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Foraggi di qualità e meno concentrati: la strada maestra per ridurre i costi alimentari 

Da sempre nel comparto agro-zootecnico si consolida la convinzione che l’ottimizzazione economica dell’attività sia il risultato di una attenta valutazione dei costi piuttosto che da un impegno orientato al miglioramento dei ricavi.

Inevitabilmente, perciò, dobbiamo parlare di costi e particolarmente di quelli alimentari che costituiscono la voce di incidenza di gran lunga superiore a tutte le altre, circa il 60-70 %.

Di quest’ultimi, la priorità di approfondimento riguarda l’effettiva importanza di quella parte di alimentazione che viene prodotta direttamente dagli imprenditori coltivando i terreni e che generalmente viene identificata come i foraggi, sia perché essi costituiscono quella parte della razione con elevata variabilità della efficienza nutrizionale sia per l’ottimizzazione di risorse già presenti in azienda.

L’importanza dei foraggi nella razione alimentare è fortemente legata alla destinazione del latte, che nel consorzio del Parmigiano Reggiano soggiace al vincolo regolamentare di una presenza di almeno il 50% nella dieta quotidiana della vacca.

Questa norma non è solo un vincolo necessario per ottenere quell’impronta territoriale che da 10 secoli ci consente di produrre questo straordinario prodotto, ma è soprattutto una grande opportunità che gli allevatori hanno tra le mani per economizzare il loro processo produttivo ottimizzando le risorse interne all’azienda.

Si può dire che utilizzando un buon foraggio, piuttosto che uno scadente, si possono ottenere gli stessi risultati di qualità e quantità di latte, utilizzando fino al 50% in meno di concentrati nella razione.

Certamente la sostenibilità economica dipende da una attenta valutazione di tutti i costi, anche di quelli meno incidenti, ma la qualità di questa parte della razione, cioè dei foraggi, ha un impatto molto potente su di essa in quanto agisce con forza sulla sostenibilità ambientale e anche su quella sociale.

Mi spiego meglio. Quando alimentiamo una vacca da latte, alimentiamo soprattutto i batteri che albergano nel rumine i quali sono, per la maggior parte, cellulosolitici. E la cellulosa è il componente principale dei nostri foraggi.

Da ciò ne consegue che, se abbiamo attenzione alla sostenibilità ambientale intesa come rispetto dei bisogni delle piante che crescono dalla terra e degli animali che alleviamo, e contemporaneamente sappiamo coinvolgere il personale su obiettivi chiari e condivisi, certamente porteremo a casa il risultato atteso, e cioè il risultato economico.

Come vedete tutto parte dalla terra per ritornare alla terra, in una sorta di circolarità che è il vero obiettivo di ogni processo che ha a cuore la continuità del sostegno economico delle famiglie. Famiglie che da molte generazioni popolano il comparto della produzione del latte destinato alla produzione di formaggio Parmigiano Reggiano, sempre con l’occhio attento al territorio e alle relazioni sociali necessarie per la gestione di una intera filiera (terra, stalla, caseificio, spaccio).

La terra è un complesso sistema vivente frutto di un potente equilibrio di micro e macro minerali e organismi che la compongono e le piante che crescono su di essa hanno bisogno di questi nutrienti per esprimere al meglio la loro potenzialità di crescita qualitativa e quantitativa finalizzata alla dieta ottimale del bovino. Orbene, il concime/ammendante ottimale per sostenere un tale equilibrio è senza dubbio il letame che a sua volta è il frutto dell’attività fisiologico-digestiva della nostra vacca.

Più foraggio di qualità, meno mangime e una riduzione dei costi che sorprende

Parliamo ora di numeri facendo riferimento a realtà esistenti sul territorio nel comprensorio del formaggio Parmigiano Reggiano. Esaminiamo questa tabella che mette a confronto due aziende, l’azienda A e l’azienda B.

È evidente che tali risultati si ottengono solo da aziende condotte con elevate capacità imprenditoriali, ma se entriamo nel dettaglio dei numeri vediamo che prendendo a riferimento l’ultimo indicatore (che riguarda il costo dei concentrati di tutta la mandria per q.le di latte prodotto) la differenza di 8 euro per q.le, moltiplicata per i q.li di latte prodotto annualmente, determina una differenza di oltre 200.000 euro.

Se facciamo lo stesso calcolo, ma considerando il peso di concentrati utilizzati da tutta la mandria (rimonta + vacche) scopriamo che il consumo medio dei concentrati per 100 kg  di latte portato al caseificio è di 54 kg per l’azienda A e di 42 Kg per l’azienda B.

Tale differenza è il frutto di diverse concause, ma quella di gran lunga più importante sta nella qualità dei foraggi. Infatti, le razioni dell’azienda B hanno mediamente una quantità di foraggio del 20% superiore all’az. A.

Certamente osserverete che c’è un maggiore costo per la produzione più alta di foraggio, ed è anche vero, ma il patrimonio delle macchine e del lavoro umano è già presente in azienda; perciò, è solo la parte minoritaria dei costi variabile che risente di tale condizione.

I dati relativi alla qualità del latte sono importanti, non solo perché determinano la resa in formaggio ma anche per testimoniare che gli animali che hanno una potente attività ruminale celluloso-litica possono sostenere elevate produzioni con altrettanto elevata qualità.

Non solo costi alimentari. Parliamo di rimonta

Da quanto detto si evince che i costi alimentari possono determinare delle significative differenze di efficienza anche in aziende con alti standard di imprenditorialità, ma se espandiamo la riflessione è possibile capire facilmente che una mandria sana può raggiungere elevate economicità anche su altre voci di costo.

Primo fra tutti il costo della rimonta. Una mandria sana può spostare il numero medio dei parti per vacca da 2.5 fino a 3.0 potendo così lavorare con un tasso di rimonta del 25%, piuttosto che del 30%, e se ipotizziamo l’età delle manze al parto di 25 mesi, calcoliamo una riduzione di 10 manze ogni anno ogni 100 vacche presenti.

Sappiamo con certezza che una manza al parto costa, solo di alimentazione, circa 1.500 euro (oggi anche 1.700) e con gli altri costi può arrivare a ben oltre 2.000 euro. Quindi, il risparmio su una mandria di 200 capi (lattazione + asciutta) comporta una contrazione di almeno 40.000 euro per anno

Ovviamente ci sarà una ottimizzazione anche dei costi sanitari legati alle minori patologie (mastiti), ai farmaci, ai costi veterinari…

Infine credo che possiamo tranquillamente affermare che produrre foraggi di buona e ottima qualità valga certamente la pena dell’impegno profuso per le scelte varietali, le tecniche colturali, le tecniche di fienagione, le tecniche di conservazione e stoccaggio, per arrivare finalmente alla bocca dell’animale e da lì iniziare un nuovo fantastico percorso per ritornare circolarmente alla terra di partenza, senza mai dimenticare di avere prodotto latte e formaggio, tanto preziosi per il benessere delle persone.

Franco Ghelfi, Roberto Bandieri

Ruralset S.T.P. Modena