“C’è stata una piccola finestra in aprile e poi una altrettanto breve finestra a maggio. La prima è bastata per fare metà del fieno, la seconda per l’altra metà. Ma questo è stato possibile per poche aziende, che hanno limitato così i danni: molte altre non ce l’anno fatta e il fieno è ancora da fare”.
Inquadra così la situazione Franco Ghelfi, agronomo, consulente dello studio RuralSet di Modena, commentando un inizio di stagione foraggera caratterizzato da piogge continue, che hanno rallentato, se non bloccato completamente, i lavori di fienagione.
“Chi non ha raccolto in quelle finestre ha ancora il foraggio tutto in campo, la maturazione avanza, la lignificazione cresce e quindi si avrà un prodotto sempre più scarso per qualità e digeribilità. È stato compromesso il risultato dell’intero anno. Certo, ci sono i tagli successivi e con essi la possibilità di rimediare, almeno in parte, a questo disastroso inizio di annata, ma bisognerà stare ancora più attenti con quei tagli, che diventano di importanza fondamentale per l’approvvigionamento foraggero delle aziende. Parlo di quantità di fieni, ma soprattutto di qualità”.
Il tema della qualità è strategico, uno snodo ineludibile per la stalla. Questo vale non soltanto per il fieno, ma per tutto quello che arriva dalla campagna, è così?
“La questione fondamentale che dobbiamo tenere in considerazione, quando si parla di tutte le produzioni della campagna per la stalla, riguarda certamente la quantità di ciò che si produce, ma è soprattutto alla qualità che dobbiamo rivolgere la massima attenzione. Non è più possibile gestire stalle con animali così performanti se non si hanno a disposizione alimenti della massima qualità. La quantità viene in un secondo tempo, è importante, ma è subordinata alla qualità. E questo per chi fa latte in territorio da Parmigiano Reggiano deve essere l’obiettivo strategico di riferimento, verso cui orientare ogni scelta e ogni azione. Inutile produrre una grande massa di foraggio se poi la sua digeribilità e bassa, il suo valore nutrizionale è ridotto. Il fieno che produciamo dobbiamo vederlo per quello che è: proteine ed energia per le nostre vacche. Se mancano, perché se la digeribilità è bassa, dobbiamo andare ad acquistarle all’esterno, mentre noi dobbiamo fare il massimo sforzo per ridurre la dipendenza dagli acquisti esterni. È anche una questione di mentalità: se entriamo in questo ordine di idee, allora riusciamo anche a concentrarci su come attrezzarci, sulle modalità e sui tempi di lavoro più adatti per produrre alimenti che siano della massima digeribilità per le bovine in stalla”.
Non si può non parlare di essiccatoio aziendale…
Direi che in stagioni come queste ancora di più la disponibilità di un essiccatoio aziendale può fare la differenza. Per chi non ha l’essiccatoio è stato veramente un problema il primo taglio quest’anno, che come si sa è quello che garantisce quantità e qualità migliori.
L’essiccatoio aziendale è centrale per ogni prospettiva nutrizionale della mandria e per ogni ipotesi di autoapprovvigionamento, il più possibile completo, per la parte foraggera.
Un’azienda che vuole guardare avanti è difficile pensare che possa farlo senza una certezza – o quantomeno una notevole riduzione delle incognite climatiche – come quella che può dare un essiccatoio.
Questo vale soprattutto per aziende poste nel comprensorio del Parmigiano Reggiano che devono fare del foraggio e che da questo dipende in larga misura l’ottimizzazione della capacità produttiva della loro mandria: l’animale sta bene, fa tanto latte di qualità se tu gli dai da mangiare tanto foraggio di elevata qualità e non rimediando con il concentrato a quello che manca, perché si va contro la normalità fisiologica della bovina, creata per utilizzare e sfruttare al meglio proprio il foraggio.
In questo modo produce, resta sana, resiste in stalla. Tutta la sostenibilità economica dell’attività, se vogliamo, dipende da un foraggio di qualità”.
Si è investito molto nelle stalle, un po’ meno per la campagna?
È così. Servono investimenti mirati anche alla campagna e alla produzione foraggera.
Negli anni si è investito tantissimo nella stalla, ma ora emerge con chiarezza la necessità di investire anche nella campagna: qui siamo rimasti indietro.
Parliamo dell’essiccatoio, ma non solo. Il discorso è più generale e rappresenta la sfida dei prossimi anni. Il cuore del sistema allevamento è la campagna. Per troppo tempo abbiamo trascurato questo aspetto e adesso dobbiamo recuperare in termini di redditività e di qualità.
A tutti i livelli: lavorazione del terreno, concimazione, selezione genetica, attrezzature per il cantiere di lavoro, tempistiche, modalità di raccolta e di conservazione.
Sui foraggi in particolare stiamo capendo cose nuove, ad esempio con gli studi del prof. Formigoni, legate ai tempi di raccolta e al periodo di taglio.
I 27 giorni, ad esempio, e non più i 30 o anche 35 tra un taglio e l’altro di medica, fanno la differenza. E poi l’altezza del taglio, la qualità del taglio, le attrezzature per la raccolta, fanno la differenza. I cantieri per la fienagione spesso non sono efficienti: la finestra di raccolta è molto stretta e bisogna essere attrezzati e organizzati per poterla sfruttare al meglio.
Non è solo un problema di chi produce foraggio, ma riguarda tutta la zootecnia italiana, anche chi produce insilati e seminativi. Per produrre alimenti adeguati per la mandria la campagna deve rendere di più, in termini di quantità e soprattutto di qualità: bisogna investire nella campagna.