La ruminazione è quella funzione ciclica che consente di rimescolare nel rumine l’alimento, di favorire l’evacuazione del liquor ruminale e delle particelle più fini, di eruttare i gas e di riportare in bocca il bolo alimentare per la masticazione mericica.
Il processo di masticazione è vitale per mantenere alti livelli di ingestione e adeguata efficienza digestiva nelle vacche ad elevate produzioni. È risaputo che i ruminanti masticano rapidamente l’alimento nell’atto dell’assunzione per poi deglutirlo e il successivo processo di risalita del bolo mericico e di rimasticazione prende il nome di ruminazione.
In bocca l’alimento viene sminuzzato dall’azione dei denti e imbibito di saliva. La frattura dell’alimento durante la masticazione facilita la colonizzazione microbica e il deflusso del particolato più fine dal rumine-reticolo verso i successivi tratti del digerente.
Livello di attività e il tempo di ruminazione
Il livello di attività e il tempo di ruminazione sono due parametri molto utili per monitorare l’efficienza della mandria ed il benessere in stalla. In vacche con patologie cliniche o subcliniche ci si aspettano alterazioni di attività e tempi di ruminazione sufficientemente ampie da essere rilevate da specifici algoritmi o mediante visualizzazione di dati e/o grafici.
Molti studi hanno riscontrato che il tempo di ruminazione è associato con stati di malessere clinico o subclinico, con le bovine che riducono tale tempo precocemente rispetto all’insorgenza di patologie. Negli ultimi anni molti dispositivi sono stati sviluppati ed implementati dall’industria che fornisce alla zootecnia mezzi tecnici e tecnologie utili al monitoraggio automatico dei comportamenti e dei parametri fisiologici delle bovine.
Sono state valutate le possibilità di utilizzo di sistemi automatici di monitoraggio della salute basati sulla valutazione della ruminazione e dell’attività per rilevare gli animali con diverse patologie, in particolare metaboliche e digestive, con particolare attenzione alla tempestività di questi nel rilevare la patologia in comparazione con la diagnosi clinica.
L’allerta His
In una prova svolta su 1.121 vacche frisone (451 nullipare e 670 multipare) è stato utilizzato un collare in grado di rilevare la ruminazione e l’attività degli animali nel periodo da -21 giorni dal parto a 80 giorni in mungitura.
Gli obiettivi dello studio erano quelli di valutare, in primis, le performance del sistema nell’identificare disordini metabolici e digestivi, come dislocazione dell’abomaso, chetosi e indigestione, grazie al sistema di allerta Health Index score (HIS). Il sistema si basa sull’utilizzo di uno specifico algoritmo in grado, analizzando i dati individuali rilevati dal collare, di rilevare anomalie correlabili con le patologie.
Più precisamente questo sistema di monitoraggio, in uso anche nella stalla sperimentale dell’Università di Bologna, fornisce dati grezzi ogni due ore, dalla integrazione dei quali scaturisce un ammontare giornaliero di ruminazione e attività.
La scala His va da 0 a 100 unità, è calcolata giornalmente e individualmente da un algoritmo che combina ruminazione e attività. Nello studio è stata studiata la corrispondenza tra allarme (un valore His < 86 per almeno una giornata da -5 giorni a +2 giorni rispetto la diagnosi clinica) e diagnosi clinica.
Sono stati anche valutati i giorni intercorsi tra la prima allerta His e la diagnosi clinica della patologia da parte del personale aziendale. La sensibilità (cioè la capacità del sistema di dare lo stesso allarme che avrebbe dato la diagnosi clinica) è stata del 98% per torsione dell’abomaso, del 91% per chetosi, dell’89% per indigestione e del 93% per combinazioni di più patologie.
In altre parole, l’allarme si è attivato nel 98, 91, 89 e 93% dei casi in cui le varie patologie si sono manifestate (tra l’altro, di norma, l’allarme His è stato più precoce rispetto alla diagnosi clinica, con evidenti vantaggi nella risoluzione del problema a motivo della possibilità di intervento più tempestiva).
Per tenere sotto controllo il problema S.A.R.A
Nel complesso, ruminazione e attività generale della vacca riscontrate nello studio per gli animali rilevati come positivi a problemi sanitari dal dispositivo di monitoraggio, erano caratterizzate da livelli inferiori in comparazione a vacche senza problemi di salute, e tali differenze erano facilmente rilevabili dalle tecnologie del sistema ed interpretabili dai suoi algoritmi.
Nello studio, la sensibilità generale e il tempo di rilevazione da parte del dispositivo al momento dell’allerta hanno indicato che la combinazione di ruminazione e attività possono essere strumenti utili per identificare i soggetti che, nella mandria, soffrono di problemi riferibili ad una inadeguata attività ruminale.
L’insieme di una accurata formulazione della razione, una corretta progettazione delle stalle con particolare riferimento a spazi in mangiatoia e caratteristiche delle aree di decubito, una razionale gestione dei gruppi, una diagnostica tempestiva può permettere di tenere sotto controllo un problema come quello della S.A.R.A. che oggi è sicuramente fra quelli che con maggiore frequenza ed intensità determinano in molte stalle rilevanti perdite di sanità ed efficienza produttiva.
Meglio se per più di 420-450 minuti
È stato da tempo ben documentato che adeguati tempi di ruminazione riducono i rischi di acidosi ruminale e promuovono l’ingestione e la digestione della fibra.
La ruminazione è stimolata dall’attivazione dei tensorecettori della superficie reticolo-ruminale che sono eccitati da una stimolazione tattile – cioè dallo sfregamento delle frazioni fibrose sulla parete del rumine – e da una bassa a moderata distensione del rumine a causa del suo contenuto.
L’estrema distensione del rumine (meteorismo), alte concentrazioni di AGV e una elevata pressione osmotica, tipicamente osservata negli stadi precoci di acidosi ruminale, possono invece causare ipomotilità (cioè scarsa capacità di contrazione) ruminale che può esitare in un vero e proprio blocco dell’ingestione e della ruminazione (è la situazione che una volta si definiva della “vacca impomata”).
Il tempo massimo di ruminazione è di circa 10-12 ore al giorno; questa è la situazione che tipicamente si osserva alimentando le bovine con elevate quantità di foraggi, mentre la maggior parte delle vacche da latte alimentate a unifeed non rumina così a lungo. Nelle usuali condizioni di allevamento a stabulazione libera, il tempo speso per la ruminazione deve essere superiore ai 380/390 minuti al giorno, ma sono preferibili tempi superiori ai 420-450 minuti.
Le bovine che producono più latte devono avere più tempo per ruminare
La ruminazione avviene di preferenza durante la notte quando le vacche riposano, ma anche durante il giorno quando non vengono disturbate dalle pratiche aziendali come la mungitura o la distribuzione del nuovo alimento, con il picco di ruminazione che avviene approssimativamente 4 ore dopo la distribuzione dell’alimento e il tempo di ruminazione associato ai periodi di decubito.
Alcuni studi riportano un maggiore tempo di ruminazione in pluripare in comparazione con primipare, però queste differenze appaiono maggiormente correlate con la differenza di ingestione.
Il tempo di ruminazione è positivamente associato con la produzione di latte – per cui le bovine che producono più latte devono potere avere più tempo per ruminare – con l’associazione positiva tra ruminazione e produzione di latte con ogni probabilità anche in questo caso collegabile alla maggiore ingestione.
Alcuni autori hanno notato che le vacche che spendono meno tempo a mangiare ruminano più a lungo, rimarcando ciò l’importanza di una adeguata possibilità di accesso alla mangiatoia.
Il tempo massimo di masticazione per le vacche da latte è stimato di circa 16 ore al giorno e dalla letteratura emerge come vi sia una relazione compensatoria tra il tempo speso per la masticazione all’assunzione di alimento e il tempo di ruminazione.
In altri termini le vacche che spendono più tempo ad assumere l’alimento ruminano di meno e viceversa. Tuttavia, questo effetto compensatorio non avviene in vacche che ruminano a livelli vicini al loro massimo fisiologico, come nel caso delle vacche a elevata produzione.
Andrea Formigoni, Damiano Cavallini
Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie – Alma Mater Studiorum – Università di Bologna