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Il microbiota ruminale, protagonista silenzioso

Nel contesto dell’allevamento da latte destinato alla produzione di Parmigiano Reggiano, dove l’alimentazione a base di foraggi fibrosi e l’eccellenza qualitativa del latte sono imprescindibili, il ruolo del microbiota ruminale assume una centralità nuova.

Non si tratta più soltanto di garantire una buona fermentazione della fibra e la produzione di acidi grassi volatili: le recenti scoperte scientifiche suggeriscono che il complesso microbico ruminale può influenzare il profilo degli acidi grassi, la salute sistemica della vacca e perfino l’immunità della ghiandola mammaria.

In altre parole, si affaccia la possibilità di selezionare vacche “da Parmigiano Reggiano” anche in funzione del loro microbiota.

Un microbiota capace di digerire meglio il fieno, produrre acidi grassi aromatici utili per il gusto del formaggio, contribuire alla sanità della mammella e, in prospettiva, ridurre l’uso di antibiotici.

Il microbiota si eredita: alcune vacche lo trasmettono meglio

Uno studio del 2024 ha analizzato il rumine di oltre mille vacche Holstein, dimostrando che alcune delle comunità batteriche presenti mostrano una componente ereditaria. In particolare, si è osservato che batteri noti per la loro capacità di digerire la fibra (come Fibrobacter o Prevotella) sono più presenti in alcune vacche, grazie a specifiche varianti genetiche.
Tra queste, una variante del gene SLC30A9, legata al metabolismo dello zinco e al sistema immunitario, sembra favorire l’insediamento di un microbiota più efficiente. Questo significa che, in futuro, potremmo selezionare bovine non solo per i litri prodotti, ma per la loro capacità di mantenere una flora ruminale funzionale e utile per la salute e la qualità del latte.

Il linguaggio invisibile tra i batteri: comunicare per fermentare meglio

Un’altra ricerca ha rivelato che i batteri ruminali comunicano tra loro grazie a segnali chimici, un processo noto come quorum sensing. In particolare, alcuni batteri – ancora una volta Prevotella in prima linea – producono molecole che regolano l’attività di tutta la comunità microbica: dall’attivazione degli enzimi digestivi alla produzione di sostanze con effetto antinfiammatorio.
Questa scoperta apre prospettive molto concrete: modulare il microbiota ruminale non solo con l’alimentazione, ma anche con additivi naturali (come prebiotici) in grado di favorire i “batteri giusti”.

Tre livelli, un solo obiettivo: latte di qualità e animali più sani

Nel 2024, un secondo studio ha integrato dati genetici, metagenomici e metabolomici di 304 vacche Holstein per esplorare le connessioni tra DNA bovino, composizione microbica e produzione di latte, per dimostrare che esiste un collegamento diretto tra il DNA della vacca, i batteri presenti nel rumine e i metaboliti prodotti nella fermentazione. In termini pratici: alcune vacche, per predisposizione genetica, ospitano meglio certe famiglie batteriche che producono più energia e migliorano il profilo lipidico del latte, rendendolo più ricco in propionato (utile per la produzione) e più bilanciato dal punto di vista nutrizionale.

Tra gli effetti osservati, è emerso anche un aumento di metaboliti derivati dal glutammato e dagli zuccheri complessi, con proprietà antinfiammatorie e immunomodulanti. In sintesi, queste vacche non solo producono di più, ma si ammalano meno.

Rumine e mammella: un legame sottovalutato

Infine, una ricerca ha mostrato per la prima volta un collegamento funzionale tra il microbiota ruminale e la salute della mammella. Le vacche con una conta cellulare somatica (SCC) più bassa – cioè con meno infiammazioni e mastiti – avevano un rumine ricco di Prevotella e Butyrivibrio, batteri che producono metaboliti con effetto protettivo sul sistema immunitario.

Al contrario, nelle vacche con SCC elevata si osservavano comunità batteriche più povere e meno specializzate, accompagnate da una maggiore presenza di citochine infiammatorie. Questo suggerisce un asse funzionale rumine–mammella: migliorare la fermentazione ruminale, con una dieta adeguata e strumenti di selezione genetica, può tradursi in una migliore sanità della ghiandola mammaria e in meno trattamenti antibiotici.

Microbiota da Parmigiano Reggiano

Per chi produce latte destinato a Parmigiano Reggiano, questi risultati rappresentano una svolta potenziale. La dieta a base di fieno e foraggi fibrosi, prevista dal disciplinare, richiede un rumine altamente efficiente e una popolazione microbica capace di valorizzare la fibra. Ma oggi sappiamo che queste comunità possono essere selezionate, influenzate e persino potenziate geneticamente.

Un microbiota “da Parmigiano Reggiano” non è una fantasia: potrebbe presto essere realtà grazie a strumenti di genetica applicata e nutrizione di precisione. La capacità di influenzare il profilo aromatico del latte, la salute mammaria, la resilienza dell’animale e la sostenibilità produttiva passa anche attraverso il rumine.

Un rumine da selezionare, monitorare e – perché no – valorizzare anche nella narrazione aziendale.