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Quante proteine usare nella razione delle bovine da Parmigiano Reggiano?

Il razionamento proteico delle bovine da latte è un elemento chiave per ridurre le emissioni azotate e aumentare la sostenibilità della produzione di latte. Vale in particolare per la produzione di latte da Parmigiano Reggiano, per il quale il tema della sostenibilità è strategico e va migliorato. La ricerca spiega come sia possibile abbassare il livello proteico delle razioni senza perdere in produzione di latte e, in particolare, di caseina. Questa possibilità si intreccia con le caratteristiche genetiche delle bovine e con la qualità dei foraggi prodotti e utilizzati. Su entrambi i versanti ci sono strumenti efficaci a disposizione per migliorare. In questo e nel prossimo primo articolo il prof. Andrea Formigoni fa il punto sul razionamento proteico e sulle vie per aumentarne l’efficienza.  

Il tema dell’alimentazione azotata e proteica della bovina da latte è tuttora di grande interesse per il mondo scientifico e operativo alla luce del fatto che:

  1. le proteine sono la componente più costosa delle razioni; fra i mangimi basta confrontare il costo della soia rispetto a quello dei cereali per rendersene conto;
  2. c’è un rapporto diretto fra apporti di proteine con la razione e escrezione di azoto nell’ambiente; ciò comporta un aumento della liberazione di ammoniaca e protossido di azoto in atmosfera e maggiori rischi di contaminazione delle falde;
  3. l’eccesso di proteine impatta negativamente sulla salute e la fertilità delle bovine;
  4. il corretto apporto di azoto e amminoacidi è determinante per ottenere buoni livelli produttivi e in particolare per esaltare la sintesi di caseina del latte che, come noto, è la principale componente responsabile della resa in formaggio.

Date queste premesse è utile, anche alla luce delle più recenti indicazioni fornite dal mondo della ricerca, riflettere sulle strategie che attualmente e in futuro siano adottabili. 

Le basi

Le proteine sono caratterizzate dalla presenza di azoto (in media ne contengono il 16%) costituente essenziale degli amminoacidi. Questi possono essere paragonati alle lettere dell’alfabeto che diversa,mente combinate, generano infinite parole; così nell’organismo, gli amminoacidi diversamente combinati, sulla scorta del codice genetico cellulare, sono utilizzati per la sintesi delle proteine corporee e del latte.

Tali sintesi, possono accadere solo se tutte le “lettere” necessarie sono contemporaneamente disponibili e se la disponibilità di energia è adeguata. Infatti, se manca anche solo un amminoacido (in quel caso parliamo di amminoacido limitante) quella determinata sintesi proteica non potrà avvenire.

A quel punto gli amminoacidi non utilizzati per le sintesi proteiche vengono impiegati per sintetizzare glucosio; nel processo, il gruppo azotato in essi contenuto viene condensato ad urea che viene escreta per via renale e mammaria.

Se l’organismo è in carenza di energia, le sintesi proteiche saranno in parte compromesse e, soprattutto, molti amminoacidi saranno dirottati alla produzione di glucosio. Questo è il motivo per cui, di frequente, nella prime fasi di lattazione, in animali con bilancio energetico negativo, si registrano elevati valori di urea nel latte.  

Fonti amminoacidiche

Nei ruminanti gli amminoacidi derivano da due fonti. La principale è rappresentata dalla digestione intestinale delle proteine microbiche che si formano nel rumine. Le proteine microbiche hanno un profilo in amminoacidi corrispondente alle necessità dell’organismo e della mammella in particolare.

La seconda fonte è rappresentata dalla digestione intestinale delle proteine contenute negli alimenti che sfuggono all’azione degradativa dei batteri proteolitici nel rumine; questa quota viene usualmente definita come quota by-pass o escape. In genere, il profilo in amminoacidi delle proteine escape è carente di alcuni amminoacidi (metionina e lisina in particolare) essenziali per massimizzare la sintesi di proteine del latte.

Già da diversi anni sono anche disponibili amminoacidi di sintesi che adeguatamente protetti dall’azione degradativa dei batteri sono utili per integrare le carenze a livello intestinale. In particolare, è noto come la metionina sia l’amminoacido più di frequente carente; per produzioni elevate e in talune diete anche la lisina e l’istidina possono divenire limitanti 

La sintesi di proteine nel rumine 

La sintesi delle proteine ruminali, le migliori e le più economiche fonti di cui possiamo disporre, dipendono da quanto efficientemente e intensamente crescono i batteri e i protozoi.

Fra i numerosi fattori che si debbono considerare (costante disponibilità di foraggi appetibili e digeribili, controllo delle fluttuazioni del pH ruminale, equilibrio minerale, ecc.) non v’è dubbio che la disponibilità di carboidrati fermentabili (zuccheri, amidi, fibre solubili e insolubili) e proteine degradabili rappresentino gli elementi fondamentali.

Così, tanto più elevata è la quantità di glucidi fermentati tanto più abbondanti saranno gli amminoacidi di cui disporrà la bovina. 

Come accennato i batteri per moltiplicarsi hanno fabbisogni specifici di fonti azotate che debbono essere considerati e soddisfatti. Fra queste fonti un ruolo primario è svolto dall’ammoniaca, dai peptidi e dagli isoacidi che sono prodotti dai batteri proteolitici a partire dalle proteine alimentari degradabili. In tal senso è opportuno che una quota adeguata di proteine degradabili sia presente nelle razioni.

L’ammoniaca, rispetto ai fabbisogni dei batteri può essere carente e in questo caso la crescita viene limitata; nel caso invece cui sia in eccesso, viene assorbita dalla parete del rumine e nel fegato convertita ad urea; liberata nel sangue l‘urea viene quindi in parte riciclata nel rumine e in parte escreta nell’urina e nel latte.  

Le stime relative ai fabbisogni di proteine degradabili per il rumine sono variabili; in NASEM di recente pubblicato (2021) è stimato che almeno il 10% della sostanza secca della razione sia costituita da proteine degradabili. Le nostre esperienze, in accordo con quelle di altri autori, indicano che tali quote possano essere ridotte fino a valori del 7% senza penalizzare significativamente le risposte degli animali 

Obiettivi del razionamento

Date le premesse succintamente esposte, gli obiettivi di razionamento che ci proponiamo sono quelli di soddisfare i fabbisogni in azoto dei batteri ruminale e in amminoacidi della vacca e della mammella riducendo al massimo l’escrezione urinaria di azoto nell’ambiente. In pratica tale obiettivo si può perseguire:

  • massimizzando la produzione ruminale di proteine assicurando ai batteri e ai protozoi l’energia e le fonti azotate necessarie;
  • utilizzando fonti di proteine escape dotate di un buon profilo amminoacidico e ben digeribili nell’intestino; un mezzo per ottenere maggiori quote di proteine by-pass dagli alimenti è quello di trattarli termicamente attraverso, per esempio, la fioccatura e l’estrusione;
  • utilizzando amminoacidi resistenti alle degradazioni ruminali e digeribili nell’intestino; in particolare le più recenti ricerche ci dicono che la massima efficienza di conversione degli amminoacidi in caseina si ottiene quando si riescano a mantenere determinati rapporti fra lisina e metionina; In particolare, secondo le indicazioni suggerite da CNCPS (Van Amburgh et al. 2015), il rapporto lisina e metionina dovrebbe attestarsi su valori di 2,7:1; 
  • assicurando adeguati livelli di energia all’animale per favorire l’efficienza di conversione degli amminoacidi in proteine muscolari e caseine.

Andrea Formigoni

Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie – Università di Bologna 

Nel prossimo articolo tratteremo nel dettaglio il razionamento per la migliore efficienza dell’apporto proteico.