Ied, ex direttiva Ippc), recepita dall’Italia con il d.lgs. 46/2014, che richiede agli allevamenti intensivi suinicoli e avicoli al di sopra di una certa soglia dimensionale di dotarsi della Autorizzazione integrata ambientale (Aia) e di adottare le Migliori tecniche disponibili (Mtd).

Le aziende con bovini da latte e da carne, invece, non vengono regolate da questa normativa e ricadono sotto le disposizioni del d.lgs. 152/2006, che prevede autorizzazioni “generali” o “semplificate” alle emissioni in atmosfera. Per queste aziende, quindi, le tecniche di mitigazione delle emissioni sono meno conosciute e diffuse e i benefici conseguibili possono risultare superiori.   

Paolo Rossi

Crpa spa