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Streptococcus agalactiae, un agente di mastite bovina non ancora sconfitto

I primi risultati del Piano di controllo della Regione Emilia-Romagna.

Streptococcus agalactiae è agente di mastite catarrale contagiosa nel bovino, malattia soggetta a provvedimenti da parte dell’Autorità Sanitaria secondo il Regolamento di Polizia veterinaria (D.P.R 320/1954). Negli anni ‘50, Streptococcus agalactiae era la principale causa di mastite in Europa, con conseguenti gravi danni alla produzione di latte. Streptococcus agalactiae è anche potenzialmente responsabile di infezioni nell’uomo, anche se le forme cliniche diagnosticate rimangono rare.

La prevalenza di questa malattia ha subito una progressiva riduzione negli anni 1960-2000, grazie all’applicazione di piani di controllo che, in alcuni paesi nord-Europei, hanno portato all’eradicazione della mastite sostenuta da Streptococcus agalactiae.

Negli ultimi anni, parallelamente ad importanti cambiamenti introdotti nella gestione degli allevamenti destinati alla produzione di latte (riduzione del numero di allevamenti, aumento delle dimensioni aziendali, introduzione di sistemi di mungitura robotizzata, ecc), nella maggior parte dei paesi europei, la prevalenza della malattia ha subito un incremento, tanto da essere considerata come problema riemergente in vari paesi europei. L’infezione da Streptococcus agalactiae causa gravi problemi alle produzioni zootecniche, conseguenti al consistente rialzo del contenuto di cellule somatiche nel latte, fino a compromettere il rispetto dei requisiti previsti dal Reg. CE 853/2004.

L’infezione è estremamente contagiosa e si trasmette da un allevamento all’altro principalmente attraverso l’introduzione di animali infetti. Secondo un recente studio su un campione di allevamenti della regione Emilia Romagna, il 50% delle aziende ricorre alla rimonta esterna senza applicare le necessarie misure di biosicurezza: non vengono richieste garanzie al momento dell’acquisto e non si controlla lo stato sanitario del capo intro- dotto, attraverso opportune indagini diagnostiche durante il periodo di quarantena.

A tal proposito è importante sottolineare che gli animali
che hanno assunto latte infetto possono rimanere infetti
e divenire iniziare ad eliminare
il batterio con il latte con l’inizio della prima lattazione e
questo può comportare gravi
rischi per gli allevamenti che introducono animali, anche a
distanza di tempo dall’acquisto. Per tale motivo la conoscenza dello stato sanitario dell’allevamento di provenienza degli animali introdotti assume particolare importanza.

Infine, non è secondario che, nell’allevamento da latte, il trattamento delle mastiti sia la principale causa di impiego degli antibiotici. Applicando piani di eradicazione specifici per i problemi e i patogeni presenti in allevamento, come raccomandato dalle Linee Guida Europee sull’uso prudente degli antibiotici, si contribuisce anche al contrasto del fenomeno dell’antibiotico-resistenza riducendo la necessità di trattamenti antibiotici.

Gli obiettivi del Piano

Per le motivazioni sopra riportate, la Regione Emilia-Romagna ha attivato a inizio 2019 un Piano per il controllo della mastite bovina da Streptococcus agalactiae. Il Piano, di durata biennale (2019-2020), prevede un monitoraggio sui campioni ufficiali di latte di massa (prelevati nell’ambito del piano di controllo per Brucellosi e Leucosi) di tutti gli allevamenti bovini da latte della regione. Nell’arco di 2 anni si effettueranno 4 prelievi semestrali sul latte di massa. Gli allevamenti con quattro risultati ufficiali negativi consecutivi riceveranno la qualifica di “accreditati negativi”; questi allevamenti potranno volontariamente raggiungere la qualifica di “accreditati indenni” dopo aver compiuto controlli sulle singole vacche con esito negativo. In caso invece di positività del latte di massa, i Servizi Veterinari segnaleranno la presenza di infezione all’allevatore, prescrivendo un approfondimento diagnostico su tutti i capi.

L’allevatore potrà adottare volontariamente un Programma aziendale di eradicazione basato su controlli individuali ripetuti di tutte le vacche e sull’applica- zione di misure di biosicurezza definite dal veterinario aziendale ed approvate dall’Ausl.

Gli obiettivi del Piano di intervento della Regione Emilia-Romagna sono:


- garantire su tutto il territorio regionale una appropriata ed omogenea applicazione delle misure previste dal Regolamento di Polizia Veterinaria per la mastite catarrale contagiosa bovina;

– stimare la prevalenza di allevamenti infetti da Streptococcus agalactiae nelle diverse province dell’Emilia-Romagna;

– ridurre di almeno il 10% la prevalenza di allevamenti infetti nell’anno 2020 rispetto al 2019, attraverso interventi mirati negli allevamenti infetti;

– attribuire una qualifica sanitaria ad almeno il 90% degli allevamenti bovini destinati alla produzione di latte alla fine del 2020;

– assicurare garanzie sanita- rie nei confronti di Streptococcus agalactiae nella movimentazione degli animali;

– valorizzare le produzioni di latte della Regione Emilia- Romagna, riducendo le quote di latte non commercializzato a causa dell’elevato tenore in cellule somatiche o in seguito a provvedimenti di Polizia Veterinaria;

– ridurre il consumo di antibiotici negli allevamenti bovini destinati alla produzione di latte attraverso l’applicazione di piani di eradicazione di agenti patogeni contagiosi specifici.

I primi risultati del Piano 
in Emilia-Romagna


In Emilia Romagna, dai dati finora raccolti relativi al primo dei quattro campionamenti previsti, si delinea una prevalenza di allevamenti infetti dell’8,8%, variabile nelle varie province, e lievemente superiore ai dati della Regione Lombardia (prevalenza allevamenti infetti nel 2018: 6.8%), dove il piano di controllo è attivo da diversi anni. È da rilevare che un solo campionamento sul latte di massa non permette di rilevare tutti gli allevamenti infetti, per cui il dato dell’Emilia Romagna potrebbe essere sottostimato. 
In questi primi mesi è stato inoltre analizzato il latte individuale degli animali di 80 allevamenti risultati positivi al latte di massa: nel 20% degli allevamenti la prevalenza di animali infetti è risultata inferiore al 10%, nel 50% l’infezione oscilla fra il 10 e il 30% dei capi, mentre nel 30% delle aziende l’infezione colpisce più del 30% dei capi. Questi dati permettono di essere ragionevolmente ottimisti circa i piani di intervento, ma è importante che l’allevatore coinvolga tempestivamente il proprio veterinario aziendale per impostare un piano sanitario efficace e completo.

Strategie di intervento in allevamento infetto

Negli allevamenti in cui il latte di massa risulti positivo ai controlli ufficiali bisogna procedere, secondo le indicazioni dei Servizi veterinari, con l’esame clinico da parte del veterinario aziendale e ai controlli di laboratorio sul latte di tutti i capi in lattazione. Il piano di eradicazione, applicato volontariamente, prevede due possibili strategie di intervento, che hanno inizio con il controllo sistematico e ripetuto degli animali in lattazione.

Nel primo approccio, una volta individuati i capi positivi, questi vanno segregati, applicando la mungitura in ordine crescente di rischio, iniziando dagli animali sani, procedendo con i soggetti post partum e quindi con i capi positivi. Particolare attenzione va rivolta alle buone pratiche di mungitura, con particolare attenzione al post dipping. Il trattamento antibiotico viene eseguito sistematicamente al momento della messa in asciutta, fino all’eradicazione. Il controllo continuerà periodicamente sul gruppo delle negative e sui capi post-partum.

Con questo primo approccio i tempi di risanamento sono più lunghi e i risultati non sono sempre positivi, in funzione dell’efficacia delle misure di biosicurezza.


Una seconda strategia proposta prevede che, una volta individuate le bovine infette, queste siano trattate con antibiotico in lattazione e ricontrollate dopo 14-21 gg dalla fine della terapia per accertare l’avvenuta negativizzazione. Questa seconda strategia determina generalmente risultati più rapidi e di conseguenza è economicamente vantaggiosa nel lungo periodo, anche se inizialmente comporta un costo rilevante per le terapie e il latte di scarto. L’antibiotico d’elezione è la penicillina per via intramammaria su tutti i quarti dell’animale. Una volta ottenuto un risultato negativo su tutte le bovine, si potrà diradare il controllo individuale per passare poi all’analisi sul latte di massa ogni 15-30 giorni.

I controlli proseguiranno finché non saranno state testate tutte le manze alimentate con latte potenzialmente infetto. Sarà inoltre opportuno riformare le bovine con infezioni croniche, refrattarie ai trattamenti (ancora positive dopo due cicli di terapia antibiotica), o con cellule somatiche sempre a valori elevati.

Norma Arrigoni

Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna – Sezione Diagnostica di Piacenza