Daniele Pederzani è un giovane veterinario buiatra libero professionista e con il suo socio dott. Simone Grandi ha fondato Bovivet S.t.p. team di veterinari, che seguono stalle da Parmigiano Reggiano prevalentemente nella provincia di Parma.
Si occupa di clinica, di ginecologia, ma per passione e per formazione la sua attività va anche alla consulenza su temi di nutrizione e di gestione aziendale e per questo attraverso la Società Agrovet in collaborazione con lo zoonomo Maicol Pittella fornisce servizio di consulenza alle aziende.
Nella sua formazione professionale ci sono infatti, oltre alla laurea in Veterinaria a Parma, anche sei mesi alla Cornell University al Dipartimento di scienze animali dove ha potuto approfondire i temi della nutrizione e della gestione aziendale. Tutto questo gli consente un apprezzato approccio a tutto tondo alla stalla da latte, e in particolare a quella che fa latte per Parmigiano Reggiano. E temi come il benessere animale, la riduzione del consumo di farmaci, il miglioramento dell’efficienza alimentare sono consueti del suo lavoro quotidiano nelle stalle con gli allevatori.
Partiamo proprio dal benessere animale: per la stalla ma anche per il formaggio…
Sul benessere animale ha fatto un grande lavoro il Consorzio del Parmigiano Reggiano con le sue iniziative. Ha fatto tantissimo per la sua applicazione e il suo miglioramento progressivo nelle aziende. Soprattutto ha introdotto un concetto importante, ossia il valore del benessere animale per gli animali e anche per il prodotto finito. Perché se è abbastanza chiaro che lavorare sul benessere animale è utile per migliorare i risultati della stalla, la sottolineatura che anche il prodotto finale trae un valore maggiore se deriva da un latte prodotto con alti standard di benessere animale è abbastanza nuova.
Quanto è diffusa la consapevolezza che il lavoro sul benessere animale è un investimento necessario?
Direi che la consapevolezza c’è, ma spesso ci si scontra con ostacoli di varia natura che rendono più complicato per l’allevatore fare progressi importanti, come magari vorrebbe. I problemi nascono a volte dalla situazione e dalle caratteristiche dell’azienda. A volte ci troviamo con strutture troppo vecchie, difficili da ampliare o ristrutturare. Altre volte le problematiche sono date dalla mancanza di ricambio generazionale: difficile investire e fare programmi impegnativi se non si vede una successione alla conduzione della stalla.
Tra i vari settori della stalla dove maggiormente noti la necessità di intervento per migliorare il livello di benessere?
Direi che la fase di transizione è ancora quella dove c’è maggior bisogno di attenzione e di una più mirata definizione degli spazi. Particolarmente necessario a mio avviso è uno spazio adeguato per il parto e per le primissime settimane dopo il parto, dove ci siano spazio, tranquillità, pulizia.
Certo, la dimensione della stalla è un fattore critico. Con stalle mediamente di 70-120 vacche, come la maggioranza di quelle che seguo e che rappresentano la stalla classica da Parmigiano Reggiano, diventa difficile poter costituire tutte le suddivisioni che si vorrebbero. Il discorso cambia se parliamo di allevamenti con centinaia di capi in lattazione, dove il numero di parti ogni mese è tale da permettere agevolmente la costituzione di questi gruppi.
Se le vacche partoriscono nel gruppo di asciutta, anche se questo è ben dimensionato, non sempre le condizioni sono ottimali tutto l’anno, ad esempio in termini di densità. Dobbiamo considerare l’effetto fisarmonica: uno spazio fisso all’interno del quale la densità può andare aumentando in maniera pericolosa in certi periodi dell’anno, in corrispondenza di picchi (di un aumento della concentrazione dei) dei parti. E quindi potrebbero verificarsi periodi, durante l’anno, in cui il carico animale su una stessa superficie aumenta notevolmente e di conseguenza aumentano i rischi di eventuali problemi nella fase di transizione.
Insomma, un’area dell’allevamento dedicato al pre-post parto avrebbe un senso importante nella stalla, anche di piccole dimensioni, sia per la salute della bovina adulta sia per il neonato vitello sia per migliorare la gestione futura della vitellaia. Questo vale ancora di più oggi in un’ottica Classyfarm.
Introduci un elemento centrale: la sanità degli animali, da ottenere con il minimo ricorso possibile al farmaco, in particolare agli antibiotici. Diventa sempre più importante lavorare su gestione, strutture, valutazione dei dati disponibili. Vale ad esempio per l’asciutta selettiva. Come hai affrontato nelle stalle che segui questo passaggio?
In tutte le aziende che seguo ho costruito dei percorsi di passaggio graduali all’asciutta selettiva improntati a prudenza e definiti azienda per azienda, perché ogni stalla fa sempre storia a sé e diventa difficile generalizzare e usare soglie e protocolli uguali ovunque.
Considero nell’approccio il dato dei controlli funzionali, il tipo di struttura e di spazi a disposizione per l’asciutta ed eventualmente per i parti, se l’area è adeguata, se è carente, se un’area che può essere modificata e migliorata. Si lavora azienda per azienda, quindi, confezionando per ognuna un tipo di approccio all’asciutta selettiva e poi controllando in ogni stalla il dato del post parto, l’incidenza di nuove mastiti, per vedere come migliorare, come perfezionare in continuo il protocollo applicato. Non è quindi un discorso di griglie rigide, ma un adattamento continuo della situazione esistente perché sia un percorso di crescita e di miglioramento complessivo.
Altro punto importante è la presenza o assenza di agenti infettivi. Se ad esempio vi è prevalenza di Staphilococcus aureus, quello che più frequentemente è presente in alcune aziende, allora vanno prima impostati e adottati dei piani di risanamento.
Altro punto che considero con attenzione è l’efficienza e il controllo degli impianti di mungitura e degli ambienti della fase di lattazione. Anche perché meno mastiti abbiamo in lattazione più è agevole applicare i protocolli di asciutta selettiva.
Se proprio vogliamo considerare delle soglie generalmente si è andati ad asciugare senza antibiotico quelle vacche che non hanno avuto sintomatologia clinica e non hanno avuto un rialzo di cellule nella lattazione, rimanendo sotto soglie di massima sicurezza, sotto le 100.000 cellule o, in alcuni casi, 50.000 cellule. Il passo successivo è stato verificare poi l’andamento di questi animali, l’eventuale presentarsi di mastiti, il tutto per capire come procedere successivamente, con un numero maggiore di animali, e poi sempre osservando e valutando le bovine e ragionando su come e dove andare a modificare la gestione e le strutture. Ripeto: preferisco un approccio di questo tipo, prudenziale, procede per piccoli passi successivi, perché permette un miglioramento progressivo e duraturo (e un consolidamento dei cambi gestionali decisi in collaborazione con l’allevatore).
Tu pensi che la selezione possa portare dei buoni risultati in tempi accettabili verso bovine più resistenti e in grado di risentire meno degli stress?
La selezione ha accelerato notevolmente la sua capacità di dare delle risposte concrete all’allevatore e alle filiere. Grazie alla genomica ora possiamo accelerare notevolmente i tempi del progresso genetico. Inoltre vedo che nelle stalle dove da tempo si seleziona con oculatezza c’è una uniformità della mandria che è di grande aiuto anche a livello gestionale. Questo non vuol dire che non si debba lavorare sugli altri fronti, come la gestione, il miglioramento delle strutture, l’alimentazione, ovviamente.
A proposito di alimentazione: stalle sempre più produttive necessitano di razioni di alto livello e questo coinvolge necessariamente la qualità dei foraggi, perché è difficile pensare a quote di concentrati superiori a quelle attualmente in uso…
L’importanza del foraggio non solo nelle razioni per la lattazione, ma per tutte le fasi di allevamento è fondamentale. Anche nelle razioni delle manze deve essere infatti della massima qualità. Alta qualità del foraggio significa ottima conversione dell’alimento, ottime produzioni e ottimi titoli del latte, oltre al maggiore benessere delle bovine. Non dappertutto c’è però la consapevolezza che si debba investire e non risparmiare sull’alimento e quindi puntare alla massima qualità, e questo vale soprattutto per i foraggi. C’è da lavorare, quindi, ma ci sono anche margini di miglioramento importanti che si possono ottenere.